Codice Civile art. 1664 - Onerosità o difficoltà dell'esecuzione.Onerosità o difficoltà dell'esecuzione. [I]. Qualora per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d'opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto, l'appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo. La revisione può essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo [1467]. [II]. Se nel corso dell'opera si manifestano difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non previste dalle parti, che rendano notevolmente più onerosa la prestazione dell'appaltatore, questi ha diritto a un equo compenso [1467].
InquadramentoLa norma è volta a garantire l'equilibrio nei contratti commutativi a fronte di eventi che possano comprometterlo. Il codice del 1942 ha ridimensionato la portata della regola secondo cui l'alea della realizzazione del progetto deve rimanere a carico dell'appaltatore, stabilendo, fra l'altro, che questi ha diritto ad un equo compenso se nel corso dell'opera si manifestano difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili che rendano notevolmente più onerosa la sua prestazione (art. 1664, comma 2). Il legislatore ha, cioè, ritenuto che non fosse conforme ad equità (Cass. n. 4049/1984) riversare soltanto sull'appaltatore le conseguenze negative di complicazioni non previste e non prevedibili al momento della conclusione del contratto ed in considerazione di quanto sopra ha perciò definitivamente chiarito, con una disposizione costituente specificazione del più generale principio di cui all'art. 1467 c.c. (Cass. 9060/1994; Cass. n. 12989/1999), che nell'ipotesi in cui le predette difficoltà rendano sensibilmente più pesante la prestazione dell'appaltatore, il committente deve corrispondergli un compenso aggiuntivo, che prescindendo da qualsiasi colpa dell'onerato e mirando esclusivamente a contenere il rischio del beneficiario, è privo di qualsiasi carattere risarcitorio e rappresenta soltanto una semplice obbligazione di valuta (Cass. n. 3923/1988; Cass. n. 1289/1989; Cass. n. 3733/1993) destinata a riequilibrare le contrapposte posizioni delle parti. Tanto precisato, conviene ulteriormente aggiungere che quella di cui al comma 2 dell'art. 1664 c.c. è una disposizione applicabile anche agli appalti pubblici (Cass. n. 5138/1977; Cass. n. 6106/1984; Cass. n. 4959/1993), ma derogabile a discrezione dei contraenti (Cass. n. 2326/1977; Cass. n. 1364/1979; Cass. n. 2403/1981; Cass. n. 3013/1992). Consegue da ciò che nel caso di contrasto fra gli interessati, il giudice di merito investito della domanda di liquidazione dell'equo compenso dovrà in primo luogo accertare se per avventura le parti non abbiano inteso escludere l'applicabilità dell'art. 1664 c.c. Nel procedere a siffatta indagine, il giudice potrà avvalersi dei comuni criteri d'ermeneutica contrattuale (Cass. n. 1308/1983; Cass. n. 227/1986), partendo naturalmente da quello collegato all'elemento letterale delle clausole negoziali (Cass. 4278/2000; Cass. n. 7584/2001), nell'esaminare le quali dovrà tenere presente che la volontà di derogare o meno all'art. 1664 c.c. non richiede l'uso di particolari espressioni formali (Cass. n. 2403/1981; Cass. n. 3013/1992), per cui può risultare non soltanto da una clausola espressa, ma anche dall'intero assetto negoziale nel suo complesso (Cass. n. 4278/2000; Cass. n. 7584/2001). L'accertamento così compiuto sarà poi sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione o violazione di norme di diritto, cosicché la parte che decida di contestarlo non potrà limitarsi a propugnare una diversa interpretazione, ma dovrà specificare gli errori logici o giuridici di quella contenuta nella sentenza impugnata. Derogabilità ad opera delle partiAnche per i contratti cosiddetti commutativi le parti, nel loro potere di autonomia negoziale, ben possono prefigurarsi la possibilità di sopravvenienze, che incidono o possono incidere sull'equilibrio delle prestazioni, ed assumerne, reciprocamente o unilateralmente, il rischio, modificando in tal modo lo schema tipico del contratto commutativo e rendendolo per tale aspetto aleatorio, con l'effetto di escludere, nel caso di verificazione