Codice Civile art. 1560 - Entità della somministrazione.

Francesco Agnino

Entità della somministrazione.

[I]. Qualora non sia determinata l'entità della somministrazione, si intende pattuita quella corrispondente al normale fabbisogno della parte che vi ha diritto, avuto riguardo al tempo della conclusione del contratto.

[II]. Se le parti hanno stabilito soltanto il limite massimo e quello minimo per l'intera somministrazione o per le singole prestazioni, spetta all'avente diritto alla somministrazione di stabilire, entro i limiti suddetti, il quantitativo dovuto.

[III]. Se l'entità della somministrazione deve determinarsi in relazione al fabbisogno ed è stabilito un quantitativo minimo, l'avente diritto alla somministrazione è tenuto per la quantità corrispondente al fabbisogno se questo supera il minimo stesso.

Inquadramento

La necessità di una norma che stabilisca l'entità della somministrazione è dovuta al fatto che quest'ultima determina, di fatto, la misura della prestazione. Tendenzialmente, è dovuto ciò che costituisce il normale fabbisogno della parte; in ogni caso, la misura di quanto è corrisposto determina anche l'entità del prezzo dovuto.

Le prestazioni cui è tenuto il somministrante possono avere un contenuto che varia da contratto a contratto, ma, in ogni caso, devono consistere nel mettere a disposizione dell'avente diritto alla somministrazione determinate cose, non già opere o servizi, che contraddistinguono, invece, il contratto d'appalto (art. 1655). Tali prestazioni, inoltre, devono essere periodiche o continuative di cose. Allorquando si parla di prestazioni continuative, il termine viene adoperato in un significato duplice e si fa quindi riferimento sia a quelle prestazioni che importano una reiterazione continuata di attribuzioni di utilità, sia a quelle che importano una attribuzione ininterrotta, la quale non implica necessariamente una ripetizione di comportamenti. La prima ipotesi si avrà allorquando devono essere somministrate cose individue, da sottoporre oppur non ad elaborazione, la seconda quando debbono essere somministrate cose individuate solo nel genere della quantità. Prestazioni periodiche sono invece quelle in cui si ha ripetizione di prestazioni ad intervallo di tempi costanti (ogni giorno, ogni settimana, ogni mese, ogni stagione estiva), o ad intervalli di tempo variabili secondo il fabbisogno del somministrato. Le prestazioni, inoltre, possono non essere omogenee sotto il profilo quantitativo ex art. 1560 e/o qualitativo, come si desume dall'art. 1559 c.c. Oggetto del contratto sono prestazioni di cose, determinate solo nel genere: le cose fornite periodicamente (o continuativamente) passano in proprietà del somministrato all'atto dell'erogazione o della consegna. La stessa regola vale naturalmente per il passaggio dei rischi. Non si ritiene invece rilevante, ai fini del trasferimento della proprietà, l'individuazione della cosa. Le cose fornite o erogate possono essere mobili o immobili, possono consistere altresì in energie o in titoli di credito (e, in particolare, in titoli rappresentativi di merci).

Le prestazioni oggetto del contratto di somministrazione devono essere determinate o determinabili: possono essere determinate le singole prestazioni o il loro complessivo ammontare. Nell'ipotesi in cui non sia determinata l'entità della somministrazione, a norma dell'art. 1560, comma 1 c.c., si intende pattuita quella corrispondente al normale fabbisogno della parte che vi ha diritto, avuto riguardo al tempo della conclusione del contratto. «Il concetto di normalità implica una variazione mantenuta in certi limiti che il somministrante ha potuto approssimativamente preventivare con l'aiuto dell'ordinaria diligenza (art. 1560, comma 1 c.c.). Il criterio interpretativo dell'art. 1560 si riferisce, però, alla quantità della dose da somministrare, ma non può valere anche per la quantità delle cose, in ordine alla quale è solo la volontà delle parti che può dettare la regolamentazione. La disciplina normativa postula la necessità di soddisfare esigenze del somministrato sotto il profilo quantitativo, ma anche sotto quello delle preferenze e dei gusti di colui cui la cosa è destinata, per cui se le parti nulla hanno specificato al riguardo, non esiste un criterio legislativo che soccorra e non potrebbe il somministrato invocare la risoluzione del contratto per difformità dell'oggetto da quanto è imposto da una norma di legge. Il normale fabbisogno del somministrato, ove non determinato, deve essere comunque determinabile in via oggettiva: ove ciò non fosse possibile, il contratto sarebbe nullo per indeterminatezza dell'oggetto (Cass. n. 6/1970). Riguardo alla determinazione della prestazione è possibile distinguere tre ipotesi: i) la somministrazione c.d. «a richiesta», nella quale il somministrato ha la facoltà discrezionale di richiedere o meno, per il se e per il quanto, la somministrazione; ii) il caso in cui vi sia la determinazione, da parte del somministrato, del quantitativo minimo e del quantitativo massimo del contratto; iii) il caso in cui sia stabilito unicamente un quantitativo minimo di cose da fornire: in tale ipotesi, il fabbisogno del somministrato determina comunque la misura della prestazione, cioè nel senso che il somministrato non può liberarsi pagando l'importo del minimo, ma deve ricevere la quantità di cose che gli occorrono in concreto e pagarne il prezzo. In questa ipotesi, il criterio del fabbisogno del somministrato opera non soltanto a carico del somministrante, ma anche a suo vantaggio.

