Codice Civile art. 1805 - Perimento della cosa.

Caterina Costabile

Perimento della cosa.

[I]. Il comodatario è responsabile se la cosa perisce per un caso fortuito a cui poteva sottrarla sostituendola con la cosa propria, o se, potendo salvare una delle due cose, ha preferito la propria.

[II]. Il comodatario che impiega la cosa per un uso diverso o per un tempo più lungo di quello a lui consentito, è responsabile della perdita avvenuta per causa a lui non imputabile, qualora non provi che la cosa sarebbe perita anche se non l'avesse impiegata per l'uso diverso o l'avesse restituita a tempo debito [1221 1].

Inquadramento

L'art. 1805 disciplina le obbligazioni del comodatario in caso di perimento della res distinguendo l'ipotesi dell'impiego della cosa stessa per l'uso consentito da quella dell'impiego per un uso o per un tempo diverso dai consentiti.

La giurisprudenza ritiene che la disposizione in esame, benché faccia riferimento solamente al perimento della cosa, sia applicabile anche al deterioramento della stessa (Cass. III, n. 13691/2001), sia perché appare identica essere la ratio nelle due ipotesi considerate, sia perché la norma a sua volta è espressione del principio generale contenuto nell'art. 1221 c.c.

La dottrina risulta allineata alla giurisprudenza (Fragali, in Comm. S. B., 1966, 300; Giampiccolo, in Tr. G. S.-P., 1972, 28; Teti, 45).

Il perimento (o il deterioramento) della cosa comodata per cause non imputabili a nessuna delle parti è a carico del comodante, conformemente ai principi generali, nel rispetto dell'assunto res perit domino, a meno che non emerga che il comodatario poteva salvare la cosa comodata sostituendola con una propria, ovvero se, potendo salvare una delle due cose, abbia preferito la propria.

Di contro, nell'ipotesi in cui la cosa sia stata utilizzata per un uso diverso o per un tempo più lungo di quello consentito, il legislatore introduce una presunzione di responsabilità iuris tantum a carico del comodatario, che questi può vincere solo provando che la cosa sarebbe perita anche se non l'avesse impiegata per l'uso diverso o l'avesse restituita a tempo debito.

Impiego della cosa per l'uso consentito

Nell'ipotesi di perimento della res impiegata secondo l'uso consentito, è evidente che l'obbligo di conservare e restituire, proprio del comodatario, importi come conseguenziale quello di impedire che la cosa perisca per un evento che non rientri nel vero e proprio fortuito. Di guisa che, se il perimento potesse essere evitato con l'erogazione di spese straordinarie ed urgenti, il comodatario sarebbe senz'altro tenuto ad anticiparle (art. 1808), pena il risarcimento del danno, ove la cosa perisse per la mancata erogazione di quelle spese.

Parimenti, ove il perimento potesse essere evitato con il sacrificio della cosa propria, il comodatario sarà tenuto a tal sacrificio (Giampiccolo, in Tr. G. S.-P., 1972, 28).

Il presupposto della responsabilità sancita dalla disposizione è che il comodatario abbia materialmente la possibilità di effettuare la sostituzione imposta dalla legge, senza che egli abbia per converso l'obbligo di esporsi a grave rischio pur di effettuarla (Tamburrino, 1004).

L'orientamento dominante esclude che al comodatario che sacrifichi la propria cosa per salvare quella del comodante spetti un indennizzo: in una simile eventualità, infatti, il comodatario adempirebbe a un obbligo impostogli dalla legge in specificazione del suo dovere di diligenza nella conservazione della cosa datagli in uso, con la conseguenza che deve trovare applicazione il principio per cui i sacrifici implicati dall'adempimento dell'obbligazione sono sempre a carico del debitore (Fragali, in Comm. S. B., 1966, 306).

Impiego per un uso o per un tempo diverso dai consentiti

Nella seconda ipotesi, che si avvera quando il perimento della cosa è avvenuto mentre il comodatario era in mora o mentre faceva un uso non consentito della res (ipotesi di cui al comma 2 dell'art. 1805), la responsabilità per perimento a carico del comodatario è più rigorosa: egli risponde in ogni caso, anche per il fortuito, a meno che non provi che la cosa sarebbe ugualmente perita anche se non l'avesse usata oltre i limiti contrattuali o se l'avesse restituita nel termine fissato (Luminoso, 4).

Trattasi di una applicazione della regola generale della perpetuatio obbligationis (art. 1221 c.c.): il legislatore presume, dunque, l'esistenza di una colpa del comodatario e del nesso di causalità tra la violazione del contratto da parte del medesimo e il perimento della res concessa in godimento (Fragali, in Comm. S. B., 1966, 301; Giampiccolo, 1972, 29).

La ratio della norma risiede evidentemente nel fatto che il debitore, non avendo eseguito tempestivamente la prestazione, si è posto da solo in condizione di non potere più eseguirla e deve, pertanto, subire le conseguenze di certi eventi che non si sarebbero avute o non sarebbero state influenti sul rapporto obbligatorio se egli avesse adempiuto tempestivamente.

La presunzione introdotta dalla norma in commento costituisce una presunzione iuris tantum, come risulta dalla possibilità per il comodatario di liberarsi da responsabilità provando «che la cosa sarebbe perita anche se non l'avesse impiegata per l'uso diverso o l'avesse restituita a tempo debito». In tale fattispecie si attribuisce, quindi, al comodatario una responsabilità per colpa, giacché la mancata prova del fatto che la cosa sarebbe ugualmente perita anche se non vi fosse stato l'abuso o la violazione del contratto determina la convinzione che causa della perdita sia stato l'inadempimento del comodatario (Fragali, in Comm. S. B., 1966, 302).

La giurisprudenza ha chiarito, in tema di riparto degli oneri probatori, che il comodante che domandi di risarcimento danni per deterioramento della res conseguente a un uso eccedente quello contrattualmente convenuto deve provare il deterioramento intervenuto tra il momento della consegna e quello della restituzione, mentre il comodatario convenuto è tenuto a dimostrare, in via di eccezione e quale fatto impeditivo della sua responsabilità, che quel deterioramento si è verificato per effetto dell'uso conforme al contratto o, comunque, per fatto a lui non imputabile (Cass. III, n. 3900/2010).

Bibliografia

Carresi, Comodato, in Nss D.I., Torino, III, 1959; Luminoso, voce Comodato, Enc. giur. Roma, 1988; Pellegrini, Contratto di comodato a termine e morte del comodante, in Riv. dir. civ. 2000, II, 477; Quadri, Comodato e «casa familiare»: l'intervento delle Sezioni Unite, in Corr. giur., 2004, 1440; Quadri, Il nuovo intervento delle Sezioni Unite in tema di comodato e assegnazione della «casa familiare», in Corr. giur. 2015, 19; Tamburrino, voce Comodato, in Enc. dir., VII, Milano, 1960; Teti, Comodato, in Dig. civ. 1988.

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