La definizione agevolata delle liti pendenti

21 Maggio 2019

Per la definizione agevolata delle liti pendenti può dirsi schiarita qualche ombra in ordine alla corretta applicazione della normativa contenuta nel D.L. n. 119/2018 convertito nella L. n. 136 del 17/12/2018 in attesa che arrivi il 31 maggio 2019 termine ultimo entro cui dovranno essere formalizzate le domande di definizione agevolata delle liti pendenti potenzialmente definibili. Infatti, l'Agenzia delle Entrate–Settore Coordinamento Contenzioso e Riscossione il 1° aprile 2019 ha emanato la Circolare N°6/E in concomitanza della quale l'ufficio ha fatto chiarezza su alcuni aspetti poco chiari nell'applicazione della normativa di riferimento.
Premessa

Per la definizione agevolata delle liti pendenti può dirsi schiarita qualche ombra in ordine alla corretta applicazione della normativa contenuta nel D.L. n. 119 del 23/10/2018 convertito nella L. n. 136 del 17/12/2018 in attesa che arrivi il 31 maggio 2019 termine ultimo entro cui dovranno essere formalizzate le domande di definizione agevolata delle liti pendenti potenzialmente definibili. Infatti, l'Agenzia delle Entrate–Settore Coordinamento Contenzioso e Riscossione il 1° aprile 2019 ha emanato la Circolare N°6/E in concomitanza della quale l'ufficio ha fatto chiarezza su alcuni aspetti poco chiari nell'applicazione della normativa di riferimento. Rileva, in particolare, la normativa contenuta nell'art.6 della L.n°136/2018 in cui è fatta salva la possibilità per i contribuenti che hanno attivato un giudizio tributario con l'Agenzia delle Entrate, giudizio tributario pendente nei due gradi di giudizio relativi al merito o anche in sede di legittimità, di chiudere la vertenza fiscale previo pagamento di un importo ridotto in percentuale rispetto al valore della controversia determinata ex art. 12 comma 2 del D.lgs. n. 546/1992.

Tuttavia, penso di non sbagliare nel sostenere che i chiarimenti e le precisazioni espressi dall'Agenzia delle Entrate nella Circolare N°6/E confermano per gran parte gli orientamenti interpretativi già assunti in Dottrina subito dopo l'entrata in vigore del D.L. n. 119/2018 nonché della Legge di conversione n. 136/2018.

Atti impositivi definibili e definizione di lite pendente

La previsione normativa di cui all'art. 6, comma 1 con cui si apre il D.L. n. 119/2018 dispone testualmente:

“le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l'Agenzia delle Entrate aventi ad oggetto atti impositivi pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio possono essere definite a domanda del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia. Il valore della controversia è stabilito, ai sensi dell'art.12 comma 2 del D.lgs.n°546/1992”.

Non c'è dubbio che la previsione normativa di cui al comma 1 dell'art.6 sopra richiamata è quella che più rileva nel D.L. n. 119/2018 non solo perchè norma di apertura del Decreto, ma, poiché in essa il legislatore fissa, non senza una certa perentorietà, le condizioni imprescindibili a cui è subordinata la possibilità di definizione agevolata della lite tributaria da parte del contribuente/ricorrente o appellante.

E' fuori di dubbio che deve trattarsi necessariamente di controversie rientranti nella giurisdizione tributaria così come definita espressamente dall'art. 2, comma 1 del D.Lgs. n. 546/1992. Un articolo quest'ultimo, più volte novellato dal legislatore nel corso degli ultimi anni con il chiaro intento di ampliare sempre di più la sfera d'azione della giurisdizione tributaria. L'attuale versione dell'art.2, comma 1 del D.Lgs. n. 546/1992 annovera nella giurisdizione tributaria “tributi di ogni genere e specie comunque denominati”. Devono ritenersi esclusi soltanto le controversie riguardanti gli atti dell'esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e ove previsto, dell'avviso di cui all'art. 50 del d.P.R. n. n. 602/1973.

