Codice Civile art. 1552 - Nozione.Nozione. [I]. La permuta è il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente all'altro. InquadramentoIl legislatore del 1942 ha conservato la figura della permuta nonostante si tratti di una fattispecie ad oggi poco utilizzata; essa consente lo scambio in assenza della moneta, secondo lo schema bene contro bene. L'espressione «altri diritti» che compare nell'articolo in commento — nonostante la sua ampia formulazione — va riferita ai beni e ai diritti in generale, sia reali che di credito. Il che significa che non è del tutto esatta l'affermazione corrente secondo cui la causa della permuta sarebbe costituita dallo scambio di cosa contro cosa; in realtà sarebbe più corretto parlare di uno scambio tra diritti, e non solo perché oggetto del contratto non è mai la cosa in sé ma il diritto sulla cosa, quanto perché l'espressione «cosa» può far pensare al solo diritto di proprietà; invece è permuta non solo il trasferimento di un auto contro il trasferimento di un immobile, ma anche — ad esempio — il trasferimento di un usufrutto in cambio della cessione del diritto d'autore. Dall'espressione «altri diritti» vanno escluse le prestazioni di fare. I contratti del tipo do ut facias sono infatti da inquadrare nell'ambito dei contratti innominati. La permuta è un contratto consensuale, con effetti reali, con attribuzioni corrispettive, oneroso, e commutativo. Anche per la permuta può distinguersi, come per la vendita, tra permuta ad effetto reale e permuta obbligatoria. La prima ricorre quando i diritti vengono reciprocamente trasferiti nel momento del consenso; la permuta obbligatoria ricorre invece quando il trasferimento di uno dei due diritti (o di entrambi) è subordinato ad un ulteriore evento (Cass. n. 25603/2011). La permuta può quindi atteggiarsi come permuta di cosa altrui, permuta di cosa futura, permuta alternativa, di cose generiche; non c'è motivo — nonostante alcuni dubbi sollevati in senso contrario — di non ammettere la figura della permuta con riserva della proprietà. Particolare è il caso in cui taluno trasferisce una cosa e l'altro abbia la scelta tra pagare un prezzo o trasferire un determinato bene: taluno ha definito tale contratto una vendita con clausola di datio in solutum preventiva; altri sostengono che il contratto non ha una qualificazione definita fino al momento in cui il debitore effettua la sua scelta, momento in cui il negozio si fissa definitivamente come vendita o come permuta. La qualificazione giuridicaCome è stato affermato dalla Corte di cassazione un contratto traslativo della proprietà, nel quale la controprestazione abbia cumulativamente ad oggetto una cosa in natura ed una somma di denaro (ove venga superata la ravvisabilità di una duplicità di negozi, di cui uno di adempimento mediante datio in solutum, o, in virtù del criterio dell'assorbimento, l'ipotesi di un unico negozio a causa mista), può realizzare tanto la fattispecie di una compravendita con integrazione del prezzo in natura, quanto quella di permuta con supplemento in denaro e, in tale ultimo caso, la questione dell'individuazione del negozio in concreto voluto e posto in essere dalle parti non può essere risolta con il mero richiamo all'equivalenza (o anche prevalenza) economica del valore del bene in natura o della somma di denaro che unitamente costituiscono la controprestazione, dovendo invece essere determinata in ragione della prevalenza giuridica dell'una o dell'altra prestazione. Agli effetti della qualificazione del contratto, è necessario ricostruire gli interessi comuni e personali, che le parti avevano inteso regolare con il negozio, ed accertare se i contraenti avessero voluto cedere un bene in natura contro una somma di denaro, che, per ragioni di opportunità, avevano parzialmente commutata in un altro bene, ovvero avessero concordato lo scambio tra loro di due beni in natura e fossero ricorsi all'integrazione in denaro, soltanto per colmare la differenza di valore tra i beni stessi (Cass. n. 5605/2014). Nella stessa direzione si è osservato che un contratto traslativo della proprietà, nel quale la controprestazione abbia cumulativamente a oggetto una cosa in natura e una somma di denaro, ove venga superata la ravvisabilità di una duplicità di negozi, di cui uno di adempimento mediante datio in solutum, o, in virtù del criterio dell'assorbimento, l'ipotesi di un unico negozio a causa mista, può realizzare tanto la fattispecie di una compravendita con integrazione del prezzo in natura quanto quella di permuta con supplemento in denaro e, in tale ultimo caso, la questione della individuazione del negozio in concreto voluto e posto in essere dalle parti non può essere