di tali sopravvenienze, la applicabilità dei meccanismi riequilibratori previsti nell'ordinaria disciplina del contratto (artt. 1467 e 1664 c.c.); l'assunzione del suddetto rischio supplementare può formare oggetto di una espressa pattuizione, ma può anche risultare per implicito dal regolamento convenzionale che le parti hanno dato al rapporto e dal modo in cui hanno strutturato le loro obbligazioni (Cass. n. 948/1993, in riferimento ad un contratto di appalto; Cass. n. 17485/2012). Sicché, la clausola con la quale si escluda, in deroga all'art. 1664, il diritto dell'appaltatore a ulteriore compenso per le difficoltà impreviste incontrate nell'esecuzione dell'opera (cosiddetto appalto a forfait) non comporta alcuna alterazione della struttura ovvero della funzione dell'appalto, nel senso di renderlo un contratto aleatorio, ma solo un ulteriore allargamento del rischio, senza che questo, pur così ulteriormente allargato, esorbiti dall'alea normale del tipo contrattuale (Cass. n. 4198/2014). Pertanto, le parti di un contratto di appalto, nell'esercizio della loro autonomia negoziale, possono derogare alla normativa in tema di revisione del prezzo, lasciando interamente a carico dell'appaltatore, con la pattuizione dell'invariabilità del corrispettivo, l'alea correlata alla sopravvenienza di una maggiorazione dei costi, anche quando ricorra, in astratto, ipotesi di eccessiva onerosità dell'esecuzione dell'opera per sopraggiunti eventi straordinari ed imprevedibili (Cass. n. 11469/1996). In conclusione, la deroga alla disciplina dell'art. 1664 (onerosità o difficoltà dell'esecuzione) nel cosiddetto appalto a forfait non comporta alcuna alterazione della struttura o della funzione dell'appalto, nel senso di renderlo un contratto aleatorio, ma solo un ulteriore allargamento del rischio, senza che questo, pur così ulteriormente allargato, esorbiti dall'alea normale di questo tipo contrattuale. Pertanto, il mancato adeguamento del prezzo convenuto per l'appalto al maggior costo non può integrare arricchimento senza causa a favore del committente, non concretandosi l'arricchimento in un accadimento estraneo alla volontà contrattuale ed al consenso prestato alla parte «impoverita» (Cass. n. 6393/1996). La disposizione di cui all'art. 1664 (relativa alla revisione del prezzo del contratto di appalto), senz'altro applicabile anche agli appalti pubblici, non ha carattere vincolante per le parti, le quali, pertanto, possono legittimamente derogarvi, con la conseguenza che, in caso di contrasto tra esse circa la reale portata delle clausole contrattuali sul punto della applicabilità o meno della norma de qua, è demandato al giudice di merito, al fine di accertare la reale volontà dei contraenti (se abbiano, cioè, voluto o meno escludere la revisione del prezzo del contratto di appalto), il compito di ricostruirne il comune intento negoziale avvalendosi dei comuni criteri di ermeneutica contrattuale, a partire da quello collegato all'elemento letterale delle clausole negoziali, considerando, all'uopo, che l'intento di derogare alla norma contenuta nell'art. 1664 c.c. non richiede l'uso di particolari espressioni formali, potendo per converso risultare, oltre che da una clausola espressa, anche dall'intero assetto negoziale nel suo complesso (Cass. n. 5267/2018: nella specie, la S.C. ha ritenuto che correttamente il giudice di merito avesse accertato la deroga convenzionale in esame, con riferimento ad un contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione di una strada, per aver l'appaltatore assunto il c.d. «rischio geologico», inerente la possibilità che fosse necessario estrarre un quantitativo di roccia da mina eccedente quello previsto nel progetto, e ciò in ragione della previsione contrattuale per la quale i prezzi sarebbero rimasti «fissi ed invariabili per qualsiasi eventualità»; Cass. n. 4779/2005: il diritto dell'appaltatore all'aggiornamento dei prezzi è un elemento naturale del contratto d'appalto, e non deve quindi essere espressamente ribadito in occasione della sua stipulazione, ferma restando la facoltà delle parti di accordarsi per la sua esclusione, o per una sua diversa