Codice Civile art. 1743 - Diritto di esclusiva.Diritto di esclusiva. [I]. Il preponente non può valersi contemporaneamente di più agenti nella stessa zona e per lo stesso ramo di attività, né l'agente può assumere l'incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo gli affari di più imprese in concorrenza tra loro [1567 ss.]. InquadramentoL'esclusiva a favore del agente è volta a tutelarlo dalla possibile concorrenza di altri agenti; l'esclusiva a favore del preponente mira a garantire questi dalla possibile concorrenza di altre imprese. Violazione del diritto di esclusivaNell'ambito del contratto di agenzia, ai fini della violazione del divieto di cui all'art. 1743 c.c. non è richiesto che il comportamento dell'agente si iscriva nell'ambito di un rapporto di stabile collaborazione con altra impresa né che lo stesso abbia necessariamente determinato la conclusione di uno o più contratti tra un cliente anche solo potenzialmente del suo proponente e un'impresa concorrente di quest'ultimo, essendo invece sufficiente un'attività dell'agente medesimo idonea a determinare un dirottamente della clientela del suo preponente presso imprese concorrenti, con possibile alterazione a favore di queste ultime, in una stessa zona e in uno stesso ramo di affari, delle originarie condizioni della domanda di prodotti (Cass. n. 5920/2002: nella specie in applicazione del riferito principio il S.C. ha confermato la pronuncia di merito che aveva ritenuto la violazione del divieto in questione da parte dell'agente che aveva pubblicizzato presso clienti del proprio preponente, beni prodotti da un concorrente). L'agente, la cui esclusiva sia stata lesa dalla captazione dei clienti compiuta da agenti incaricati per una diversa zona dal medesimo preponente, ha il diritto al risarcimento dei danni contrattuali nei confronti di quest'ultimo ed extracontrattuali nei confronti degli agenti concorrenti, che si prescrive nei rispettivi termini ordinari, decennale e quinquennale, con decorrenza dai singoli contratti conclusi in violazione dell'esclusiva (Cass. n. 26062/2013). Sicché il preponente, che, sottraendo una serie di affari all'agente con la conclusione di contratti di agenzia con altri soggetti per la medesima zona, ne leda il diritto di esclusiva, è tenuto al risarcimento del danno contrattuale. Il relativo diritto dell'agente è soggetto alla prescrizione ordinaria decennale, la quale (come quella quinquennale in ipotesi di illecito permanente di carattere aquiliano) decorre da quando si è esaurita la fattispecie illecita permanente, comprensiva della persistenza dell'altro rapporto di agenzia (instaurato in violazione dell'esclusiva) e del danno che ne deriva, onde la pretesa risarcitoria può riferirsi solo al danno prodottosi nel decennio precedente (Cass. n. 5591/2013). Ciò posto, deve escludersi la configurabilità di un illecito permanente, dovendosi invece fare riferimento alla conclusione, volta per volta, di ciascun contratto stipulato in violazione dell'esclusiva. Inoltre nel caso in cui la violazione si sostanzia nell'apertura di un'altra agenzia da parte del preponente. «Il preponente, che, sottraendo una serie di affari all'agente con la conclusione di contratti di agenzia con altri soggetti per la medesima zona, ne leda il diritto di esclusiva, è tenuto al risarcimento del danno contrattuale. Il relativo diritto dell'agente è soggetto alla prescrizione ordinaria decennale, la quale (come quella quinquennale in ipotesi di illecito permanente di carattere aquiliano) decorre da quando si è esaurita la fattispecie illecita permanente, comprensiva della persistenza dell'altro rapporto di agenzia (instaurato in violazione dell'esclusiva) e del danno che ne deriva, onde la pretesa risarcitoria può riferirsi solo al danno prodottosi nel decennio precedente (Cass. n. 5591/1993)». Qualora il preponente abbia violato il patto di esclusività previsto dal contratto di agenzia, spettano all'agente a titolo di risarcimento del danno soltanto gli importi per le provvigioni non percepite, restando esclusi sia il diritto al risarcimento per perdita di chance sia la possibilità di incidenza delle mancate provvigioni nel calcolo delle spettanze di fine rapporto (Cass. n. 533/2013, nel caso esaminato un agente assicurativo agiva in giudizio nei confronti della Compagnia assicuratrice preponente, lamentando la violazione da parte di quest'ultima del patto di esclusività di zona inserito nel contratto di