Secondo quanto espresso nella Circolare n°6/E del 01/04/2019 in commento sono potenzialmente definibili anche le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria erroneamente instaurate innanzi al Giudice ordinario o a quello amministrativo. Al contrario, non sono potenzialmente definibili tutte le liti aventi ad oggetto una materia diversa da quella tributaria ma erroneamente instaurate innanzi al Collegio tributario.

Quanto alla definizione concettuale di atti impositivi” riconducibili alle controversie tributarie potenzialmente definibili devono essere fatti rientrare ovviamente:

  • gli avvisi di accertamento;
  • i provvedimenti di irrogazione di sanzioni;
  • ogni altro atto di imposizione che rechi una pretesa tributaria quantificata e ben definita.

Tuttavia, qualche dubbio è sorto in ordine ai cosiddetti avvisi di liquidazione; per esempio, con riferimento agli avvisi di liquidazione e delle imposte di registro, delle imposte ipotecarie e catastali e dell'imposta di successione ritengo che trattandosi di atti che non presuppongono di norma operazioni di rettifica delle dichiarazioni dei contribuente non possono rientrare nel beneficio della definizione agevolata.

Diverso a mio avviso è la questione che riguarda gli avvisi di liquidazione emessi dall'ufficio ai sensi degli artt. 36-bis del d.P.R. n. 600/1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633/1973 attraverso i quali è fatta salva la possibilità per l'A.Fdi controllare non solo la tempestività dei versamenti effettuati dal contribuente ancora prima della presentazione ma anche la rettifica di alcuni dati indicati nella stessa dichiarazione. Stesso discorso vale per gli avvisi di liquidazione emessi ex art. 36-ter del d.P.R. n. 600/1973 nonché ex art. 54-bis del d.P.R. n. 633/1972.

Tuttavia, al di là della diversa tipologia di atti anche la Circolare N°6/E del 01/04/2019 ha confermato il principio generale secondo cui ai fini della definizione della controversia, rileva la natura sostanziale dell'atto impugnato prescindendo dalla denominazione formale ossia dal nomen juris dello stesso.

In altre parole, indipendentemente dalla denominazione formale dell'atto ciò che rileva è la natura accertativa intrinseca dell'atto notificato al contribuente.

Per quanto riguarda espressamente le cartelle di pagamento le stesse non possono essere fatte rientrare nel concetto di atti impositivi e pertanto non sono definibili ex D.L. n. 119/2018 allorquando sono state precedute da un avviso di accertamento quale atto presupposto o prodromico che ha legittimato l'iscrizione a ruolo da parte dell'ente creditore. Non è pertanto definibile la lite fiscale promossa con l'impugnazione della cartella di pagamento preceduta da un avviso di accertamento.

L'unica deroga a tale principio si può avere nel caso in cui la cartella di pagamento regolarmente preceduta da un avviso di accertamento è stata impugnata dal contribuente in sede giudiziale non solo per i cosiddetti vizi propri della cartella ma anche per la mancata notifica dell'avviso di accertamento o comunque, dell'atto impositivo, facendo salva in questo caso la possibilità per il contribuente-ricorrente di estendere i motivi di doglianza anche alla questione di merito riconducibile all'avvisi di accertamento, in applicazione di quanto previsto dall'art.19, comma 3 del D.Lgs. n. 546/1992. In questo caso, la questione posta al vaglio dei giudici tributari riguarderà anche e soprattutto il merito facendo salva la possibilità del contribuente-ricorrente di delegittimare l'iscrizione a ruolo con conseguente delegittimazione della stessa pretesa impositiva vantata dall'ente impositore.

Sempre con riferimento agli atti inerenti all'attività di riscossione possiamo a mio avviso ritenere definibili in via agevolata tutti i ruoli e le cartelle di pagamento non precedute da un avviso di accertamento quale atto prodromico e conseguentemente, portino per la prima volta il contribuente a conoscenza della pretesa tributaria.

Altra questione su cui rileva soffermarsi è a mio avviso la definizione di “lite pendente” quale condizione imprescindibile espressamente prevista dal richiamato comma 1 dell'art. 6 del D.L. n. 119/2018.