disciplina). Presupposti per la revisione dei prezziIn tema di appalto, la norma del comma 2 dell'art. 1664 dev'essere interpretata nel senso che presupposto per il diritto dell'appaltatore all'equo compenso, ivi previsto, sia non solo la mancata previsione nel contratto d'appalto delle difficoltà di esecuzione dell'opera derivanti da cause geologiche, idriche e simili, bensì anche la loro imprevedibilità al momento della sua stipulazione, sulla base della diligenza media richiesta dall'attività esercitata, in quanto la suddetta norma costituisce — non diversamente da quella del primo comma dello stesso art. 1664 c.c. — una specificazione del principio generale di cui all'art. 1467, comma 2, c.c. secondo il quale nei contratti a prestazioni corrispettive, ad esecuzione continuata o periodica o differita, ciascuna parte assume su di sé il rischio degli eventi che alterino il valore economico delle rispettive prestazioni, entro i limiti rientranti nell'alea normale del contratto, che, pertanto, dev'essere tenuta presente da ciascun contraente al momento della sua stipulazione e nel cui ambito, con riferimento all'appalto, vanno appunto ricondotti gli eventi indicati dal comma 2 dell'art. 1664, ove non siano stati imprevedibili secondo la cennata diligenza (Cass. n. 12989/1999). In particolare, nel contratto di appalto stipulato. tra privati, quando il corrispettivo sia stato determinato a corpo e non a misura, l'appaltatore non può invocare la revisione dei prezzi, di cui all'art. 1664 c.c., per le variazioni di costo intervenute in corso di esecuzione e dipendenti da fattori che al momento della stipula del contratto potevano essere preveduti; quando, invece, gli aumenti siano dipesi da fattori del tutto imprevedibili al momento della stipula del contratto, la revisione dei prezzi è dovuta anche nell'appalto con corrispettivo a corpo, a meno che le parti, nell'esercizio della loro autonomia, non vi abbiano inequivocabilmente rinunciato (Cass. n. 1494/2011). Inoltre, la Suprema Corte ha statuito che in tema di appalto, l'equo compenso di cui all'art. 1664, comma 2, c.c. dovuto in dipendenza della c.d. «sorpresa geologica», costituisce un supplemento di natura indennitaria proporzionale al prezzo, assolvente alla funzione di reintegrare l'appaltatore dei maggiori oneri, rispetto al compenso contrattuale, subiti per effetto delle impreviste ed imprevedibili difficoltà incontrate nell'esecuzione della prestazione per ostacoli di natura geologica e simili. Ne consegue che detto compenso non è determinabile da parte del giudice di merito laddove difetti la prova del prezzo originario, posto che è proprio di quest'ultimo che si deve necessariamente tener conto ai fini della determinazione dell'indennizzo (Cass. n. 380/2010). Il diritto dell'appaltatore alla revisione dei prezzi secondo la disciplina vigente anteriormente all'entrata in vigore del d.l. n. 333/1992, convertito in l. n. 359/1992, che ha soppresso tale facoltà, sostituita poi dal diverso sistema di adeguamento previsto dalla legge quadro in materia di lavori pubblici n. 109/1994 — sussiste solo quando il diritto alla revisione derivi da apposita clausola stipulata, in deroga alla regolamentazione legale, anteriormente all'entrata in vigore della l. n. 37/1973 — che ha vietato ogni genere di accordo incidente su questo aspetto del rapporto —, ovvero quando l'amministrazione abbia già esercitato il potere discrezionale a lei spettante adottando un provvedimento attributivo espresso, o ancora abbia tenuto un comportamento tale da integrare un implicito riconoscimento del diritto in parola, così che la controversia riguardi soltanto il quantum della stessa. E tuttavia, in tal ultima ipotesi, è necessario che si tratti di un riconoscimento riferibile all'intera opera, giacché il riconoscimento parziale — limitato, cioè, a particolari lavori o categorie di lavori (con esplicita o implicita esclusione di altri) — circoscrive la sussistenza del diritto, tutelabile dinanzi al giudice ordinario, alle sole pretese ad esso riconducibili (Cass. n. 1164/2017; Cass. S.U., n. 18126/2005; Cass. n. 14531/2002). Revisione del prezzo ed appalti pubbliciIn