Codice Civile art. 1692 - Responsabilità del vettore nei confronti del mittente.Responsabilità del vettore nei confronti del mittente. [I]. Il vettore che esegue la riconsegna al destinatario senza riscuotere i propri crediti o gli assegni da cui è gravata la cosa, o senza esigere il deposito della somma controversa [1689 2], è responsabile verso il mittente dell'importo degli assegni dovuti al medesimo e non può rivolgersi a quest'ultimo per il pagamento dei propri crediti, salva l'azione verso il destinatario [2951]. InquadramentoLa norma si giustifica in quanto il vettore agisce nelle vesti di mandatario del mittente. Clausola di assegnoQualora il contratto di trasporto di cose sia accompagnato dalla cd. clausola di assegno, per la quale incaricato di riscuotere il prezzo della merce è il vettore, detta clausola non ha rilevanza autonoma ma inerisce al contratto medesimo, con la conseguenza che, ove il mittente abbia prescritto l'accettazione di un determinato tipo di assegno, il vettore che non abbia ottemperato a siffatta istruzione — costituente un'obbligazione accessoria — è responsabile, nei confronti del mittente, della mancata riscossione dell'assegno, a norma dell'art. 1692 (Cass. n. 12125/2003). Responsabilità del vettoreIl vettore, che consegna la merce senza attenersi alle istruzioni ricevute quanto alla riscossione degli assegni di cui essa è gravata, tiene un comportamento che impedisce o ritarda l'attuazione di un credito pecuniario del mittente e risponde verso di lui dell'importo di tali assegni; l'azione esercitata dal mittente nei confronti del vettore per ottenere il pagamento degli assegni è un'azione di condanna all'adempimento di un'obbligazione pecuniaria e le conseguenze di tale inadempimento sono regolate dall'art. 1224, a norma del quale la somma dovuta è aumentata di interessi legali dal giorno della mora, mentre al creditore che ne faccia domanda spetta di allegare e provare il concreto maggior danno subito, con conseguente onere del giudice di motivare in ordine all'accertamento e all'entità del danno riconosciuto (Cass. n. 9294/2002). Quando il vettore o lo spedizioniere consegna la merce al destinatario senza uniformarsi alle istruzioni ricevute relativamente alla riscossione del prezzo, a norma dell'art. 1692 c.c. non costituisce onere del mittente che agisce contro il vettore o lo spedizioniere provare di non aver ricevuto il pagamento, essendogli sufficiente provare l'esistenza del mandato ed il suo inadempimento, senza che la suddetta norma possa essere perciò sospettata di illegittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., giacché il vettore o lo spedizioniere convenuti in giudizio dal mittente possono sempre provare che il destinatario ha tuttavia pagato al mittente, ovvero, eventualmente, chiamare il destinatario in giudizio chiedendo l'accertamento sul fatto che egli abbia o meno pagato e proponendo, per il caso di accertamento negativo, condanna dello stesso in proprio favore, come consentito dallo stesso art. 1692 (Cass. n. 7195/2000). Il contratto di trasporto di cose, quando il destinatario è persona diversa dal mittente, si configura come contratto tra mittente e vettore a favore del terzo destinatario, in cui i diritti e gli obblighi del destinatario verso il vettore nascono con la consegna delle cose a destinazione o con la richiesta di consegna, che integra la «dichiarazione di volerne profittare», ai sensi dell'art. 1411 c.c., e segna il momento in cui il destinatario fa propri gli effetti del contratto, da tale momento potendosi il vettore rivolgere solo a lui per il soddisfacimento del credito di rimborso e corrispettivo (Cass. n. 11744/2018). Nella giurisprudenza di legittimità relativa agli artt. 1689 e 1692 c.c. è da lungo tempo chiaro che il contratto di trasporto di cose, quando il destinatario è persona diversa dal mittente, è un contratto tra mittente e vettore, parti in senso tecnico del contratto, a favore del terzo destinatario. Ma, a differenza del contratto a favore di terzo — nel quale i diritti del terzo nascono, ex art. 1411 c.c., quando questi, a partire dal momento della stipulazione del contratto, dichiara di volerne profittare — nel caso di contratto tra mittente e vettore a favore del destinatario, i diritti e gli obblighi del destinatario verso il vettore nascono con la consegna delle cose a destinazione o con la richiesta di consegna, scaduto il termine in cui le cose sarebbero dovute arrivare (art. 1689, c.c.). Sino a quel momento, il contratto è efficace nei confronti del mittente/stipulante e a questo fanno capo i diritti nei confronti del vettore/promittente. Dopo quel momento sorgono diritti e doveri reciproci tra vettore e destinatario (art. 1689, comma 2 c.c.). Il vettore può esigere i crediti dal destinatario al momento della riconsegna e, in primo luogo, e per quello che rileva nella specie, i crediti per il rimborso delle spese e il pagamento del corrispettivo del trasporto. Se il vettore esegue la consegna senza pretendere dal destinatario il pagamento di quanto dovuto per il trasporto, incorre nella perdita dell'azione verso il mittente, salva l'azione verso il destinatario (art. 1692 c.c.). La disciplina positiva, quindi, fissa nel tempo e tipizza la dichiarazione