Somministrazione e continuità

Nel contratto di somministrazione di energia elettrica il cosiddetto impegno di potenza, che si sostanzia nell'obbligo del somministrante di predispone e mantenere l'impianto in guisa di tenere a disposizione dell'utente una determinata quantità di energia, configura, al pari di quello inerente alla somministrazione di energia, una prestazione ad esecuzione non istantanea anteriore alla esecuzione del contratto, ma una prestazione continuata, accessoria e strumentale a quella principale di somministrare l'energia cui corrisponde un corrispettivo fisso da pagarsi periodicamente, maturando coevamente al consumo dell'energia, tanto nel caso di rapporto a tempo indeterminato quanto nel caso di rapporto a tempo determinato con previsione di rinnovazione tacita.

Pertanto la risoluzione del contratto per sopravvenuto fallimento dell'utente travolge il suddetto impegno e i correlativi obblighi dell'utente medesimo, facendo salve soltanto le prestazioni già eseguite, con l'ulteriore conseguenza che nel periodo dalla risoluzione alla naturale scadenza del contratto non è configurabile un credito del somministrante in dipendenza di quell'impegno (Cass. n. 1259/1988).

Criteri interpretativi

Le prestazioni oggetto del contratto di somministrazione devono essere determinate o determinabili: possono essere determinate le singole prestazioni o il loro complessivo ammontare. Nell'ipotesi in cui non sia determinata l'entità della somministrazione, a norma dell'art. 1560, comma 1, si intende pattuita quella corrispondente al normale fabbisogno della parte che vi ha diritto, avuto riguardo al tempo della conclusione del contratto. Il concetto di normalità implica una variazione mantenuta in certi limiti che il somministrante ha potuto approssimativamente preventivare con l'aiuto dell'ordinaria diligenza (art. 1560, comma 1). Il criterio interpretativo dell'art. 1560 si riferisce, però, alla quantità della dose da somministrare, ma non può valere anche per la quantità delle cose, in ordine alla quale è solo la volontà delle parti che può dettare la regolamentazione.

La disciplina normativa postula la necessità di soddisfare esigenze del somministrato sotto il profilo quantitativo, ma anche sotto quello delle preferenze e dei gusti di colui cui la cosa è destinata, per cui se le parti nulla hanno specificato al riguardo, non esiste un criterio legislativo che soccorra e non potrebbe il somministrato invocare la risoluzione del contratto per difformità dell'oggetto da quanto è imposto da una norma di legge (Giannattasio, 257).

In tema di somministrazione, l'art. 1560, il quale, al fine della determinazione dell'entità della somministrazione stessa, detta criteri per il caso in cui l'oggetto del contratto non sia espressamente fissato dalle parti, o sia fissato solo con l'indicazione di limiti minimi e massimi, pone regole ed indirizzi interpretativi che prevalgono, in relazione alla loro specificità, su quelli comuni di ermeneutica negoziale, sicché il ricorso a questi ultimi, per dissipare eventuali dubbi sulla predetta entità, resta consentito solo se i dubbi medesimi non trovino diretta soluzione nella citata norma (Cass. n. 3049/1980).

Fuori della forma detta «a piacere» o «a richiesta», nella quale il somministrato ha la facoltà discrezionale di richiedere o meno, per il se e per il quanto, la somministrazione — forma che deve essere stipulata espressamente o che può desumersi dalle clausole convenute — il silenzio del contratto sul quantitativo della somministrazione importa che la determinazione legale di tale quantitativo, da intendersi commisurato al fabbisogno del somministrato, opera con efficacia vincolante non solo riguardo al somministrante ma anche riguardo al somministrato stesso, sicché questi è tenuto a richiederlo (Cass. n. 3450/1975).