materia di appalto di opere pubbliche, la revisione legale dei prezzi presuppone la mancanza di colpa da parte dell'Amministrazione, mentre se vi è colpa di quest'ultima e, quindi, risultano ad essa addebitabili fatti per effetto dei quali la ritardata esecuzione dei lavori sia venuta a coincidere con un periodo di prezzi crescenti, gli aumenti subiti dall'appaltatore per fatto della committente restano al di fuori della disciplina della revisione anzidetta e dell'applicazione dello speciale procedimento predisposto per i computi revisionali, onde l'appaltatore stesso ha diritto di venire pienamente reintegrato di tutti i maggiori oneri sopportati (e che non avrebbe sopportato mediante un'esecuzione tempestiva), qualunque possa essere stata l'entità dell'aumento, senza alcuna detrazione di alea e senza alcuna pregiudiziale circa l'entità delle ripercussioni di tali maggiori oneri sul complessivo costo dell'opera (Cass. n. 5951/2008). Inoltre, in tema di opere pubbliche, la clausola contrattuale con cui, riproducendo il contenuto dell'art. 1 d.P.R. n. 1063/1962, l'impresa dichiara d aver esaminato la situazione dei luoghi e di averne valutato i lessi sull'esecuzione dell'opera, lungi dal costituire una mera clausola di stile o dal risolversi in un riconoscimento della remuneratività dei prezzi dell'appalto, si traduce in un'attestazione della presa di conoscenza delle condizioni locali e di tutte le circostanze che possono influire sull'esecuzione dell'opera; essa, pertanto, pone a carico dell'appaltatore un preciso dovere cognitivo, cui corrisponde una altrettanto precisa responsabilità, determinando un allargamento del rischio, senza però comportare un'alterazione della struttura e della funzione del contratto, nel senso di renderlo un contratto aleatorio (Cass. n. 3932/2008). In tema di appalto di opere pubbliche, l'equo compenso dovuto all'appaltatore, ai sensi dell'art. 1664 c.c., comma 2, per i maggiori oneri derivanti da difficoltà di esecuzione conseguenti a cause geologiche (cd. sorpresa geologica), rappresenta una forma indennitaria di integrazione del corrispettivo e, pertanto, costituisce un debito di valuta anche se liquidato, secondo equità, prendendo a base i maggiori esborsi dell'appaltatore e adeguandoli agli indici della sopravvenuta svalutazione monetaria. Peraltro, in assenza di un'espressa statuizione al riguardo, l'adeguamento al parametro inflattivo non può ritenersi comprensivo degli interessi, che sono quindi dovuti, con decorrenza dalla intimazione di pagamento ovvero dalla proposizione della domanda da parte dell'appaltatore e non già dalla formulazione di un'eventuale riserva, non implicando quest'ultima la costituzione in mora della stazione appaltante (Cass. n. 17782/2015). La disposizione di cui all'art. 1664 c.c. (relativa alla revisione del prezzo del contratto di appalto), senz'altro applicabile anche agli appalti pubblici, non ha carattere vincolante per le parti, le quali, pertanto, possono legittimamente derogarvi, con la conseguenza che, in caso di contrasto tra esse circa la reale portata delle clausole contrattuali sul punto della applicabilità o meno della norma de qua, è demandato al giudice di merito, al fine di accertare la reale volontà dei contraenti (se abbiano, cioè, voluto o meno escludere la revisione del prezzo del contratto di appalto), il compito di ricostruirne il comune intento negoziale avvalendosi dei comuni criteri di ermeneutica contrattuale, a partire da quello collegato all'elemento letterale delle clausole negoziali, considerando, all'uopo, che l'intento di derogare alla norma contenuta nell'art. 1664 c.c. non richiede l'uso di particolari espressioni formali, potendo per converso risultare, oltre che da una clausola espressa, anche dall'intero assetto negoziale nel suo complesso (Cass. n. 5267/2018). In tema di appalto di opera pubbliche, l'equo compenso ex art. 1664, comma 2, c.c., riconosciuto all'appaltatore che nel corso dell'opera abbia incontrato difficoltà di esecuzione non previste che ne abbiano reso notevolmente più onerosa la prestazione, è oggetto d'una obbligazione di valuta e non di valore, giacché l'obbligazione