Codice Civile art. 1681 - Responsabilità del vettore.

Francesco Agnino

Responsabilità del vettore.

[I]. Salva la responsabilità per il ritardo e per l'inadempimento nell'esecuzione del trasporto [1218 ss.], il vettore risponde dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio e della perdita o dell'avaria delle cose che il viaggiatore porta con sé, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno [2050, 2951].

[II]. Sono nulle le clausole che limitano la responsabilità del vettore per i sinistri che colpiscono il viaggiatore [1229 2].

[III]. Le norme di questo articolo si osservano anche nei contratti di trasporto gratuito [414, 415 c. nav.].

Inquadramento

La norma si spiega considerando che il vettore ha l'obbligo di trasportare la persona ma anche quello di assicurarne l'incolumità e l'integrità dei bagagli. I principi da essa enunciati si estendono anche al trasporto di cortesia atteso che esso soddisfa, comunque, un interesse del vettore e che vengono anche in tal caso in rilievo beni di rango primario. La nullità della clausola di esonero della responsabilità, altresì, si giustifica in base alla natura indisponibile del diritto alla salute ed all'integrità fisica.

Presunzione di colpa

La presunzione di colpa stabilita dall'art. 1681 c.c. a carico del vettore per il sinistro che colpisca il passeggero durante il viaggio (comprese le operazioni accessorie, tra cui la salita o la discesa dal mezzo di trasporto) opera sul presupposto che sussista il nesso di causalità tra l'evento e l'esecuzione del trasporto ed è perciò superata se il giudice di merito accerta invece, anche indirettamente, che tale nesso non sussiste, come nel caso in cui il comportamento imprudente del viaggiatore costituisca la causa esclusiva del sinistro (Cass. n. 9593/2011).

In altri termini, in tema di trasporto di persone, la presunzione di responsabilità che l'art. 1681 c.c. e l'art. 409 cod. nav. pongono a carico del vettore per i danni al viaggiatore, opera quando sia provato il nesso causale tra il sinistro occorso al viaggiatore e l'attività del vettore in esecuzione del trasporto, restando viceversa esclusa quando è accertata la mancanza di una sua colpa, come quando il sinistro viene attribuito al fatto stesso del viaggiatore, dal quale il vettore ha ragione di pretendere un minimo di diligenza, prudenza e senso di responsabilità nella salvaguardia della propria incolumità (Cass. n. 3285/2006, nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda di danni, esperita dal viaggiatore nei confronti della compagnia aerea, a causa della totale perdita dell'udito ad un orecchio determinata da barotrauma durante la fase di atterraggio, in quanto il trasporto aereo si era svolto in modo del tutto regolare e senza anomalie, ed era rimasto accertato che il passeggero era stato precedentemente sottoposto ad intervento chirurgico all'apparato uditivo che lo predisponeva a risentire in maniera particolare degli effetti della variazione della pressione barometrica; egli si era pertanto volontariamente esposto all'evento malgrado i precedenti anamnestici a carico dell'apparato uditivo, che avrebbe dovuto prudentemente avvertire come locus minoris resistentiae).

Pertanto, il vettore, per superare la presunzione posta a suo carico dall'art. 1681, deve non solo provare che l'evento dannoso è dovuto al fatto del terzo, ma deve altresì provare di aver adottato tutte le precauzioni, per prevenire tale fatto del terzo. Pertanto il vettore, il quale effettui trasporti promiscui di persone e di valori, è responsabile ex art. 1681 per l'uccisione di un passeggero, avvenuta nel corso di una rapina compiuta durante il viaggio, qualora non provi di aver adottato tutte le misure necessarie per prevenire il fatto delittuoso del terzo (Cass. n. 11161/1997).

