Codice Civile art. 1751 bis - Patto di non concorrenza (1).Patto di non concorrenza (1). [I]. Il patto che limita la concorrenza da parte dell'agente dopo lo scioglimento del contratto deve farsi per iscritto. Esso deve riguardare la medesima zona, clientela e genere di beni o servizi per i quali era stato concluso il contratto di agenzia e la sua durata non può eccedere i due anni successivi all'estinzione del contratto. [II]. L'accettazione del patto di non concorrenza comporta, in occasione della cessazione del rapporto, la corresponsione all'agente commerciale di una indennità di natura non provvigionale. L'indennità va commisurata alla durata, non superiore a due anni dopo l'estinzione del contratto, alla natura del contratto di agenzia e all'indennità di fine rapporto. La determinazione della indennità in base ai parametri di cui al precedente periodo è affidata alla contrattazione tra le parti tenuto conto degli accordi economici nazionali di categoria. In difetto di accordo l'indennità è determinata dal giudice in via equitativa anche con riferimento: 1) alla media dei corrispettivi riscossi dall'agente in pendenza di contratto ed alla loro incidenza sul volume d'affari complessivo nello stesso periodo; 2) alle cause di cessazione del contratto di agenzia; 3) all'ampiezza della zona assegnata all'agente; 4) all'esistenza o meno del vincolo di esclusiva per un solo preponente (2). (1) Articolo inserito dall'art. 5 d.lg. 10 settembre 1991, n. 303. (2) Comma aggiunto dall'art. 23 l. 29 dicembre 2000, n. 422. Ma vedi il secondo comma dello stesso art. art. 23. InquadramentoLa norma è stata introdotta dal d.lgs. n. 303/1991 in attuazione della direttiva n. 86/653/CEE, e di seguito modificata dall'art. 23 della l. n. 422/2000 (legge comunitaria) che ha stabilito che la previsione del patto di non concorrenza comporti la corresponsione all'agente di una indennità di natura non provigionale. Anche prima della introduzione della norma era pacificamente ammesso che le parti del contratto di agenzia potessero prevedere un patto di non concorrenza per il periodo successivo allo scioglimento del rapporto, nell'ambito della rispettiva autonomia contrattuale. Il patto di non concorrenza deve rivestire la forma scritta ad substantiam e deve riguardare la medesima zona, clientela e genere di beni o servizi per i quali era stato concluso il contratto di agenzia e la sua durata non può eccedere i due anni successivi all'estinzione del contratto (Toffoletto, 130; Trioni, in Comm. S. B., 2006, 242). La stipula del patto è assai diffusa nella pratica per contenere gli effetti pregiudizievoli che al preponente possono derivare dal fatto che l'agente, alla cessazione del rapporto, intraprenda in proprio o per conto di altro preponente una attività imprenditoriale concorrenziale. La dottrina considera l'art. 1751-bis una disposizione mediana tra l'art. 2125 c.c. e l'art. 2596 c.c., anche se il suo contenuto sostanziale lo avvicina di più alla norma lavoristica (Trioni, in Comm. S. B., 2006, 242). Ad avviso della giurisprudenza il patto di non concorrenza stipulato tra agenti è valido solo nell'ambito della medesima zona e clientela, mentre deve ritenersi nullo per le parti eccedenti, con esclusione di ogni derogabilità da parte degli usi e dalla contrattazione collettiva attesa la natura indisponibile del disposto di cui all'art. 1751-bis, comma 1 (Cass. lav., n. 19586/2010; Cass. lav., n. 27839/2009). La S.C. ha ritenuto legittimo il patto di non concorrenza che non preveda un corrispettivo, ove sia stato stipulato prima dell'entrata in vigore della norma in esame e anche se il contratto di agenzia cui si riferisce sia cessato successivamente: in mancanza di una disciplina transitoria, infatti, la legge non dispone che per l'avvenire e non ha effetto retroattivo (Cass. lav., n. 12127/15). Anche nel vigore della nuova disciplina, la naturale onerosità del patto di non concorrenza non è inderogabile, in quanto non presidiata da una sanzione di nullità espressa e non diretta alla tutela di un interesse pubblico generale (Cass. lav., n. 13796/2017). Forma, contenuto, durata del patto di non concorrenza.Il patto di non concorrenza deve rivestire la forma scritta ad substantiam e deve riguardare la medesima zona, clientela e genere di beni o servizi per i quali era stato concluso il contratto di agenzia e la sua durata non può eccedere i due anni successivi all'estinzione del contratto (Toffoletto, 130; Trioni, in Comm. S. B., 2006, 242). Resta ferma la libertà delle parti di stipulazione del patto all'interno del regolamento contrattuale, nel qual caso tale patto dovrà essere specificamente approvato per iscritto ex art. 1341 c.c., o con apposito atto. Si tratta di una prescrizione finalizzata a tutelare in maniera più incisiva il contraente debole, ovvero l'agente, in ragione delle conseguenze del relativo atto negoziale che potranno prodursi nella sua sfera giuridica. La dottrina ritiene che la mancata indicazione degli elementi previsti dalla norma (zona, clientela e genere di beni o servizi) non inficia la validità del patto medesimo, potendosi determinare per relationem sulla base delle clausole che complessivamente regolano il rapporto di agenzia. La divergenza del patto dal modello legale che importi un ambito oggettivo più ampio, consentirà di applicare il meccanismo di nullità parziale ex art. 1419, comma 2, c.c., con conseguente validità del patto medesimo, ricondotto nei limiti prescritti dalla norma (Saracini, Toffoletto, in Comm. S. B., 2002, 544). La S.C., aderendo alla impostazione della