In un contratto di somministrazione nel quale non è precisata la quantità di merci da fornire, ove non risulti che il somministrato si sia riservata la facoltà eccezionale di ordinare, o no, «a piacere» il materiale oggetto del contratto, costituisce grave inadempimento di quest'ultimo l'aver richiesto merci per un quantitativo largamente inferiore al fabbisogno presunto, come dal medesimo indicato in corso di rapporto (Trib. Milano 28 giugno 2011).

Qualora non sia determinata l'entità della somministrazione (nella specie di medicinali), si intende pattuita quella corrispondente al normale fabbisogno della parte che vi ha diritto, avuto riguardo al tempo della conclusione del contratto, in base all'art. 1560, comma 1 c.c. (T.A.R. Lazio 8 novembre 2010, n. 33216).

Tale disposizione, tuttavia, non si pone in contrasto con la clausola generale, cui deve essere riconosciuta portata imperativa, di cui all'art. 11 r.d. n. 2440/1923 che stabilisce che, occorrendo in corso di esecuzione di un contratto di appalto di opere pubbliche un aumento o una diminuzione delle opere, l'appaltatore è obbligato ad assoggettarvisi fino a concorrenza del quinto del prezzo di appalto alle stesse condizioni del contratto, mentre oltre tale limite ha diritto alla risoluzione del contratto stesso.

Pertanto, deve ritenersi che la disciplina relativa all'esecuzione del contratto debba ritenersi integrata, tramite l'inserzione automatica della predetta clausola di legge, alla luce ed in coerenza con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità richiamati dall'art. 69 d.lgs. n. 163/2006.

In questo senso va precisato che l'art. 1339 c.c assolve la funzione precipua di assicurare l'attuazione delle condizioni contrattuali previste in via inderogabile dalla legge, con il meccanismo dell'inserzione automatica delle clausole imperative in sostituzione di quelle difformi convenute dalle parti, e postula, dunque, la conclusione di un accordo negoziale il cui con tenuto risulti parzialmente contrastante con quello imposto dal legislatore, sottratto, come tale, all'autonomia privata (Cons. St. n. 5316/2005).

Il termine delle prestazioni

Altro aspetto rilevante che merita di essere analizzato in tema di somministrazione è il termine delle prestazioni. Mentre nel caso di somministrazioni continuative, l'unico termine che rileva è quello iniziale, nelle somministrazioni periodiche i termini di consegna possono non essere predeterminati e rimessi, entro certi limiti, alla determinazione del somministrato.

In tali casi, però, il somministrante non può tenersi continuamente a disposizione del somministrato né essere costretto ad eseguire la prestazione nello stesso momento in cui all'altro contraente piacerà di richiederla, per cui la legge stabilisce che la data fissata dal somministrato per le singole prestazioni deve essere comunicata al somministrante entro congruo termine: la congruità non può fissarsi aprioristicamente e per tutte quante le prestazioni, ma dipenderà dalla natura e dall'entità delle prestazioni e la sua valutazione, in caso di dissenso, spetterà, caso per caso all'autorità giudiziaria (Giannattasio, 257).

Il termine pattuito per le singole prestazione deve presumersi convenuto sia nell'interesse del somministrante che dell'avente diritto alla somministrazione, e deve considerarsi essenziale obbiettivamente, per la natura e per l'oggetto del contratto, la cui utilità economica, avuta presente dalle parti nella stipulazione, andrebbe perduta per l'inutile decorso del termine stabilito. Così, il ritardo rende non più satisfattoria la prestazione alla quale la parte mirava con la stipulazione, perché la natura e l'oggetto del contratto richiedono, obiettivamente e necessariamente, che l'adempimento avvenga in un determinato tempo, al quale è collegato l'utilità economica della prestazione.

Qualora il termine sia essenziale non troverà applicazione il I comma dell'art. 1457 c.c., in forza del quale una parte non può richiedere all'altra di eseguire comunque la prestazione entro tre giorni dalla scadenza del termine, posto che in tal momento lo scioglimento è automatico.

L'impossibilità della prestazione.