risolta con il mero richiamo all'equivalenza (o anche prevalenza) economica del valore del bene in natura o della somma di denaro che unitamente costituiscono la controprestazione, dovendo invece essere determinata in ragione della prevalenza giuridica dell'una o dell'altra prestazione. Agli effetti della qualificazione del contratto, infatti, è necessario ricostruire gli interessi comuni e personali, che le parti avevano inteso regolare con il negozio, e accertare se i contraenti avessero voluto cedere un bene in natura contro una somma di denaro, che per ragioni di opportunità avevano parzialmente commutata in un altro bene, ovvero avessero concordato lo scambio tra loro di due beni in natura e fossero ricorsi all'integrazione in denaro soltanto per colmare la differenza di valore tra i beni stessi (Cass. n. 9088/2007). La Corte, affermando che, al fine dell'accertamento se un contratto traslativo della proprietà di un bene, per il quale la controprestazione sia costituita, in parte, da una cosa in natura e, in parte, da una somma di denaro, costituisca una vendita o una permuta, una volta che si escluda la duplicità di negozi ovvero l'ipotesi del contratto con causa mista, occorre avere riguardo non già alla prevalenza del valore economico del bene in natura ovvero della somma di denaro, bensì alla comune volontà delle parti, verificando se esse hanno voluto cedere un bene contro una somma di denaro, commutando una parte di essa, per ragioni di opportunità, con un altro bene, ovvero hanno concordato lo scambio di beni in natura, ricorrendo all'integrazione in denaro soltanto per colmare la differenza di valore tra i beni stessi, si è posta in contrasto con Cass. n. 2811/1975. Sotto altro aspetto, in caso di permuta obbligatoria, così come nell'ipotesi di vendita obbligatoria, l'effetto traslativo non è immediato, ma è differito e fatto dipendere da ulteriori eventi, come l'acquisto della cosa da parte di un permutante o la venuta ad esistenza della cosa medesima (Cass. n. 25603/2011, nella specie, la S.C., ha confermato la sentenza di merito che aveva inquadrato nello schema della permuta obbligatoria in favore di terzo la fattispecie negoziale in cui i cessionari di una quota sociale si erano obbligati, a titolo di corrispettivo della cessione, ad acquistare un immobile ed ad attribuire ad un terzo il diritto di abitazione su di esso, con conseguente automatico determinarsi dell'effetto reale una volta verificatosi l'acquisto della proprietà del bene). La permuta di bene futuroLa permuta di cosa presente contro cosa futura riceve frequente applicazione nella pratica; una delle fattispecie più ricorrenti è quella in cui il proprietario di un terreno cede un'area fabbricabile ad un costruttore, il quale, in corrispettivo del terreno, trasferisce uno o più appartamenti scelti tra quelli che verranno costruiti sul terreno. La fattispecie non deve essere confusa con il contratto col quale il proprietario del terreno trasferisce l'area fabbricabile e il costruttore si impegna in corrispettivo a costruire un appartamento che poi cederà al proprietario, secondo le modalità proprie del contratto di appalto; in tal caso, infatti, avremo un contratto innominato di scambio del tipo do ut facias. La fattispecie della permuta di cosa presente contro cosa futura presenta però alcuni inconvenienti, in quanto il proprietario dell'area perde immediatamente il suo diritto senza ricevere alcun corrispettivo momentaneo (essendo costituito dagli appartamenti futuri). Il primo problema sorge in caso di inadempimento; infatti la risoluzione non è opponibile agli aventi causa del costruttore, e quindi può capitare che il costruttore sia inadempiente, non avendo costruito gli appartamenti destinati al proprietario dell'area, ma abbia già costruito e venduto gli altri (realizzando già il suo guadagno). Il contratto di permuta di cosa presente con cosa futura è un contratto consensuale, con effetti obbligatori in quanto il trasferimento del bene avverrà solo con la venuta ad esistenza del medesimo. Nella prassi è normalmente redatto un verbale di consegna. È inoltre un contratto ad attribuzioni corrispettive, volendosi in tal modo rimarcare la necessaria e diretta attribuzione che le parti reciprocamente si fanno, anche nella ipotesi di bene futuro. Sono stati così, in dottrina come in giurisprudenza, superati gli ostacoli che impedivano di configurare una permuta obbligatoria, dove non vi fosse contemporaneità tra le due prestazioni. Tuttavia se la venuta ad esistenza del bene è solo eventuale, od addirittura improbabile, si avrà un contratto atipico aleatorio e non una permuta. Il contratto in esame è frequentemente usato nella pratica