Le linee guida non vincolanti dell’ANAC n. 11 sono prive di portata lesiva e come tali non autonomamente impugnabili

20 Giugno 2019

Le linee guida ANAC n. 11, essendo “non vincolanti”, e non fissando dunque regole di carattere prescrittivo, si atteggiano soltanto quale strumento di “regolazione flessibile”, con funzione ricognitiva di princìpi di carattere generale e di ausilio interpretativo alle Amministrazioni cui sono rivolte. Sicché, le “linee guida non vincolanti”, assolvendo allo scopo  al pari delle circolari interpretative  di supportare l'Amministrazione e favorire comportamenti omogenei, non presentano una portata immediatamente lesiva per gli operatori economici privati e, pertanto, non sono immediatamente impugnabili.

Il caso. La controversia sottoposta all'esame del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha ad oggetto l'impugnazione da parte di un operatore economico delle linee guida ANAC n. 11.

Tali linee guida, non vincolanti, recano le indicazioni per la verifica del rispetto - da parte dei soggetti pubblici o privati titolari di concessioni di lavori, servizi pubblici o forniture (non affidate con la formula della finanza di progetto ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell'Unione europea), già in essere alla data di entrata in vigore del codice - del limite di cui all'articolo 177, comma 1, del codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016.

In base a tale ultima norma, i suddetti concessionari sono obbligati ad affidare mediante procedure ad evidenza pubblica una quota pari all'80% dei “contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo pari o superiore ad euro 150.000 e relativi alle concessioni”. Per la restante parte (ossia il 20%), i contratti, per i soggetti pubblici, possono essere eseguiti da società in house, e, per i soggetti privati, da società direttamente o indirettamente controllate o collegate, oppure tramite operatori individuati mediante procedure di evidenza pubblica, anche di “tipo semplificato”.

In particolare, nel ricorso introduttivo del giudizio si contestavano le linee guida n. 11 nella parte in cui specificano che l'obbligo per i concessionari di ricorrere a procedure ad evidenza pubblica ricomprende anche le prestazioni che essi attualmente eseguono direttamente, con impiego di mezzi propri e di maestranze alle loro dipendenze. Una stretta applicazione di tale indirizzo, infatti, ad avviso del ricorrente, sarebbe stata oltremodo pregiudizievole, determinando la necessità di dismettere parte del patrimonio e di licenziare un gran numero di dipendenti, senza garanzia alcuna per loro di essere assunti dai futuri affidatari delle prestazioni.

La soluzione. Nel risolvere il giudizio al suo esame, il Collegio, dichiarando inammissibile il ricorso, mostra di accogliere le difese dell'ANAC volte ad evidenziare come il processo amministrativo non costituisca una giurisdizione di diritto oggettivo, finalizzata a ristabilire una legalità che si assume violata, ma, al contrario, ha la funzione di dirimere una controversia fra un soggetto che si afferma leso in modo diretto e attuale da un provvedimento amministrativo e l'Amministrazione che lo ha emanato. Sicché, mancando un provvedimento attuativo delle linee guida impugnate, nessuna lesione delle posizioni giuridiche soggettive del ricorrente si potrebbe ipotizzare quale conseguenza delle stesse.

Ad avviso del TAR, l'art. 177 cit., nell'affidare ad ANAC l'individuazione delle “modalità” di “verifica del rispetto dei limiti di cui al comma 1”, ha voluto solamente demandare a tale Autorità l'incarico di specificare, con disposizioni di carattere pratico le basi per il calcolo delle percentuali, il momento cui fare riferimento per il rilievo dei parametri di calcolo e la cadenza delle verifiche, ed eventuali altri aspetti concernenti, in via diretta, solo le modalità di rilievo delle c.d. “situazioni di squilibrio”.

Il Legislatore, invece, nulla avrebbe disposto, nell'ambito dell'art. 177, in merito alla possibilità per ANAC di emanare direttive interpretative del comma 1 o riguardanti l'ammontare della sanzione.

L'ANAC, con le linee guida in parola, ha solamente inteso emanare un atto meramente interpretativo della norma primaria, così come le è consentito dall'art. 213, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016. Si tratta, in altri termini, di uno strumento che si colloca nell'ambito della c.d. regolazione flessibile, con funzione ricognitiva di princìpi di carattere generale e di ausilio interpretativo verso l'Amministrazione.

In definitiva, prosegue la sentenza, tali linee guida “non presentano una portata immediatamente lesiva, assolvendo allo scopo, al pari delle circolari interpretative, di supportare l'amministrazione e favorire comportamenti omogenei”.

Ma vi è di più.

Con riferimento alla parte II delle linee guida (che, questa volta, prevedendo alcuni obblighi specifici, si autoqualifica “vincolante”), il TAR sottolinea che anche in tal caso l'atto di regolazione dell'ANAC non presenta carattere immediatamente lesivo, necessitandosi di una successiva attività dell'Amministrazione. Sicché, l'interesse a ricorrere sorge solamente a partire dal momento in cui viene emanato l'atto formale con cui l'ente concedente contesta all'operatore economico l'esistenza di una “situazione di squilibrio”.

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