In tema di trasporto di persone su di un veicolo, in particolare su un di filobus o (come nel caso di specie) su di un tram, la nozione di viaggio include anche le soste effettuate dal veicolo stesso durante l'interruzione del movimento (soste necessarie per consentire la discesa o la salita dei passeggeri), sicché, nel caso di trasporto a pagamento, il conducente del tram o del filobus dovrà comunque adottare tutte le misure di cautela necessarie per la sicurezza e l'incolumità dei passeggeri che; nelle fermate a richiesta, discendano o salgano dagli appositi passaggi. Nei confronti del vettore risulta altresì applicabile la disciplina di cui all'art. 1681, che lo onera della prova di. avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, così vincendo la presunzione di responsabilità a suo carico sancita dalla norma predetta (Cass. n. 2496/2004).

In tema di trasporto di persone, la presunzione di responsabilità che la disposizione dell'art. 1681 pone a carico del vettore per i danni riportati dal trasportato, è esclusa dalla prova che il vettore ha adempiuto all'obbligo di adottare tutte le misure idonee ad evitare il danno. Tale prova, peraltro, può anche indirettamente derivare dalla rigorosa prova della esclusiva responsabilità del fatto del terzo (Cass. n. 12694/2008).

Conseguentemente, la circostanza che un viaggiatore abbia riportato danni alla persona scendendo da un treno in movimento è di per sé idonea a vincere la presunzione di responsabilità posta a carico del gestore del servizio ferroviario per i danni ai passeggeri prevista dall'art. 13 r.d.l. n. 1948/1934, atteso che tale tipo di condotta viola direttamente la norma di cui all'art. 25 d.P.R. n. 753/1980, la quale vieta di «aprire le poste esterne dei veicoli e di salire o discendere dagli stessi quando non sono completamente fermi» (Cass. n. 9409/2011).

Quanto invece ai danni non patrimoniali, i giudici di legittimità hanno osservato che l'acquirente di biglietto aereo che chieda la condanna dell'agente di viaggi al risarcimento del danno non patrimoniale da «vacanza rovinata» ha l'onere di allegare gli elementi di fatto dai quali possa desumersi l'esistenza e l'entità del pregiudizio, in base alla disciplina codicistica del risarcimento del danno da inadempimento contrattuale (Cass. n. 12143/2016).

Nel contratto di trasporto di persone, il viaggiatore che abbia subito danni «a causa» del trasporto (quando cioè il sinistro è posto in diretta, e non occasionale, derivazione causale rispetto all'attività di trasporto), ha l'onere di provare il nesso eziologico esistente tra l'evento dannoso ed il trasporto medesimo (dovendo considerarsi verificatisi «durante il viaggio» anche i sinistri occorsi durante le operazioni preparatorie o accessorie, in genere del trasporto e durante le fermate), essendo egli tenuto ad indicare la causa specifica di verificazione dell'evento; incombe, invece, al vettore, al fine di liberarsi della presunzione di responsabilità a suo carico gravante ex art. 1681 c.c., l'onere di provare che l'evento dannoso costituisce fatto imprevedibile e non evitabile con la normale diligenza (Cass. n. 9811/2018).

Secondo la giurisprudenza consolidata di legittimità nel contratto di trasporto di persone, il viaggiatore che abbia subito danni a causa» del trasporto (quando cioè il sinistro è posto in diretta, e non occasionale, derivazione causale rispetto all'attività di trasporto), ha l'onere di provare il nesso eziologico esistente tra l'evento dannoso ed il trasporto medesimo (dovendo considerarsi verificatisi «durante il viaggio» anche i sinistri occorsi durante le operazioni preparatorie o accessorie, in genere del trasporto e durante le fermate), essendo egli tenuto ad indicare la causa specifica di verificazione dell'evento; incombe, invece, al vettore, al fine di liberarsi della presunzione di responsabilità a suo carico gravante ex art. 1681 c.c., l'onere di provare che l'evento dannoso costituisce fatto imprevedibile e non evitabile con la normale diligenza (Cass. n. 16893/2010; Cass. n. 249/2017). Invero, la Corte di Cassazione esclude il nesso di causalità, tra l'evento e l'esecuzione del trasporto, quando il giudice di merito accerta, anche indirettamente, che tale nesso non sussiste, come nel caso in cui il comportamento imprudente del viaggiatore costituisca la causa esclusiva del sinistro (Cass. n. 9593/2011).