allorquando un soggetto ceda in permuta ad un costruttore il proprio terreno affinché questi vi costruisca un edificio e, come corrispettivo, ceda a titolo di permuta uno o più immobili dell'edificio stesso. Il negozio produce quindi effetti immediati quanto al bene esistente ed effetti obbligatori quanto al bene futuro. Si precisa che a questa figure, così come a quasi tutte le altre fattispecie negoziali di seguito esaminate, si applicherà la disciplina degli immobili da costruire, dettata proprio allo scopo di proteggere l'acquirente dal fallimento del costruttore, di cui al d.lgs. n. 122/2005. Quanto alle differenze tra un contratto misto di vendita e appalto e la figura in esame, si configurerebbe una permuta se il sinallagma negoziale consiste nel trasferimento reciproco delle due proprietà (di cui uno avente ad oggetto il trasferimento del bene futuro) e l'obbligo di costruire il palazzo sia solo strumentale ed accessorio mentre ricorrerebbe vendita mista ad appalto quando la costruzione del palazzo è al centro della volontà delle parti e l'alienazione dell'immobile rappresenti solo il mezzo per raggiungerlo. Così nella ipotesi di un contratto innominato do ut facias dove la cessione dell'area è solo funzionale alla costruzione dell'edificio. Talvolta è possibile che tra i beni permutati non via una equivalenza economica, così che si renda necessario procedere ad una compensazione in denaro; si ha pertanto una permuta con conguaglio. Si discute sulla natura del contratto in esame quando il valore del conguaglio superi il valore economico del bene permutato: in tal caso infatti non si avrà una permuta ma una vera e propria vendita. Una volta che il proprietario dell'area abbia ceduto la proprietà del suolo e sia quindi in attesa della venuta ad esistenza del bene, questo diventa creditore nei confronti del costruttore, e potrà trasferire la proprietà delle unità immobiliari da costruire anche senza il consenso del costruttore, configurandosi non tanto una cessione di contratto quando una cessione del credito, per il quale non è necessario il consenso del contraente che abbia già conseguito tutti gli effetti attivi del contratto. Ai fini degli effetti e della redazione stessa del contratto, assume particolare rilevanza la determinazione del momento in cui viene ad esistenza il bene futuro. In giurisprudenza si è evidenziato come questo momento debba coincidere con il perfezionamento del processo produttivo della cosa nelle sue componenti essenziali, quando cioè siano state eseguite le opere murarie (mentre non bisognerebbe attendere il completamento delle opere di rifinitura). Tuttavia si è poi precisato che non sarebbe sufficiente il completamento dello scheletro in cemento ma debba presentare un aspetto completo, anche se mancante di alcune rifiniture od accessorio non indispensabili. Sarà pertanto opportuno che le parti individuino con esattezza in contratto tale momento ai fini del perfezionamento dell'effetto traslativo nonché ai fini della applicabilità e sussistenza delle garanzie di cui al d.lgs. n. 122/2005. Avendo inoltre effetti obbligatori fino alla venuta ad esistenza del bene, sarà possibile inserire una riserva di nomina a favore del terzo ex 1411 c.c., evitando un doppio atto di trasferimento. Il problema più cospicuo evidenziatosi nella prassi è quello relativo alla tutela del permutante a favore del quale viene eseguita l'attribuzione traslativa differita, avente cioè ad oggetto la cosa futura, con particolare riferimento all'ipotesi in cui la cosa costituisce il risultato di un'attività complessa che deve avere luogo ad opera dell'altra parte. Il caso paradigmatico è costituito dal citato esempio del proprietario del terreno che ne fa trasferimento a fronte dell'attribuzione di unità immobiliari da realizzarsi sul medesimo. È stato infatti osservato che nel tempo del perfezionamento del contratto costui non sarebbe più titolare della proprietà sul terreno né lo sarebbe ancora in riferimento alle porzioni immobiliari realizzande (per questo motivo si afferma che l'operazione si presenta particolarmente rischiosa per il proprietario dell'area: Ricca, in Enc. dir., XXXIII, Milano, 1983, 128). Se corrisponde al vero che l'obbligazione di facere del permutante onerato dell'attribuzione traslativa afferente alla cosa futura si pone come secondaria e strumentale rispetto al risultato primario, che per l'appunto consiste nel trasferimento del bene (effetto che segue in virtù del consenso prestato al tempo della stipulazione della permuta), è allora vero che la mancata venuta ad esistenza della cosa (futura) dedotta nel negozio permutativo non può non incidere radicalmente sulla causa dell'atto, determinandone