Deve essere dichiarata ogni circostanza in grado di influenzare il giudizio della stazione appaltante sull'affidabilità del concorrente

30 Ottobre 2019

Qualsiasi condotta contra legem, ove collegata all'esercizio dell'attività professionale, è di per sé potenzialmente idonea ad incidere sul processo decisionale rimesso alle Stazioni Appaltanti circa l'accreditamento dei concorrenti come operatori complessivamente affidabili. In questi termini, sussiste in capo alla Stazione Appaltante un potere di apprezzamento discrezionale in ordine alla sussistenza dei requisiti di “integrità o affidabilità” dei concorrenti: costoro, al fine di rendere possibile il corretto esercizio di tale potere, sono tenuti a dichiarare qualunque circostanza che possa ragionevolmente avere influenza sul processo valutativo demandato all'Amministrazione.

Il caso. Una società, aggiudicataria di una gara per l'affidamento di lavori, impugnava il provvedimento di revoca dell'aggiudicazione, disposta per assenza dei requisiti generali di partecipazione. La società non aveva infatti informato la stazione appaltante che, a seguito dell'aggiudicazione, era intervenuta nei confronti di un socio munito del potere di rappresentanza una sentenza di condanna per il reato di turbata libertà di incanti di cui all'art. 353 c.p.

In base a quanto previsto dalle Linee Guida ANAC n. 6, la P.A. aveva ritenuto che il fatto integrasse la causa di esclusione prevista dall'art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50/2016, quale ipotesi di grave illecito professionale incidente sull'affidabilità dell'operatore economico.

La soluzione. Il TAR ha respinto il ricorso, sulla base delle seguenti ragioni.

In primo luogo, ha evidenziato che la diversa natura delle condotte ascrivibili ai gravi illeciti professionali impone di differenziare (come prevedono le Linee Guida) le ipotesi in cui le condotte sono imputabili direttamente all'operatore economico persona giuridica (es. le risoluzioni contrattuali), da quelle in cui i comportamenti sono invece riferibili soltanto indirettamente all'impresa, in quanto posti in essere da persone fisiche che agiscono in nome e per conto dell'ente.

In quest'ultimo caso, la ricorrenza della causa ostativa deve essere accertata nei confronti dei soggetti legittimati ad agire in rappresentanza dell'ente e, quindi, dei soggetti individuati all'art. 80, comma 3, sulla base del principio dell'immedesimazione organica, che consente l'imputazione all'ente delle azioni poste in essere dai propri organi nel suo interesse. Diversamente opinando resterebbero impunite tutte quelle condotte illecite che presuppongono un'azione umana.

In proposito è stato anche osservato che non è corretto distinguere concettualmente l'impresa (in quanto tale, entità puramente giuridica) dai soggetti di cui all'art. 80 comma 3, d.lgs. 50/2016 per il tramite dei quali la medesima impresa concretamente opera sul mercato. Tale tesi produrrebbe, invero, l'effetto aberrante di escludere la rilevanza di qualsiasi sentenza di condanna ai fini della valutazione di affidabilità sottesa al precetto dell'art. 80, comma 5, lett. c), dal momento che nel vigente sistema normativo la responsabilità penale riguarda direttamente le sole persone fisiche.

Il TAR ha inoltre ritenuto irrilevante l'obiezione della ricorrente per cui il reato non sarebbe stato realizzato per conto della società: il provvedimento di revoca dell'aggiudicazione trova la propria causa non solo nella ritenuta rilevanza, ai fini dell'art. 80, comma 5, lett. c), della condanna a carico dell'allora procuratore, ma anche nella mancata comunicazione alla stazione appaltante di detta condanna, da parte dell'operatore. Tale omissione ha impedito all'Amministrazione di valutare consapevolmente l'affidabilità del concorrente.

In proposito, il Collegio ha ribadito che qualsiasi condotta contra legem collegata all'esercizio dell'attività professionale è di per sé idonea ad incidere sul processo decisionale rimesso alle stazioni appaltanti circa l'accreditamento dei concorrenti come operatori complessivamente affidabili e che la stazione appaltante ha un potere di apprezzamento discrezionale in ordine alla sussistenza dei requisiti di affidabilità dei concorrenti: costoro, al fine di rendere possibile il corretto esercizio di tale potere, sono quindi tenuti a dichiarare qualunque circostanza che possa ragionevolmente incidere sul processo valutativo demandato all'amministrazione.

Alla luce di tali considerazioni, sono state ritenute infondate anche le subordinate censure di difetto di motivazione del provvedimento. Sul punto, il TAR ha ricordato che la valutazione in ordine alla rilevanza in concreto ai fini dell'esclusione dei comportamenti accertati è rimessa alla stazione appaltante e che il sindacato che il giudice amministrativo è chiamato a compiere sulle motivazioni di tale apprezzamento deve essere mantenuto sul piano della “non pretestuosità” della valutazione degli elementi di fatto compiuta e non può pervenire ad evidenziare una mera “non condivisibilità” della valutazione stessa.

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