nasce dal contratto e il credito ha la medesima funzione d'ogni altro emolumento spettante all'appaltatore come remunerazione. Ne conseguono, da un lato, la necessità della costituzione in mora, ex art. 1224 c.c., in funzione del decorso degli interessi, dall'altro, l'insufficienza, a tal fine, della riserva che l'appaltatore ha l'onere di iscrivere allo scopo di evitare la decadenza da domande di ulteriori compensi, indennizzi o risarcimenti, in dipendenza dello svolgimento del collaudo (Cass. 10325/2023). Riparto di giurisdizioneIn tema di appalti pubblici, per effetto dell'art. 3 d.l. n. 333/1992, conv. con modif. dalla l. n. 359/1992, che ha generalizzato l'esclusione, già prevista dall'art. 33, comma 3 l. n. 41/1986, della facoltà dell'Amministrazione committente di procedere alla revisione dei prezzi, e dell'art. 26, comma 3 l. n. 109/1994 (ora abrogata), che ha confermato l'inapplicabilità dell'art. 1664, comma 1, il divieto della revisione dei prezzi è divenuto un vero e proprio principio regolatore degli appalti pubblici, con la conseguenza che non è più configurabile, al riguardo, una posizione di interesse legittimo dell'appaltatore, ma si pone soltanto un problema di validità delle clausole contrattuali che, nel sopravvenuto regime, abbiano riconosciuto il diritto alla revisione. Spetta pertanto al giudice ordinario la giurisdizione in ordine alla domanda di riconoscimento della revisione dei prezzi proposta dall'appaltatore, non implicando detto accertamento un sindacato in ordine all'esercizio di poteri discrezionali dell'Amministrazione, e non essendo la controversia riconducibile alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo prevista dall'art. 33 d.lgs. n. 80/1998, come modificato dall'art. 7 l. n. 205/2000, in quanto, indipendentemente dall'attinenza del rapporto ad un pubblico servizio, non è configurabile un ipotesi di concessione (Cass. n. 8519/2007). Analogamente, in tema di revisione dei prezzi nell'appalto di opere pubbliche, ove la pretesa dell'appaltatore venga espressamente ricondotta alla previsione di una specifica clausola del contratto e si sostanzi nell'affermazione per la quale quella clausola obbligherebbe l'Amministrazione appaltante al riconoscimento della revisione del prezzo, la questione sottoposta all'esame del giudice (a prescindere dalla sua fondatezza nel merito) si traduce in una mera pretesa di adempimento contrattuale e, quindi, comporta l'accertamento dell'esistenza di un diritto soggettivo, che ricade nell'ambito della giurisdizione ordinaria (Cass. n. 6595/2009). BibliografiaAA.VV., L'appalto privato, Trattato diretto da Costanza, Torino, 2000; Amore, Appalto e claim, Padova, 2007; Cagnasso, Appalto nel diritto privato, in Dig. disc. priv., I, Torino, 1987; Capozzi, Dei singoli contratti, Milano, 1988; Cianflone, Giovannini, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 2003; De Tilla, L'appalto privato, Il diritto immobiliare, Milano 2007; Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2013; Iudica, Appalto pubblico e privato. Problemi e giurisprudenza attuali, Padova, 1997; Lapertosa, Responsabilità e garanzia nell'appalto privato, in AA.VV., Appalto pubblico e privato. Problemi e giurisprudenza attuali, a cura di Iudica, Padova, 1997; Lucchini-Guastalla, Le risoluzioni di diritto per inadempimento dell'appaltatore, Milano, 2002; Luminoso, Codice dell'appalto privato, Milano, 2010; Mangini, Rudan Bricola, Il contratto di appalto. Il contratto di somministrazione, in Giur. sist. civ. e comm., fondata da W. Bigiavi, Torino, 1972; Mascarello, Il contratto di appalto, Milano, 2002; Moscarini, L'appalto, Tr. Res., XI, Torino, 1984; Musolino, Appalto pubblico e privato, a cura di Cendon, I, Torino, 2001; Pedrazzi, Responsabilità decennale del costruttore venditore, gravi difetti dell'immobile e termine di decadenza, in Danno e resp. 1998; Ponzanelli, Le clausole di esonero dalla responsabilità civile, Milano, 1984; Rubino, Appalto privato, Nss. D.I., I, 1, Torino, 1957; Savanna, La responsabilità dell'appaltatore, Torino, 2004; Ugas, Appalto e intuitus personae, in Codice dell'appalto privato, a cura di Luminoso, Milano, 2010 |