di volerne profittare; da parte del terzo; la costruisce, in ragione del tipo di contratto (di trasporto) che regola, mediante l'individuazione della consegna (o richiesta di consegna) quale dichiarazione del terzo di volerne profittare, realizzandosi con la stessa la funzione tipica del contratto di trasporto. Fa coincidere, quindi, la dichiarazione di interesse proprio con il momento in cui il destinatario, ricevendo la riconsegna delle cose, fa propri definitivamente gli effetti del contratto. La circostanza che, sovente, nei contratti di trasporto di cose, si preveda una clausola, c.d. di porto assegnato o assegno del porto, in forza della quale il mittente rimette il pagamento del trasporto, trasferendo il relativo debito, al destinatario, il quale — secondo lo schema della delegazione di pagamento, art. 1269 c.c. — non è obbligato a pagare, ma è onerato se intende ricevere le cose trasportate, non autorizza a ritenere, come sembra prospettare la ricorrente, che in mancanza di regolazione pattizia è necessaria la dichiarazione del terzo/destinatario di volerne profittare ai sensi dell'art. 1411 c.c., affinché sorgano diritti e obblighi del destinatario, in mancanza della quale resterebbe obbligato lo stipulante/mittente. Una simile interpretazione contrasterebbe con la disciplina codicistica, che, invece, collega la nascita degli obblighi (e dei diritti) del terzo/destinatario al momento in cui questi (con l'accettazione della riconsegna dei beni o con la richiesta) fa propri gli effetti del contratto stipulato dal mittente a suo favore (art. 1689 c.c.), e ne fa conseguire la liberazione contestuale del mittente, potendosi il vettore rivolgere solo al destinatario per il soddisfacimento del proprio credito (art. 1692 c.c.). In tema di contratto di trasporto di merci, il vettore che, obbligatosi ad eseguire il trasporto delle cose dal luogo di consegna a quello di destinazione in contratto, si avvale dell'opera di altro vettore, con il quale conclude in nome e per conto proprio, risponde della regolarità dell'intero trasporto nei confronti del caricatore e del mittente, restando obbligato anche per il ritardo, la perdita o l'avaria imputabili al subvettore; poiché, peraltro, nell'ambito dello stipulato contratto di subtrasporto, egli assume la qualità di submittente in caso di perdita delle cose, egli può far valere la responsabilità risarcitoria del subvettore indipendentemente dal fatto che il mittente abbia esperito o meno azione di danni nei suoi confronti (Cass. n. 13374/2018; Cass., n. 19050/2003). La nozione di garanzia propria ed impropria è stata fissata da tempo nella giurisprudenza di questa Corte, la quale ha individuato nella prima una correlazione fra i due rapporti caratterizzati dall'identità del titolo, o, quanto meno, da una connessione intrinseca ed obiettiva che li rende interdipendenti e nella seconda una correlazione estrinseca ed eventuale. Più precisamente si ha garanzia propria quando domanda principale e domanda di garanzia abbiano in comune lo stesso titolo o quando si verifichi una connessione obiettiva tra i titoli delle due domande ovvero quando sia unico il fatto generatore della responsabilità prospettata con l'azione principale e con quella di garanzia; si ha garanzia impropria quando il convenuto tenda a riversare le conseguenze del proprio inadempimento su un terzo in base ad un titolo diverso da quello dedotto con la domanda principale ovvero in base ad un titolo connesso al rapporto principale solo in via occasionale o di fatto (ex plurimis Cass. n. 5478/1998; Cass. n. 979/1992). Non è ravvisabile garanzia propria bensì impropria quando, come nella specie, il vettore sia chiamato a rispondere dei danni da perdita o avaria delle cose trasportate in base al contratto di trasporto ed esso chieda al subvettore di rivalerlo in base al contratto di subtrasporto, trattandosi di rapporti diversi, tra i quali non esiste alcuna relazione che giustifichi la trattazione unitaria delle cause. Vale in proposito considerare che nel trasporto di merci concordato dal mittente con un unico vettore che si avvalga dell'opera di altro vettore, con il quale stipuli un contratto di subtrasporto (fattispecie diversa dall'art. 1700 c.c.), il primo vettore risponde della regolarità dell'intero trasporto nei confronti del caricatore e del mittente, restando obbligato anche per il ritardo, la perdita o l'avaria che siano imputabili al subvettore (Cass. n. 7217/1991); esso, peraltro, in qualità di submittente nell'ambito del contratto di subtrasporto può fare valere la responsabilità del subvettore indipendentemente dal fatto che il mittente abbia esperito azione di danni nei suoi confronti (Cass. n. 4728/1992). BibliografiaFlamini, Osservazioni critiche sul concorso tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del vettore, in Dir. trasporti, 2002, 813 e ss.; Geri, La responsabilità tra vettore e spedizioniere, in Riv. giur. circ. e trasp. 1984, 625; Grigoli, Sui limiti della prestazione dello spedizioniere, in Giust. civ. 1986, I, 2107; La Torre, La definizione del contratto di trasporto, Napoli, 2000; Paolucci, Il trasporto di persone, Torino, 1999; Vaccà, Diligenza e professionalità dello spedizioniere, in Resp. civ. e prev. 1986, 642. |