dottrina, ha rimarcato che, in caso di patto di non concorrenza inserito in un contratto di agenzia, esso può ritenersi operante, ai sensi dell'art. 1751-bis, comma 1, soltanto per la medesima zona e clientela per la quale era stato concluso il contratto di agenzia, mentre deve essere ritenuto nullo per la parte eccedente considerato che, al fine di stabilire se a norma dell'art. 1419, comma 1, la nullità di una parte comporti la nullità dell'intero contratto, occorre avere riguardo alla volontà delle parti, per valutare se esse avrebbero o meno concluso l'accordo senza quella parte affetta da nullità (Cass. lav., n. 27839/2009). Anche la giurisprudenza di merito ha rimarcato che il patto di non concorrenza stipulato senza l'indicazione dei limiti territoriali previsti dall'art. 1751-bis deve intendersi circoscritto alla zona di competenza dell'agente nel corso del rapporto di agenzia (Trib. Milano 23 maggio 2003). Si è altresì ritenuto che il requisito di forma richiesto dalla norma in esame non può ritenersi soddisfatto dall'avere le parti fatto riferimento a un elenco di nominativi di clienti in quanto tale elenco non consente di ritenere specificata la zona (App. Torino 11 maggio 2000). La definizione della clientela è rimessa alla volontà delle parti, che possono prevedere che l'attività promozionale debba indirizzarsi nei confronti di un sottoinsieme specificamente individuato, secondo un criterio discriminante dei potenziali acquirenti che teoricamente potrebbero altrimenti corrispondere a qualunque abitante della zona, e che il termine clientela usato dalla norma si riferisce non alla sola clientela costituente il portafoglio dell'agente, ma a tutti coloro sui quali l'agente poteva operare nei limiti del contratto di agenzia (Pret. Torino 1° aprile 1996). IndennitàLa norma, prima delle modifiche introdotte nel 2000, non prevedeva che dovesse essere previsto un corrispettivo per il patto di non concorrenza, a differenza dell'art. 2125 c.c. Secondo l'attuale formulazione del secondo comma dell'art. 1751-bis, l'accettazione del patto di non concorrenza comporta, in occasione della cessazione del rapporto, la corresponsione all'agente commerciale di una indennità di natura non provvigionale. L'indennità va commisurata alla durata, non superiore a due anni dopo l'estinzione del contratto, alla natura del contratto di agenzia e all'indennità di fine rapporto. La determinazione della indennità, nel rispetto dei summenzionati parametri, è affidata alla contrattazione tra le parti tenuto conto degli accordi economici nazionali di categoria. La S.C. ha ritenuto legittimo il patto di non concorrenza che non preveda un corrispettivo, ove sia stato stipulato prima dell'entrata in vigore della norma in esame e anche se il contratto di agenzia cui si riferisce sia cessato successivamente: in mancanza di una disciplina transitoria, infatti, la legge non dispone che per l'avvenire e non ha effetto retroattivo (Cass. lav., n. 12127/2015). Anche nel vigore della nuova disciplina, la naturale onerosità del patto di non concorrenza non è ritenuta inderogabile, in quanto non presidiata da una sanzione di nullità espressa e non diretta alla tutela di un interesse pubblico generale. (Cass. lav., n. 13796/2017). Determinazione giudizialeIn difetto di accordo, ovvero quando al rapporto non sia applicabile un accordo economico nazionale, l'indennità è determinata dal giudice in via equitativa anche con riferimento: — alla media dei corrispettivi riscossi dall'agente in pendenza di contratto ed alla loro incidenza sul volume d'affari complessivo nello stesso periodo; — alle cause di cessazione del contratto di agenzia; — all'ampiezza della zona assegnata all'agente; — all'esistenza o meno del vincolo di esclusiva per un solo preponente. La dottrina ha evidenziato come i criteri cui deve attenersi il giudice sono diversi da quelli indicati ai contraenti (Trioni, in Comm. S. B., 2006, 250). Violazione del patto di non concorrenzaLa S.C. ha chiarito che l'azione ex art. 1751-bis si connota per avere natura contrattuale ad oggetto ampio, abbracciando, diversamente dall'azione per concorrenza sleale ex art. 2598, ogni attività concorrenziale anche astrattamente lecita. Pertanto, ove la violazione del patto di non concorrenza avvenga attraverso atti illeciti, l'azione contrattuale ex art. 1751-bis c.c. concorrerà con quella extracontrattuale ex art. 2598 c.c. (ovvero con quella generale di cui all'art. 2043 c.c.) senza alcuna alternatività, cosicché ai fini dell'accertamento della violazione del patto di non concorrenza, non è necessario acquisire la prova di un effettivo sviamento della clientela (Cass. lav., n. 17239/2016). BibliografiaBaldi, Venezia, Il contratto di agenzia. La concessione di vendita. Il franchising, Milano, 2015; Bavetta, Mandato (negozio giuridico) (dir. priv.), in Enc. dir., XXV, Milano, 1975; Bile, Il mandato, la commissione, la spedizione, Roma, 1961; Campagna, La posizione del mandatario nel mandato ad acquistare beni mobili, in Riv. dir. civ., 1974, I, 7 ss.; Ferri, Manuale di diritto commerciale, Torino, 1976; Formiggini, Commissione, in Enc. dir., VII, Milano, 1960; Minervini, Commissione, in N.ss. Dig. it., III, Torino, 1967; Natoli, La rappresentanza, Milano, 1977; Pugliatti, Studi sulla rappresentanza, Milano, 1965; Romano, Vendita. Contratto estimatorio, Milano, 1961; Rotondi, Rotondi, L'agenzia nella giurisprudenza, Milano, 2004; Santoro Passerelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997; Saracini, Toffoletto, Il contratto di agenzia, artt. 1742-1753, Milano, 2014. |