agenzia. Respinto il ricorso in primo grado, proponeva appello il ricorrente e la Corte d'Appello accoglieva parzialmente l'appello accertando la violazione del diritto di esclusività, con ingerenza di altri agenti nelle zone riservate al ricorrente; disponeva la prosecuzione del giudizio per la quantificazione delle spettanze risarcitorie, ammettendo c.t.u. contabile. All'esito la Corte territoriale riconosceva unicamente il diritto a percepire le somme a titolo di provvigioni non riconosciute in ragione dei contratti conclusi in violazione dei limiti territoriali; negando il diritto all'incidenza delle mancate provvigioni sul calcolo delle spettanze di fine rapporto e negando il diritto al risarcimento del danno per perdita di chance, evidenziando quest'ultima come domanda nuova proposta solo in grado di appello e dunque inammissibile, secondo la Corte di legittimità la violazione del diritto di esclusiva da parte del preponente comporta l'obbligo di risarcire il danno subito dall'agente. Danno individuabile nelle somme corrispondenti alle provvigioni non percepite, che sarebbero spettate in relazione ai contratti conclusi in violazione del diritto di esclusività. I giudici di legittimità evidenziano inoltre che tali somme debbono limitarsi al periodo temporale non travolto da prescrizione; come già individuato dalla Corte d'Appello, le spettanze calcolate vengono limitate al periodo contabile dell'ultimo decennio del rapporto, anziché dell'intera durata dello stesso, in quanto operante la prescrizione decennale). L'agente che, al fine di ottenere il pagamento delle relative provvigioni, deduca la conclusione di affari diretti da parte del preponente, in violazione del patto di esclusiva, nella zona a lui riservata, ha l'onere di provare l'avvenuta conclusione di tali affari, e non può supplire al mancato assolvimento dello stesso mediante richiesta di esibizione della contabilità aziendale del preponente relativa agli anni nei quali assume essersi verificata la violazione del patto, potendo richiedere solo che siano esibiti atti e documenti specificamente individuati e individuabili. Caratteri del diritto di esclusivaSecondo la disciplina normativa del contratto di agenzia, il diritto di esclusiva previsto dall'art. 1743 è l'elemento non già essenziale ma naturale del contratto stesso ed è, quindi, derogabile per volontà delle parti, con l'ulteriore conseguenza che la deroga all'esclusiva in favore dell'agente comporta che a questo non spetta il diritto, sancito dall'art. 1748 c.c., alla provvigione per gli affari conclusi nella zona direttamente dal preponente. Peraltro, tale diritto alla provvigione per gli affari diretti in tanto è concepibile in quanto la zona sia riservata all'agente in esclusiva visto che l'art. 1748 mira a tutelare l'agente medesimo, nell'ambito della zona a lui riservata, da ogni invasione del preponente, che si traduca in una sottrazione di affari ed indebita appropriazione dei risultati della sua opera organizzatrice e promozionale. Da quanto precede per la Corte di Cassazione, nel contratto di agenzia il diritto di esclusiva a favore di entrambe le parti — o specularmene l'obbligo di non concorrenza per l'agente e l'obbligo di non concludere contratti direttamente o affidare ad altri agenti la promozione dei prodotti nella stessa zona per il preponente- previsto dall'art. 1743 è elemento non essenziale, ma naturale del contratto stesso (Cass. n. 14667/2004) e, pertanto la sua previsione espressa nelle clausole pattizie non può essere considerata vessatoria, in quanto mera riproduzione della disposizione legislativa (Cass. n. 6369/2001; Cass. n. 369/2000). Ad ogni buon conto, nel contratto di agenzia, la clausola di esclusiva, in difetto di diverse, specifiche, pattuizioni, ha un ambito di efficacia coincidente con l'oggetto del mandato, con la conseguenza che gli affari non ricompresi tra quelli che l'agente deve promuovere sono estranei anche al diritto di esclusiva contrattualmente previsto. In un caso di specie l'agente, cui era stato conferito l'incarico di promuovere le vendite solo nei confronti dei rivenditori, con esclusione dei privati, aveva richiesto le provvigioni relative ad affari conclusi direttamente dalla mandante con privati. Il diritto di esclusiva costituisce un elemento naturale, non già essenziale, del contratto di agenzia, sicché esso può essere validamente oggetto di deroga ad opera della volontà delle parti, deroga che può desumersi