Codice Civile art. 1567 - Esclusiva a favore del somministrante.

Francesco Agnino

Esclusiva a favore del somministrante.

[I]. Se nel contratto è pattuita la clausola di esclusiva a favore del somministrante, l'altra parte non può ricevere da terzi prestazioni della stessa natura, né, salvo patto contrario, può provvedere con mezzi propri alla produzione delle cose che formano oggetto del contratto.

Inquadramento

La clausola di esclusiva a favore del somministrante è volta a garantire allo stesso un vantaggio economico dalla possibilità di continuare la fornitura a favore del cliente. Quest'ultimo, del pari, ha il vantaggio di un somministratore nel quale ripone la propria fiducia. La clausola di esclusiva a favore del somministrante, costituendo un mezzo di lotta all'altrui concorrenza e di assicurazione di una riserva di mercato, ha un fondamento economico e giuridico diverso da quello della stessa clausola a favore del somministrato, per il quale questa costituisce soltanto un mezzo d'incremento patrimoniale (Cass. n. 742/1980). La clausola di esclusiva, che è elemento accidentale nel contratto di somministrazione, opera dunque durante lo svolgimento del rapporto nel senso che le parti vincolano reciprocamente le rispettive capacità di produzione e di assorbimento. L'art. 1567 chiarisce che l'esclusiva a favore del somministrante assume valore di divieto al somministrato di provvedere con mezzi propri alla produzione di cose che costituiscono oggetto del contratto; mentre l'art. 1568, relativo all'esclusiva a favore del somministrato, sottolinea che essa si risolve in un'obbligazione di non fare (gravante sul somministrante) circoscritta nello spazio e nel tempo, alla quale può fare riscontro, per volontà delle parti, un'obbligazione del somministrato di promuovere, nella zona assegnatagli, la vendita delle cose di cui egli ha l'esclusiva. In questa ultima ipotesi il somministrato ha il dovere di compiere quanto è nelle sue possibilità per conseguire quel risultato promesso al somministrante ed incorre in responsabilità per inadempimento contrattuale, anche se la sua obbligazione abbia avuto esecuzione relativamente al quantitativo minimo delle cose da vendere, che sia stato eventualmente stabilito.

