Annullamento d'ufficio dell'aggiudicazione e obbligo di motivazione

30 Ottobre 2019

Il limitato arco di tempo intercorso tra il provvedimento di aggiudicazione e la correlata determina di annullamento d'ufficio unitamente alla mancata esecuzione della fornitura possono ridurre l'obbligo motivazionale, inducendo invece a privilegiare il rispetto della legge di gara, sacrificato dall'originaria non conformità del prodotto offerto rispetto a quanto richiesto dal disciplinare. Non è quindi necessaria l'esplicitazione delle ragioni di interesse pubblico sottese all'annullamento d'ufficio, né la comparazione di tale interesse con l'interesse privato sacrificato, in quanto, in presenza di tale circostanza temporale, l'interesse pubblico alla rimozione dell'atto illegittimo può considerarsi in re ipsa.

Il caso. Una società, aggiudicataria di una gara per l'affidamento di forniture, impugnava il provvedimento di annullamento d'ufficio dell'aggiudicazione, disposto per mancanza di conformità del prodotto offerto rispetto a quello richiesto dal disciplinare di gara.

A sostegno dell'impugnativa, la ricorrente deduceva la violazione dell'art. 21-nonies, l. n. 241/1990, stante l'omessa esplicitazione delle ragioni di interesse pubblico diverse dal mero ripristino della legalità che avrebbero giustificato la decisione assunta e il mancato bilanciamento tra l'interesse pubblico perseguito e l'interesse dell'aggiudicataria a conservare tale condizione; deduceva inoltre che l'omessa comunicazione di avvio del procedimento di autotutela le avrebbe precluso di dimostrare alla stazione appaltante la conformità del prodotto offerto rispetto a quanto richiesto dal disciplinare.

La soluzione: Il TAR ha respinto il ricorso, affermando che l'esercizio del potere di autotutela, ove intervenuto a breve distanza di tempo dall'adozione del provvedimento di aggiudicazione, non richiede l'esplicitazione dell'interesse pubblico sotteso all'annullamento d'ufficio, né la comparazione di tale interesse con l'interesse del privato alla stabilità del provvedimento. In simili casi, l'interesse pubblico alla rimozione dell'atto illegittimo può considerarsi in re ipsa.

Nel caso di specie, viene valorizzata da un lato, la circostanza che la stazione appaltante ha esercitato il potere di annullamento d'ufficio a soli due mesi di distanza dall'aggiudicazione e, dall'altro, il fatto che non fosse ancora intervenuta l'esecuzione della fornitura.

Secondo il Collegio, tali circostanze possono ragionevolmente ridurre l'obbligo di motivare le ragioni di interesse pubblico all'annullamento, inducendo invece a privilegiare il rispetto della legge di gara, sacrificato dall'originaria non conformità del prodotto offerto rispetto a quanto richiesto dal disciplinare di gara.

Il TAR ha dichiarato infondate anche le censure relative all'omessa comunicazione di avvio del procedimento.

In proposito, ha evidenziato che l'art. 21-octies, comma 2, l. n. 241/1990 deve essere interpretato nel senso che il ricorrente non può limitarsi a dedurre la mancata comunicazione di avvio del procedimento, ma ha l'onere di indicare quali elementi conoscitivi avrebbe introdotto nel procedimento, se previamente comunicatogli, onde indirizzare l'amministrazione verso una decisione diversa da quella assunta.

Nel caso di specie, invece, la ricorrente si era limitata ad affermare che il proprio apporto partecipativo avrebbe potuto influenzare l'esito del procedimento di autotutela, senza tuttavia fornire ulteriori elementi conoscitivi tali da dimostrare che la stazione appaltante avrebbe potuto adottare una decisione diversa da quella assunta in sede di autotutela e tali da dimostrare la conformità del prodotto offerto alle richieste del disciplinare di gara o comunque la sua equivalenza tecnica.

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