anche in via indiretta, purché in modo chiaro ed univoco dal regolamento pattizio del rapporto, ove in concreto incompatibile con il detto diritto (Cass. n. 6093/1991; Cass. n. 5652/1990); per altro verso, che dalla pattuizione con cui le parti abbiano stabilito che il preponente ha diritto di nominare più agenti nella stessa zona è consentito desumere anche l'esclusione della provvigione per l'agente per le vendite concluse dallo stesso proponente, pure nell'ipotesi in cui sia stato convenuto un regime di esclusiva limitato agli affari trattati dagli agenti con determinati clienti, nominativamente indicati (Cass. n. 6093/1991; Cass. n. 5652/1990). Più esattamente, in relazione a tal ultimo profilo, si reputa, che, a tenore dell'abrogato art. 1748 c.c., comma 2, la pattuizione dell'esclusiva costituiva l'imprescindibile presupposto del diritto alla percezione delle provvigioni cosiddette «indirette»; che l'inciso finale del comma 2 — «salvo che sia diversamente pattuito» — esprimeva la possibilità che, nonostante la pattuizione dell'esclusiva, le parti si accordassero nel senso che non fossero dovute le provvigioni «indirette» per gli affari direttamente conclusi dal preponente e destinati ad aver esecuzione nella zona riservata. Inoltre, va opportunamente specificato che la deroga all'esclusiva può desumersi anche dal comportamento delle parti successivo alla stipulazione del contratto (Cass. n. 9226/2014; Cass. n. 3198/1960). Su tale scorta è indubitabile che il riscontro della tacita — per facta concludentia — accettazione della revoca dell'esclusiva si risolve in una quaestio facti, per sua natura riservata al giudice del merito ed esposta a censura di legittimità solo in ipotesi di inadeguatezza, di incongruenza della motivazione. Pertanto, secondo la disciplina normativa del contratto di agenzia, il diritto di esclusiva previsto dall'art. 1743 c.c. è l'elemento non già essenziale ma naturale del contratto stesso ed è, quindi, derogabile per volontà delle parti, con l'ulteriore conseguenza che la deroga all'esclusiva in favore dell'agente comporta che a questo non spetta il diritto, sancito dall'art. 1748 c.c., alla provvigione per gli affari conclusi nella zona direttamente dal preponente. Peraltro, tale diritto alla provvigione per gli affari diretti in tanto è concepibile in quanto la zona sia riservata all'agente in esclusiva visto che l'art. 1748 c.c. mira a tutelare l'agente medesimo, nell'ambito della zona a lui riservata, da ogni invasione del preponente, che si traduca in una sottrazione di affari ed indebita appropriazione dei risultati della sua opera organizzatrice e promozionale. Sotto altro aspetto l'art. 1748 c.c. dichiara dovuta la provvigione anche sulle vendite indirette, in quanto presuppone che il contratto di agenzia sia retto dal regime di esclusiva (art. 1743 c.c.); per conseguenza, dato l'evidente collegamento fra le due norme, ove le parti abbiano convenuto che al preponente sia riservato il diritto, in deroga all'art. 1743 c.c., di nominare più agenti nella stessa zona, è ben lecito presumere, in linea di fatto, che si sia voluto anche escludere la provvigione per le vendite concluse dallo stesso preponente, e ciò in deroga all'altra norma di cui all'art. 1748 c.c. Nel contratto di agenzia, la clausola di esclusiva, in difetto di diverse, specifiche, pattuizioni, ha un ambito di efficacia coincidente con l'oggetto del mandato, con la conseguenza che gli affari non ricompresi tra quelli che l'agente deve promuovere sono estranei anche al diritto di esclusiva contrattualmente previsto. BibliografiaBaldi, Venezia, Il contratto di agenzia. La concessione di vendita. Il franchising, Milano, 2015; Bavetta, Mandato (negozio giuridico) (dir. priv.), in Enc. dir., XXV, Milano, 1975; Bile, Il mandato, la commissione, la spedizione, Roma, 1961; Campagna, La posizione del mandatario nel mandato ad acquistare beni mobili, in Riv. dir. civ., 1974, I, 7 ss.; Ferri, Manuale di diritto commerciale, Torino, 1976; Formiggini, Commissione, in Enc. dir., VII, Milano, 1960; Minervini, Commissione, in N.ss. Dig. it., III, Torino, 1967; Natoli, La rappresentanza, Milano, 1977; Pugliatti, Studi sulla rappresentanza, Milano, 1965; Romano, Vendita. Contratto estimatorio, Milano, 1961; Rotondi, Rotondi, L'agenzia nella giurisprudenza, Milano, 2004; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997; Saracini, Toffoletto, Il contratto di agenzia, artt. 1742-1753, Milano, 2014. |