La configurabilità della litispendenza a cui fa espresso richiamo l'art.6 comma 1 del D.L. n°119/2018 quale conditio sine qua non è riconducibile a tutte quelle casistiche in cui alla data di entrata in vigore del D.L. (24/10/2018) risulta ex ante notificato almeno il ricorso introduttivo alla controparte e allorquando alla data di presentazione della domanda di definizione agevolata ossia entro il 31/05/2019 il giudizio di riferimento siaq di merito che di legittimità non risulta ancora definito con sentenza passata in giudicato.

È quanto prevede espressamente il comma 4 dell'art. 6 del D.L. n. 119/2008.

Pertanto, due sono le condizioni che devono necessariamente coesistere affinché possa configurarsi la litispendenza richiesta dal comma 1 dell'art. 6 del D.L. n. 119/2018:

a) la preventiva notifica del ricorso introduttivo ex ante rispetto alla data del 24/10/2018;

b) il mancato deposito di una sentenza passata in giudicato che ha già definito il grado di giudizio a cui la lite si riferisce.

La normativa di riferimento non richiede l'avvenuta costituzione in giudizio del contribuente-ricorrente previo deposito del fascicolo di parte in Commissione tributaria o innanzi alla Corte di Cassazione; è questa una circostanza che ove avvenuta alla data di entrata in vigore del D.L. legittima il contribuente istante ad usufruire di un beneficio maggiore in termini di riduzione del valore della controversia (beneficierà di una riduzione versando il 90% del valore della lite anziché il 100% al netto di sanzioni e interessi applicabile in caso di sola notifica del ricorso introduttivo). Per cui, comunque il legislatore ha previsto un diverso trattamento in termini di benefici riconducibili alla avvenuta o meno costituzione in giudizio del contribuente.

Come chiarito dalla stessa Agenzia delle entrate nella Circolare n°6/E devono essere considerati esclusi dalla definizione in esame tutti i rapporti per i quali alla data di entrata in vigore del D.L. n. 119/2018 nonchè alla data del 31 maggio 2019 entro cui presentare l'istanza di definizione agevolata risulti già perfezionata la mediazione tributaria ex art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992 ovvero la conciliazione giudiziale disciplinata dall'art. 48, 48-bis e 48-ter del D.Lgs. n. 546/1992. È questa una circostanza che pregiudica la litispendenza richiesta dalla norma trattandosi di controversie già definite in sede di mediazione o di conciliazione.

Ancora, rileva precisare che non sono parimenti definibili le cosiddette liti potenziali riconducibili a quelle situazioni in cui il ricorso introduttivo riferito al primo grado di giudizio non risulta notificato ex ante rispetto alla data del 24/10/2018 ( data entrata in vigore del D.L. n. 119/2018) pur non essendo in tal caso decorso il termine di sessanta giorni per impugnare l'atto impositivo innanzi al giudice tributario. Ne deriva che non è definibile quindi la lite potenziale ossia la litepotenzialmente attivabile dal contribuente ma non ancora attivata alla data del 24/10/2019.

Con riferimento a tale assunto rileva altresì sottolineare a mio avviso che per quanto la normativa contenuta nel D.L. n. 119/2018 più volte richiamato consideri sufficiente per configurare la litispendenza la sola notifica del ricorso introduttivo alla controparte (Agenzia delle Entrate) ex ante rispetto alla data del 24/10/2019 tuttavia, è solo con il deposito del fascicolo di parte presso la Commissione tributaria adita o la Corte di cassazione che viene formalizzata la costituzione in giudizio del ricorrente; e, pertanto, incardinato il giudizio tributario con un numero di r.g. di riferimento; è questo l'adempimento formale che permette di configurare a tutti gli effetti la litispendenza in sede giudiziale.