La sospensione degli ordinativi da parte degli aventi diritto alla somministrazione con clausola di esclusiva integra gli estremi della violazione dell'art. 1568, comma 2, c.c., sol che si escluda che essa origini da una situazione oggettiva di mercato, e sia per contro imputabile a colpa o dolo del somministrato (Giannattasio, 289). Per quanto riguarda poi alla durata massima del patto di esclusiva, è discusso se essa coincida con la durata del contratto, e se la sua durata possa o meno eccedere il termine di cinque anni in applicazione dell'art. 2596 c.c. La giurisprudenza, pressoché concorde, risolve tale questione sulla base del carattere autonomo della clausola in questione rispetto all'intero contratto. Nel contratto di somministrazione, alla clausola di esclusiva, di cui all'art. 1567 c.c., che non assuma una posizione prevalente nell'economia del contratto stesso, sino a staccarsi casualmente da esso e da far emergere un'autonoma funzione regolatrice della concorrenza, non si applica la disposizione dell'art. 2596 c.c., in tema di durata massima del patto di non concorrenza e, pertanto, va escluso che essa sia valida solo per cinque anni se pattuita per un periodo superiore. D'altra parte, se la clausola di esclusiva svolge una funzione autonoma di limitazione della concorrenza, non v'è evidentemente ragione perché i limiti temporali della sua validità, posti dall'art. 2596 c.c., si riflettano sulla durata del contratto di somministrazione; ove, invece, tale autonomia sia esclusa, alla intervenuta proroga tacita del contratto non può non essere ricollegata, in difetto di una diversa volontà delle parti, la proroga dell'efficacia della clausola di esclusiva per l'intera durata del contratto stesso» (Cass. n. 1238/2000). A tal proposito, invece, la dottrina ha affermato che per la clausola in questione apposta ad un contratto di somministrazione di durata ultra quinquennale o a tempo indeterminato opera la riduzione legale nei limiti del quinquennio, con l'effetto che oltre il quinquennio sarà invece nulla l'intero contratto, a norma dell'art. 1419, comma 1, c.c., se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità (Giannattasio, 1974, 298). L'inadempimento del patto di esclusiva, secondo i principi generali (art. 1463 c.c.) comporta la risoluzione del contratto di somministrazione, oltre al risarcimento del danno. «La violazione del diritto di esclusiva posta in essere dal concedente che favorisca la vendita, nella zona assegnata al concessionario, di prodotti che quest'ultimo ha il diritto di commercializzare in modo esclusivo, si configura come comportamento contrario ai doveri di correttezza e buona fede e costituisce grave inadempimento contrattuale da cui consegue la risoluzione del contratto» (App. Cagliari, 11 aprile 2007, n. 111). Da evidenziare inoltre che, poiché con riguardo al contenuto delle prestazioni, gli artt. 1567 e 1568 c.c. si riferiscono a «prestazioni della stessa natura», e non invece, a prestazioni identiche, la clausola di esclusiva deve ritenersi violata non soltanto quando la prestazione che si compie a favore di terzi o si riceve da terzi è perfettamente corrispondente a quella pattuita in contratto, ma anche quando, appartenendo allo stesso gruppo merceologico o a gruppo affine, riesca a soddisfare la medesima esigenza. All'inadempimento del patto di esclusiva non si applica integralmente la normativa specifica sulla risoluzione del contratto di somministrazione, perché, se avrà rilievo la gravità dell'inadempimento, non sarà richiesta anche la menomazione della fiducia che il legislatore col lega soltanto alla continuità e periodicità della prestazione prevista dall'art. 1564 c.c. In giurisprudenza è stato inoltre affermato che l'inadempimento all'esclusiva possa inoltre condurre all'affermazione di un'eventuale responsabilità extracontrattuale per concorrenza sleale (Pret. Roma, 5 febbraio 1991). Diversa è l'ipotesi considerata dal comma 2 dell'art. 1568 c.c. che riguarda il caso nel quale il somministrato assume anche l'obbligo di promuovere la vendita di cose di cui egli ha l'esclusiva dal somministrante, obbligo che deve formare oggetto di un patto apposito. Stabilisce il comma 2 dell'art. 1568 c.c. che, in tal caso, se il somministrato non adempie, risponde dei danni anche se ha eseguito il contratto rispetto al quantitativo minimo stabilito.

Oneri formali

Atteso il principio generale della libertà delle forme, la clausola di esclusiva inserita in contratti di vendita o di somministrazione, per i quali non sia richiesta la forma scritta, resta soggetta alla medesima disciplina formale del contratto nel suo complesso, talché non soggiace all'operatività dell'art. 2596 che impone tale forma, ad probationem, per il patto che limita la concorrenza (Cass. n. 13623/1991).

Con specifico riferimento alla necessità della prova scritta per il patto che limita la concorrenza e i limiti di durata dello stesso (cinque anni), deve ritenersi che trattasi non di contratto autonomo, ma di modalità di esecuzione del contratto di somministrazione che, comunque, tale argomentazione è conforme ai principi già affermati dalla Corte di Cassazione e secondo cui: 1) atteso il principio generale della libertà delle forme, la clausola di esclusiva inserita in contratti di vendita o di somministrazione, per i quali non sia richiesta la forma scritta, resta soggetta alla medesima disciplina formale del contratto nel suo complesso, talché non soggiace all'operatività dell'art. 2596 che impone tale forma, ad probationem, per il patto che limita la concorrenza»; 2) nel contratto di somministrazione, alla clausola di esclusiva che non assuma una posizione prevalente nell'economia del contratto stesso, sino a staccarsi casualmente da esso e da far emergere un'autonoma funzione regolatrice della concorrenza, non si applica la disposizione dell'art. 2596 c.c., in tema di durata massima del patto di non concorrenza e, pertanto, va escluso che essa sia valida solo per cinque anni se pattuita per un periodo superiore.

D'altra parte, se la clausola di esclusiva svolge una funzione autonoma di limitazione della concorrenza, non v'è evidentemente ragione perché i limiti temporali della sua validità si riflettano sulla durata del contratto di somministrazione; ove, invece, tale autonomia sia esclusa, alla intervenuta proroga tacita del contratto non può non essere ricollegata, in difetto di una diversa volontà delle parti, la proroga dell'efficacia della clausola di esclusiva per l'intera durata del contratto stesso (Cass. n. 4987/2000.