In quanto contratto di durata, la somministrazione, più di altre fattispecie contrattuali, è esposta al rischio che la prestazione dedotta in contratto e da eseguirsi in un determinato momento ovvero una delle prestazioni periodiche di cui si è detto divengano impossibili oggettivamente a causa di eventi imprevisti e fortuiti. In questi casi il debitore (somministrante) è liberato dall'obbligo di realizzare il risultato complessivo garantito (con le conseguenze previste in via generale dagli artt. 1463 e 1464 c.c.). L'impossibilità e l'illiceità varranno per l'avvenire e non per il passato, poiché le prestazioni, che sono intervenute, avevano un valore economico e giuridico autonomo nei confronti della prestazione integrale e l'atto continuato di adempimento si risolve nei suoi singoli atti costitutivi già realizzati. Garantendo il rapporto una prestazione complessa, integrata da singoli, autonomi e distinti atti di adempimento, l'irrealizzabilità della prestazione integrale e di alcuni degli atti, di cui consta, non può togliere valore agli altri atti, i quali abbiano soddisfatto interessi distintamente considerati e protetti. Gli esempi non sono infrequenti: morte del somministratore o del somministrato, quando eccezionalmente sia stata resa decisiva la persona del contraente per la permanenza del vincolo; la distruzione fortuita dell'opificio, quando si tratti di somministrazione di cose che debbano essere prodotte per conto del cliente e che non possano essere procurate per altra via tempestivamente (es., nel caso di somministrazione di energia elettrica); interventi legislativi molto frequenti nei periodi di crisi e di economia controllato (es.: divieto di somministrare energia elettrica per riscaldamento di abitazione per tutto il periodo di durata del contratto).

Nel diverso caso in cui per fatto non imputabile al debitore la prestazione diventi impossibile per un certo periodo intermedio tra la sua costituzione e la sua estinzione o quando per un analogo periodo sia vietata da una disposizione eccezionale per esigenze di ordine pubblico, è dubbio se la disciplina applicabile sia quella dell'art. 1256, comma 2 c.c. o dell'art. 1464. Data per presupposta la non imputabilità della causa dell'inadempimento al debitore, la risoluzione di tale questione presuppone la distinzione tra impossibilità i) definitiva o temporanea e ii) impossibilità totale o parziale. Nel caso di impossibilità definitiva del singolo atto di adempimento, il debitore è esonerato dal compierlo e da ogni responsabilità per inadempimento. L'onere della prova è tuttavia a suo carico (art. 1218 c.c.). Se l'impossibilità sia invece solo temporanea e non sussista la possibilità di un adempimento tardivo, il debitore è esonerato dalla responsabilità per inadempimento, ma sarà comunque tenuto ad adempiere, seppure tardivamente, purché la natura stessa della prestazione, quale risulta dal titolo, giustifichi un adempimento tardivo ed il creditore abbia interesse a tale adempimento (art. 1256). A tale ultima ipotesi fa riferimento una pronuncia del Tribunale di Napoli che ha condannato l'Enel al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali in seguito ad un black out elettrico. Così testualmente: «in caso di interruzione della somministrazione di energia elettrica, l'Enel, salvo che dimostri l'assenza di colpa per l'assoluta ed oggettiva impossibilità della prestazione, è responsabile nei confronti dell'utente, il quale ha pertanto diritto al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti dall'inadempimento del contratto di somministrazione (nella specie, il tribunale ha condannato l'Enel al risarcimento del danno esistenziale, in conseguenza delle forti limitazioni allo svolgimento delle normali attività quotidiane, che l'utente ha subito per il black out, ed in relazione al generale senso di angoscia provocato da una prolungata attesa al ritorno della normalità).» (Trib. Napoli, 16 aprile 2007). Nelle ipotesi di cui al punto ii), se l'impossibilità riguarda la singola prestazione nel suo complesso questa non è dovuta; se invece l'impossibilità non consenta la prestazione integrale, ma non impedisca per se stessa un adempimento parziale, troverà invece applicazione l'art. 1464 c.c.: il debitore è cioè tenuto alla prestazione parziale, ma il debitore può comunque rifiutarla qualora non abbia un apprezzabile interesse all'adempimento. Da parte sua, il creditore, nel primo caso, sarà tenuto ad una controprestazione proporzionalmente ridotta, nel secondo non dovrà invece effettuare alcuna controprestazione.

Bibliografia

Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Diritto civile, 3, Obbligazioni e contratti, Torino, 1985, 567; Capozzi, Compravendita, riporto, permuta, contratto estimatorio, somministrazione, locazione, Dei singoli contratti, Milano, 1988; Giannattasio, La permuta, il contratto estimatorio, la somministrazione, Milano, 1960; Zuddas, Somministrazione, Concessione di vendita, Franchising, Torino, 2003

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