Devono infine ritenersi definibili le liti interessate da sentenze per le quali pendono i termini per la proposizione della revocazione ordinaria, ad esclusione delle liti per le quali è stata depositata sentenza della Corte di cassazione senza rinvio, che si considerano comunque definitive mentre deve escludersi in ogni caso la possibilità di definizione delle liti nelle quali siano state pronunciate sentenze impugnabili tramite la revocazione straordinaria, atteso che detta impugnazione non preclude il passaggio in giudicato delle sentenze.

Altresì non configura un caso di litispendenza neanche l'ipotesi in cui alla data del 24/10/2018 risulti formalmente proposta la revocazione straordinaria, poiché soltanto la pronuncia che accoglie la domanda di revocazione può fare venir meno la sentenza impugnata.

Gli effetti sospensivi della definizione agevolata sul giudizio pendente

La lite pendente avente ad oggetto alla legittimità o meno di un atto impositivo riconducibile all'Agenzia delle Entrate definibile previa presentazione di apposita istanza entro il 31 maggio 2019, non implica in automatico la sospensione della lite stessa lite innanzi al giudice tributario adito innanzi al quale pende.

È quanto dispone espressamente il comma 10 dell'art. 6 del D.L. n. 119/2018 dalla cui lettura si evince chiaramente la necessità di presentare un apposita istanza di sospensione al giudice tributario adito finalizzata a rendere edotto il giudicante che la parte ha intenzione di aderire alla definizione agevolata della lite pendente previa presentazione di apposita istanza entro il termine di legge (entro il 31/05/2019).

Anche con riferimento a questo assunto la Circolare dell'ufficio nulla aggiunge a quanto si era già convenuto in sede di interpretazione della norma.

In caso di presentazione da parte del contribuente-ricorrente dell'istanza di sospensione presso la CTP o la CTR adita il giudizio tributario viene sospeso fino alla data del 10/06/2019; termine ultimo entro il quale il contribuente- istante dovrà necessariamente presentare presso l'organo giurisdizionale innanzi al quale pende la lite copia della domanda di definizione agevolata evidentemente già deposita (entro il 31/05/2019) unitamente alla copia del versamento dell'importo dovuto o dell'importo versato con la prima rata nel caso in cui il contribuente abbia deciso di avvalersi della beneficio della dilazione in venti rate trimestrali di pari importo.

In tal caso, gli effetti della sospensione della controversia saranno prorogati fino al 31/12/2020 termine ultimo entro il quale in caso di mancata istanza di trattazione della controversia da parte del soggetto interessato la lite si considererà definitivamente estinta.

Tuttavia, potrebbe verificarsi anche un'altra ipotesi che la parte processuale pur avendo depositato istanza di sospensione presso l'organo giurisdizionale adito tuttavia non provvede a depositare alcuna documentazione entro il 10/06/2019 che attesti l'avvenuta definizione agevolata della lite perché magari nelle more del termine ha cambiato idea. In tal caso, gli effetti della sospensiva della lite tributaria cesseranno il 10/06/2019 provvedendo il segretario di sezione a rimettere la controversia a ruolo con successiva fissazione dell'udienza di trattazione. In altre parole, la lite sarà regolarmente definita previo deposito della sentenza da parte del Collegio tributario adito.

Possiamo dire che la richiesta di sospensione può risultare opportuna in relazione alle controversie pendenti in Cassazione, al fine di evitare che il deposito della pronuncia della Suprema Corte possa definire il giudizio, impedendo, ai sensi del comma 4 dell'art.6, la presentazione della domanda di definizione.

La sospensione dei termini di impugnazione

Altra importante previsione normativa è quella contenuta nel comma 11 dell'art. 6 del più volte richiamato D.L. n. 119/2018 in cui è fatta salva la possibilità di sospensione ope legis per un periodo di nove mesi dei termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, anche per la proposizione del controricorso in Cassazione; termini che scadono tra la data di entrata in vigore del Decreto, il 31/07/2019.