La responsabilità dell'amministrazione ferroviaria per danno alla persona del viaggiatore risulta essere stata modificata nel corso degli anni.

L'originaria previsione contenuta nel r.d.l. n. 1948/1934 (art. 11, p. 4), riportata nel decreto interministeriale 13 dicembre 1956 (art. 13) è stata sostituita dalla novella all'art. 13, p. 4, del suddetto decreto interministeriale, apportata dalla l. n. 754/1977 (art. 13).

La norma originaria così stabiliva: «Responsabilità per danno alle persone. — Se il viaggiatore subisce un danno nella persona in conseguenza di anormalità verificatasi nell'esercizio ferroviario, l'amministrazione ne risponde, a meno che provi che l'anormalità è avvenuta per caso fortuito o forza maggiore».

La norma veniva modificata con la l. n. 154/1977 in questo senso: «Responsabilità per danno alle persone. Se il viaggiatore, durante la permanenza sui veicoli ferroviari ovvero al momento in cui vi sale o ne discende, subisce un danno alla persona in conseguenza di un incidente che sia in relazione con l'esercizio ferroviario, l'amministrazione ne risponde a meno che provi essere l'incidente avvenuto per causa ad essa non imputabile».

Applicando le diverse norme ratione temporis, la Cassazione ha affermato che ai sensi dell'art. 11, r.d.l. n. 1948/1934, la responsabilità dell'amministrazione ferroviaria per danno alla persona del viaggiatore sussiste quando tale danno sia stato determinato, sotto il profilo eziologico da una «anormalità del servizio», ossia da un fatto che ricollegabile a cause varie, costituisca nella sua obiettività una deviazione rispetto all'ordinato e regolare svolgimento del servizio stesso. Pertanto, mentre in eccezione alle regole sulla responsabilità contrattuale, grava sul viaggiatore la prova della anormalità del servizio, che dà origine ad una presunzione di responsabilità a carico dell'amministrazione, ricade, poi, su quest'ultima la dimostrazione liberatoria che il sinistro è avvenuto per caso fortuito o forza maggiore o per comportamento del sinistrato o di un terzo (Cass. n. 2487/1996; Cass. n. 2321/2007).

Invece, secondo la riforma del 1977, il viaggiatore non deve più provare l'anormalità del servizio, ma solo il nesso eziologico tra il servizio ferroviario ed il danno subito, dal quale fatto discende una presunzione di colpa a carico dell'amministrazione ferroviaria, salvo che questa provi che l'incidente è avvenuto per causa non ad essa imputabile (Cass. n. 22337/2007; Cass. n. 9316/1994; Cass. n. 3303/1989).

Nel contratto di trasporto di persone, il viaggiatore danneggiato ha l'onere di provare, oltre all'esistenza e all'entità del danno, il nesso esistente fra il trasporto e l'evento dannoso, mentre incombe al vettore, al fine di liberarsi della presunzione di responsabilità posta a suo carico dall'art. 1681 c.c., comma 1, la prova che l'evento dannoso era imprevedibile e non evitabile usando l'ordinaria diligenza, ferma restando la possibilità che l'eventuale condotta colposa del danneggiato assuma rilievo ai sensi della previsione dell'art. 1227 c.c. (Cass. n. 249/2017; Cass. n. 11194/2003).