La sentenza Cass. n. 1579/1974 ha ritenuto che nella vendita con esclusiva il patto di esclusiva deve essere provato per iscritto. Invece, le sentenze Cass. n. 3654/1972 e Cass. n. 284/1975 hanno affermato, sia in tema di vendita che di somministrazione, che alla clausola di esclusiva inserita in tali contratti (naturalmente, quando per essi non sia richiesta la forma scritta (Cass. n. 6511/1979; Cass. n. 3936/1982) non si applica l'art. 2596 c.c., il quale esige la prova scritta per il patto che limita la concorrenza.

Deve prestarsi adesione a tale secondo orientamento perché, da un lato, la dottrina favorevole alla tesi dell'applicabilità dell'art. 2596 c.c. alle clausole aventi per oggetto una limitazione della concorrenza, inserite in contratti di più ampio contenuto, postula un'applicazione analogica dell'esigenza della prova scritta che non è consentita dal principio generale della libertà delle forme e delle prove, che può essere derogato soltanto da una norma espressa; e, dall'altro, la disciplina del patto di esclusiva nella somministrazione accede a tale tipo di contratto, con lo scopo di tutelare l'interesse dei contraenti alla continuità e sicurezza delle forniture, e cioè ha un carattere integrativo della complessiva pattuizione, per cui non può che soggiacere alla medesima disciplina formale del contratto nel suo complesso.

Sussistenza di limiti temporali al patto

La Cassazione ha stabilito che nel contratto di somministrazione, alla clausola di esclusiva, di cui all'art. 1567, che non assuma una posizione prevalente nell'economia del contratto stesso, sino a staccarsi casualmente da esso e da far emergere un'autonoma funzione regolatrice della concorrenza, non si applica la disposizione dell'art. 2596, in tema di durata massima del patto di non concorrenza e, pertanto, va escluso che essa sia valida solo per cinque anni se pattuita per un periodo superiore.

Invero, se la clausola di esclusiva svolge una funzione autonoma di limitazione della concorrenza, non v'è evidentemente ragione perché i limiti temporali della sua validità, posti dall'art. 2596, si riflettano sulla durata del contratto di somministrazione; ove, invece, tale autonomia sia esclusa, alla intervenuta proroga tacita del contratto non può non essere ricollegata, in difetto di una diversa volontà delle parti, la proroga dell'efficacia della clausola di esclusiva per l'intera durata del contratto stesso (Cass. n. 1238/2000; Cass. n. 21729/2013).

In altri termini, sebbene l'art. 1567 non preveda alcun limite di durata, tuttavia, la giurisprudenza è pervenuta a ritenere applicabile in proposito il limite, sempre quinquennale, di cui all'art. 2596 stabilito in tema di patti di non concorrenza, tutte le volte che alla clausola possa riconoscersi una certa autonomia: l'art. 2596 è applicabile alle clausole di esclusiva nella somministrazione quando esse siano state poste come convenzioni autonome rispetto al contratto o siano solo occasionalmente ad esso collegate; ma è stato anche chiarito che tanto non avviene quando la clausola di esclusiva sia in correlazione causale con la somministrazione in quanto adempie alla stessa funzione economica del contratto (Cass. n. 2049/1960), col cui oggetto principale si ponga dunque in rapporto di strumentalità ed accessorietà (Cass. n. 2619/1967). In tali casi, invero, la clausola non svolge una prevalente funzione di esclusione della reciproca concorrenza tra le parti, ma limita la loro libertà di azione nei confronti dei terzi in funzione del perseguimento dell'oggetto del contratto (Cass. n. 13623/1991).

Bibliografia

Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Diritto civile, 3, Obbligazioni e contratti, Torino, 1985, 5677; Capozzi, Compravendita, riporto, permuta, contratto estimatorio, somministrazione, locazione, Dei singoli contratti, Milano 1988; Giannattasio, La permuta, il contratto estimatorio, la somministrazione, Milano, 1960; Zuddas, Somministrazione, Concessione di vendita, Franchising, Torino 2003

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