l'integrale caducazione (Mirabelli, Dei singoli contratti, in Comm. cod. civ., libro IV, diretto da Gabrielli, Torino, 27, per il quale «l'attività occorrente per la produzione della cosa non è oggetto di obbligazione, ma è soltanto impegno di prestazione strumentale per l'attuazione dell'effetto essenziale del contratto, che consiste nel trasferimento del diritto sulla cosa, trasferimento che ha luogo non a seguito della prestazione di attività del venditore, ma nel momento in cui la cosa viene comunque in esistenza, e che manca qualora, nonostante l'attività del venditore diretta alla produzione, l'esistenza della cosa non si verifica, per qualunque causa»). Questa conseguenza d'altronde viene sancita dall'art. 1472, dettato in tema di vendita non aleatoria di cosa futura e perfettamente applicabile, come si ribadisce, anche alla permuta, stante il rinvio recettizio di cui all'art. 1555. In giurisprudenza si è rilevato che il contratto con cui una parte cede all'altra la proprietà di un'area edificabile, in cambio di un appartamento sito nel fabbricato che sarà realizzato sulla stessa area a cura e con mezzi del cessionario, integra gli estremi del contratto di permuta tra un bene esistente ed un bene futuro, qualora il sinallagma negoziale consista nel trasferimento della proprietà attuale in cambio della cosa futura (Cass. n. 28479/2005, in applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito, che aveva ravvisato nelle pattuizioni intercorse tra le parti due distinti contratti, una compravendita ed una promessa di vendita, escludendo la possibilità di qualificare la fattispecie come permuta, avendo le parti convenuto l'immediato trasferimento della proprietà dell'area contro la mera promessa di vendita di un appartamento nel fabbricato da costruire). In altri termini, per la configurazione del contratto di permuta di cosa presente con cosa futura è essenziale la pattuizione dello scambio di cose di rispettiva proprietà dell'uno e dell'altro contraente (Cass. n. 5322/1998, nella specie, la Cassazione ha escluso la configurabilità della permuta, avendo i giudici di merito accertato che nel contratto non era previsto il trasferimento dell'area a favore di chi doveva eseguire la costruzione dell'edificio). La stessa giurisprudenza di legittimità ha precisato che è ammissibile la permuta di cosa presente con cosa futura sempreché la esistenza della cosa futura non sia soltanto eventuale, perché altrimenti si avrebbe la cessione di un diritto senza corrispettivo, cioè a titolo gratuito, in contrasto con la natura stessa del contratto di permuta (Cass. n. 11986/1998). Quanto alla forma, la Cassazione ha affermato che nei contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà di immobili futuri, la forma scritta è necessaria solo per la stipulazione del contratto ad effetti obbligatori e non anche per l'individuazione del bene, la cui proprietà è trasferita non appena lo stesso viene ad esistenza (Cass. n. 9994/2016, nella specie è stata confermata la decisione impugnata, che, con riguardo ad un contratto di permuta di cosa futura, aveva trasferito agli acquirenti, che ne erano risultati assegnatari «di fatto», beni diversi da quelli scelti nel progetto originario, sebbene con caratteristiche ad essi analoghe). Così, è stata ritenuta immune da censure la pronuncia di merito che, in caso di permuta con cosa futura, rappresentata dalla porzione di edificio che il permutante costruttore si impegna a realizzare, ha ritenuto perfezionato il trasferimento degli appartamenti costruiti una volta che gli stessi si fossero trovati in uno stato tale da consentire il rilascio del certificato di agibilità, non rilevando che le unità immobiliari fossero state successivamente deprivate di parte della consistenza, né che avessero una superficie maggiore rispetto a quella prestabilita (il che giustificava la corresponsione di un conguaglio in denaro) senza tuttavia differire funzionalmente e strutturalmente (Cass. n. 24172/2013). Il contratto di permuta di cosa presente (nella specie, la proprietà di un terreno) con cosa futura (nella specie, la proprietà di alcune unità immobiliari da costruire sul terreno medesimo), avente come obiettivo l'utilizzazione a fini edificatori di un'area compresa nella fascia di trecento metri dalla linea di battigia, vietata dalla l. n. 431/1985, di conversione del d.l. n. 312/1985, è nullo, ai sensi degli artt. 1343 e 1418, comma 2 c.c., per illiceità della causa, comportando un'inaccettabile compressione dell'interesse, pubblico ed essenziale, assicurato dalle norme imperative in materia urbanistico-ambientale, in quanto volto, nel suo contenuto intrinseco, a un risultato pratico