Inoltre, la giurisprudenza, fornendo un'interpretazione estensiva del precetto di cui all'art. 1681 c.c., afferma che il momento iniziale di quella speciale responsabilità del vettore non si identifica con quello della partenza e la responsabilità stessa non è limitata all'effettiva durata del movimento del mezzo di locomozione; sicché, si devono considerare come avvenuti durante il viaggio anche i sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore (e la perdita o l'avaria delle cose che questi porta con sé) verificatisi durante le operazioni preparatorie o accessorie, in genere del trasporto o durante le fermate (Cass. n. 1802/1973).

È in quest'ordine di idee che la giurisprudenza esige dal viaggiatore un minimo di prova costituita dall'esistenza di un nesso causale tra il sinistro occorsogli e l'attività del vettore nell'esecuzione del trasporto (prova non concernente, dunque, l'anormalità del servizio), spettando poi al vettore la prova liberatoria (in forza della presunzione di responsabilità sancita) di avere approntato i mezzi idonei a salvaguardare l'incolumità del passeggero con normale diligenza (Cass. n. 7423/1999; Cass. n. 2020/1994; Cass. n. 10680/1993). In altri termini, perché possa riscontrarsi la speciale responsabilità in argomento è pur sempre richiesto un collegamento tra evento dannoso e viaggio (pur nell'ampia eccezione del termine che sopra s'è vista e non limitata al mero spostamento da un luogo ad un altro). In questo senso, per operazioni accessorie o preparatorie al trasporto possono sicuramente intendersi (solo a titolo esemplificativo, spettando al giudice di merito la selezione dei casi sulla base dei principi qui posti) la salita o la discesa dal mezzo, il carico dei bagagli l'obliterazione del titolo di viaggio che avvenga sul veicolo, l'apertura e la chiusura delle porte o dei finestrini, lo spostamento all'interno del mezzo, la sistemazione ai posti, ecc. Pur dovendosi ricordare che la prova liberatoria incombente sul vettore in ordine all'approntamento di mezzi idonei a salvaguardare l'incolumità del passeggero con normale diligenza non può escludere un ragionevole affidamento anche su un minimo di prudenza e di senso di responsabilità da parte di quest'ufficio (Cass. n. 2020/1994).

Tant'è che il menzionato nesso viene interrotto allorché il comportamento imprudente del viaggiatore costituisca la causa esclusiva del sinistro (Cass. n. 13635/2001).

Si è precisato che  in materia di trasporto, in caso di sinistro stradale, che danneggia la persona del viaggiatore, l'art. 1681 c.c., pone una presunzione di responsabilità a carico del vettore, nel caso in cui sia provato il nesso causale tra il sinistro occorso al viaggiatore e l'attività del vettore nell'esecuzione del trasporto. A tali fini non è richiesto che il passeggero indichi la precisa causa del servizio che ha determinato il sinistro, ma deve provare che l'evento lesivo è stato determinato per fatto e colpa del vettore e quindi a causa della sua attività di trasporto. Il danneggiato deve pertanto dimostrare il nesso di causa, incombendo sul vettore la dimostrazione della causa a lui non imputabile (Cass. n. 7151/2023).

Nella giurisprudenza di merito si è specificato che  relativamente ai sinistri occorsi al viaggiatore durante il trasporto, la presunzione di responsabilità a carico del vettore sancita dall' art. 1681 c.c. , opera laddove risulti provato il nesso causale tra il sinistro e l'attività del vettore. Viceversa, tale norma non è applicabile laddove il sinistro sia stato provocato dal comportamento imprudente del viaggiatore stesso. Nel caso di un viaggio in aliscafo, attese le velocità che raggiunge tale mezzo di trasporto e, considerando che l'impatto con le onde alte non rappresenta un'anomalia, il viaggiatore è tenuto a rimanere seduto sulla poltrona lungo tutta la durata tragitto. Nell'ipotesi in cui il trasportato tenga un comportamento negligente, l'intera responsabilità dell'evento lesivo grava su di lui (App. Napoli, 3 ottobre 2023, n. 4152).