In altre parole, la previsione normativa sopra richiamata amplia la sfera d'azione del termine breve o lungo utile per impugnare il giudicato non escluse le pronunce di rinvio; l'unica condizione posta dalla norma è che il dies a quo da considerare per l'opposizione si venga a trovare nell'intervallo di tempo che va dal 24/10/2018 al 31/07/2019. Evidentemente sono da considerare esclusi dal beneficio della sospensione automatica tutti gli altri termini processuali compreso quello per la proposizione del ricorso introduttivo nonché quello perentorio previsto per la costituzione in giudizio previo deposito del fascicolo di parte innanzi all'organo giurisdizionale tributario adito.

Ai nove mesi di sospensione previsti dal comma 11 dell'art. 6 del D.L. n. 119/2018 comunque dovrà essere sommato il termine ordinario utile previsto dalla norma di riferimento.

La durata della sospensione pari a nove mesi rimane invariata anche nel caso in cui ad essa si sovrapponga il periodo di sospensione feriale pari a un anno. In altre parole, i trenta giorni che concretizzano il cosiddetto periodo feriale (dal 1° agosto al 30 agosto di ciascun anno solare) non si aggiungono ai nove mesi di sospensione bensì si ritengono assorbiti nell'intervallo temporale dei nove mesi di sospensione previsti ex lege.

Anche la Circolare n°6/E del 01/04/2019 in commento precisa, ove ci fossero dubbi di sorta che la sospensione dei nove mesi del termine per proporre le opposizioni opera unicamente per le controversie astrattamente riconducibili all'ambito dell'applicazione dell'art. 6 comma 1 del D.L. n. 119/2018.

In altre parole, la sospensiva opera per le sole controversie definibili per i quali sussistono le condizioni tassativamente richiesta dalla normativa di riferimento.

Pertanto, la sospensione non opera con riferimento alle liti non definibili, ossia per le liti che non presentano le condizioni previste dal comma 1 dell'art. 6 del più volte citato D.L. n. 119/2018 e per i quali è necessario rispettare i termini ordinari di impugnazione previsti dal D.Lgs. n. 546/1992.

Doppio binario: gli effetti immediati della definizione agevolata della lite tributaria nel processo penale

Un altro spunto di riflessione che alimenta non pochi dubbi è quello di capire se in sede di cosiddetto “doppio binario” la definizione agevolata delle liti tributarie pendenti previa applicazione delle disposizioni di cui al più volte richiamato D.L. n. 119/2018 possa avere riflessi nei procedimenti penali in cui si persegue la presunta violazione tributaria.

In merito la Circolare n. 6/E dell'Agenzia delle Entrate nulla dice.

Le varie definizioni degli atti o delle liti non prevedono generalmente effetti diretti o espliciti su eventuali procedimenti penali in corso per le vicende oggetto di sanatoria.

Pertanto, in linea di principio dobbiamo ritenere che la definizione della pretesa fiscale contenuta in un atto impositivo anche oggetto di contenzioso dovrebbe risultare del tutto irrilevante rispetto al procedimento penale incardinato per gli stessi fatti.

Tuttavia, l'art. 13 del D.Lgs. n. 74/2000 intitolato cause di non punibilitàprevede la non punibilità per i reati di omesso versamento dell'IVA e delle ritenute e di indebita compensazione se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado i debiti tributari comprese sanzioni e interessi siano stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito di speciali procedure conciliative e di adesione di accertamento previste dalle norme tributarie nonché del ravvedimento operoso.

L'art. 13-bis del ridetto D.Lgs. n. 74/2000 prevede per tutti i reati tributari (dichiarazioni fraudolente, infedeli) in caso di estinzione del debito tributario per adesione alla sanatoria, prevede fino alla metà dell'abbattimento del la pena e la non applicazione delle pene accessorie.

Diciamo che il diritto penale non prevede in generale gli istituti di pace fiscale, tuttavia, non possiamo escludere che l'adesione del contribuente ad uno di essi possa concretizzare una causa di non punibilità o in via residuale una riduzione della pena.

Pertanto, l'adesione alle disposizioni di cui al D.L. n. 119/2018 e quindi, la possibile definizione agevolata delle liti tributarie pendenti non mancherà di avere riflessi concreti anche in sede penale nonostante i limiti ancora attuali del cosiddetto “doppio binario”.

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