contrario alle disposizioni preposte alla tutela di situazioni indisponibili, senza che abbiano rilievo, allo scopo di escludere tale invalidità, la possibilità di ricorrere eventualmente a rimedi di carattere amministrativo, quale la confisca dei beni, né la tipicità della schema negoziale utilizzato o la buona fede soggettiva dei contraenti in ordine all'antigiuridicità dell'operazione economica compiuta (Cass. n. 21398/2013). Più volte la Corte di Cassazione (Cass. n. 606/1967; Cass. n. 1944/1970; Cass. n. 2823/1979; Cass. n. 569571980; Cass. n. 11643/1997; Cass. n. 14779/2001; Cass. n. 28479/2005) ha riconosciuto che integra gli estremi della permuta di cosa presente con una cosa futura il contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di un'area fabbricabile in cambio di parti dell'edificio da costruire sulla stessa superficie a cura e con i mezzi del cessionario, e ciò tutte le volte in cui sia proprio il risultato traslativo, consistente nell'attribuzione di una determinata opera, ad essere assunto come oggetto del contratto e come termine di scambio, mentre l'obbligo di erigere il fabbricato sia destinato a collocarsi su di un piano accessorio e strumentale, configurandosi, appunto, l'obbligo del permutante costruttore non come prestazione del risultato di un'opera, ma come trasferimento della proprietà di cose future. Lo schema della scambio tra la proprietà dell'area fabbricabile (cosa presente) e una porzione della proprietà della erigenda costruzione (cosa futura), dove il sinallagma contrattuale si realizza tra due prestazioni di dare, ricorre anche quando le parti abbiano previsto (come avvenuto nella specie nella convenzione modificativa del 21 novembre 1986) che gli appartamenti da costruire insistano non solo sull'area fabbricabile trasferita dal cedente ma anche su un terreno acquistato da terzi dallo stesso permutante costruttore (acquisto resosi necessario per ottenere dalla competente autorità il permesso di costruire nel rispetto degli standard urbanistici), non incidendo tale clausola sulla causa tipica del negozio di permuta. In tema di imposta di registro, ai fini del regime tributario applicabile al contratto di permuta di cosa presente (terreno) con cosa futura (manufatto edilizio, da costruire sull'area edificabile a cura e con i mezzi dell'acquirente), la tassazione va determinata con riferimento al momento dell'evento traslativo, configurabile nella conclusione del processo edificatorio nelle sue componenti essenziali, ancorché nel relativo atto sia dichiarato che il trasferimento del bene immobile avviene con effetto ex tunc (Cass. n. 6171/2017). Al riguardo, il contratto di permuta di un terreno contro beni immobili da costruire, individuati solo nel genere, è valido solo a condizione che questi ultimi siano determinabili con riferimento ai parametri di edificabilità, alla collocazione degli immobili da costruire, alla loro dimensione, alla loro destinazione, nonché ai criteri attraverso i quali individuare in concreto gli immobili da attribuire in permuta (Cass. n. 30058/2022, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto nullo per indeterminabilità dell'oggetto un contratto di permuta di terreno contro immobili da costruire, con il quale il promittente alienante si era impegnato, in cambio del trasferimento di un terreno, a cedere al promissario una quota delle costruzioni che sarebbe stato possibile edificare sul terreno con progetti regolarmente approvati dalle autorità competenti). In tema di IVA, la cessione in permuta di immobili da costruire non osta, di per sé, all'applicazione dell'aliquota agevolata per le abitazioni "non di lusso", purché dal contratto traslativo di permuta emerga con chiarezza la tipologia oggettiva del bene da costruire, fermo restando che, ove l'immobile ultimato abbia conseguito caratteristiche diverse da quelle agevolabili, l'Ufficio potrà procedere alle necessarie rettifiche, avvalendosi dei suoi poteri (Cass. n. 3109/2023). BibliografiaBelli-Rovini, Riporto (contratto di), Dig. comm., XII, Torino, 1996; Belvedere, Vendita e permuta, Milano, 1998; Capozzi, Compravendita, riporto, permuta, contratto estimatorio, somministrazione, locazione, Dei singoli contratti, Milano, 1988; Cottino, Del riporto, della permuta, Bologna, 1970; Dalmartello, Sinallagma e realità nel contratto di riporto, in Banca, borsa, cred. it., 1954, I; Gambaro, Il diritto di proprietà, in Tratt. dir. civ. e comm. diretto da Cicu-Messineo, continuato da Mengoni, Milano, 1995; Patti, Permuta di area edificabile con unità immobiliari da realizzare sulla stessa, in Riv. not., 2002, fasc. 4, 1; Zuddas, Somministrazione, Concessione di vendita, Franchising, Torino, 2003 |