Trasporto di cortesia e trasposto gratuito

Al trasporto amichevole o di cortesia, che, a differenza del trasporto gratuito il quale corrisponde ad un interesse essenzialmente economico del vettore, è privo dell'elemento negoziale, atteso che il trasporto viene offerto e concesso per amicizia, condiscendenza, mero spirito di liberalità ovvero per altro nobile sentimento, non è applicabile la presunzione di responsabilità di cui, all'art. 1681 — che dall'ultimo comma del citato articolo è invece estesa al trasporto gratuito — poiché manca un obbligo contrattuale, con la conseguenza che la responsabilità di colui che effettua il trasporto è di natura extracontrattuale ed è regolata quindi dall'art. 2043 c.c., anche con riferimento all'onere della prova in ordine alla responsabilità del vettore (Cass. n. 1700/1990, nell'affermare il suddetto principio la Suprema Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito i quali avevano affermato ricorrere l'ipotesi del trasporto «amichevole o di cortesia» in una fattispecie in cui il conducente di un'auto aveva chiesto a due persone di accompagnarlo al fine di non percorrere, da solo e di notte, una strada poco sicura).

Nel trasporto gratuito — che, a differenza del trasporto di cortesia, si traduce in un rapporto contrattuale — è presente in chi lo esegue un interesse, sia pure mediato, ma giuridicamente rilevante, all'adempimento della prestazione di vettore: tale interesse può concretarsi anche nel godimento dell'altrui compagnia sempre che sia presente ed accertato l'elemento che in concreto abbia reso il godimento della compagnia condizionante l'assunzione dell'obbligo di trasportare (Cass. n. 3223/1989).

In altri termini, la distinzione tra trasporto gratuito e quello amichevole o di cortesia, si fonda sulla presenza o meno di un interesse economicamente valutabile e giuridicamente rilevante. Un tale interesse non si identifica con quello allo svolgimento di una attività filantropica (Cass. n. 732/1970).

Il soggetto trasportato può agire per il risarcimento dei danni sia contro il vettore che contro l'altro conducente; nei confronti di quest'ultimo, il titolo di responsabilità non può che essere extracontrattuale, mentre nei confronti del vettore il titolo può essere anche di natura contrattuale, ove un contratto vi sia o sussista, comunque, un interesse economico del vettore; tant'è che la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che in caso di trasporto amichevole o di cortesia, diversamente dall'ipotesi del trasporto gratuito, non è applicabile la presunzione di cui all'art. 1681 c.c., proprio perché manca un titolo contrattuale (Cass. n. 4205/2017; Cass. n. 1700/1990; Cass. n. 21389/2009).

In realtà, sia avvalendosi dei criteri della responsabilità da contratto che di quelli da fatto illecito, in entrambi i casi si tratta di utilizzare una presunzione, che è pressoché identica nelle due fattispecie, nonostante le lievi differenze lessicali tra l'art. 1681, comma 1 c.c. (secondo cui il vettore è responsabile se non prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno) e l'art. 2054, comma 1 c.c. (secondo cui il conducente è obbligato a risarcire il danno se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno).

Si è così affermato che nel trasporto non gratuito ma accordato per cortesia o amicizia, il titolo della responsabilità di colui che effettua il trasporto è di natura extracontrattuale e, quindi, è regolata interamente dall'art. 2043 c.c. (Cass. n. 21389/2009).

Bibliografia

Flamini, Osservazioni critiche sul concorso tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del vettore, in Dir. trasporti, 2002, 813 e ss.; Geri, La responsabilità tra vettore e spedizioniere, in Riv. giur. circ. e trasp. 1984, 625; Grigoli, Sui limiti della prestazione dello spedizioniere, in Giust. civ. 1986, I, 2107; La Torre, La definizione del contratto di trasporto, Napoli, 2000; Paolucci, Il trasporto di persone, Torino, 1999; Vaccà, Diligenza e professionalità dello spedizioniere, in Resp. civ. e prev. 1986, 642.

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