Sull'esclusione di un concorrente per omessa dichiarazione in sede di gara del rinvio a giudizio di un amministratore

Giacomo Quarneti
17 Gennaio 2020

Sussiste l'obbligo di dichiarare il rinvio a giudizio dell'amministratore di un concorrente per un reato attinente allo specifico settore dei contratti pubblici a pena di esclusione dalla gara, sebbene tale circostanza non sia espressamente contemplata dall'art. 80 del D.Lgs. n. 50/2016 quale causa di esclusione.

La questione. Il ricorrente principale ha impugnato l'aggiudicazione ad altra impresa, deducendo la violazione/falsa applicazione degli artt. 80, comma 5, lett. c), e 83 del d.lgs. n. 50/2016 in quanto l'impresa aggiudicatrice avrebbe omesso di dichiarare – sebbene rilevante ai fini della valutazione della ricorrenza della causa di esclusione di cui all'art. 80, comma 5, lett. c) – l'intervenuto rinvio a giudizio del suo amministratore delegato per i reati di abuso d'ufficio, malversazione nei confronti dello Stato e falsità ideologica e anzi avrebbe indicato espressamente nel DGUE la non sussistenza di gravi illeciti professionali.

Secondo il ricorrente, infatti, l'omessa dichiarazione di tale circostanza nel DGUE costituirebbe causa di esclusione ai sensi dell'art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016.

A seguito di un supplemento di istruttoria la stazione appaltante confermava il provvedimento di aggiudicazione.

Con ricorso per motivi aggiunti il ricorrente impugnava detto provvedimento di conferma, deducendo che la sussistenza di una dichiarazione non veritiera comportava l'automatica esclusione dalla procedura di gara quale atto vincolato ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. f-bis), del d.lgs. n. 50/2016.

La soluzione. Il TAR Veneto, occupandosi anzitutto della sussistenza o meno di un obbligo dichiarativo a carico dei partecipanti alla gara con riferimento all'ipotesi di rinvio a giudizio a carico di un amministratore delegato per fatti attinenti a vicende esecutive di altra commessa pubblica ai fini della causa di esclusione di cui all'art. 80, comma 5, lettc), del d.lgs. n. 50/2016, ha rilevato un contrasto giurisprudenziale.

Secondo un primo orientamento (TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, n. 258/2019) l'eventuale rinvio a giudizio dell'amministratore di un operatore economico, nonché l'applicazione di una misura cautelare, non costituirebbero adeguati mezzi di prova della commissione di un grave illecito professionale, con la conseguenza che l'omessa dichiarazione degli stessi non comporterebbe l'esclusione dalla gara ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. c). Tale indirizzo interpretativo suffraga la propria tesi richiamando anche il tenore testuale delle linee guida ANAC n. 6, le quali prevedono come prova adeguata dell'illecito professionale sia costituita quanto meno da “provvedimenti di condanna non definitivi per i reati di cui agli artt. 353, 353-bis, 354, 355 e 356 c.p.”.

Un opposto orientamento (Cons. Stato, sez. III, n. 3908/2019) rileva invece la sussistenza di un obbligo dichiarativo in capo al concorrente, in quanto, anche al di fuori dei casi in cui ricorra una fattispecie tipizzata dall'art. 80, comma 5, lett. c), residuerebbe in capo alla stazione appaltante il potere di operare una valutazione discrezionale sulla gravità dell'illecito, pur con la necessità che la stessa sia sorretta da una adeguata motivazione in ordine all'incidenza dell'inadempimento sull'affidabilità del concorrente. Tale diversa interpretazione ruota attorno alla circostanza per la quale l'elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella lett. c) del comma 5 dell'art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 sarebbe meramente esemplificativa e non escluderebbe che la stazione appaltante possa dar rilievo ad elementi gravi suscettibili comunque di minare l'integrità e/o l'affidabilità del concorrente in rapporto allo specifico contratto. Pertanto anche il rinvio a giudizio per fatti di grave rilevanza penale, ancorché non espressamente contemplato espressamente quale causa di esclusione dalle norme che regolano l'aggiudicazione degli appalti pubblici, potrebbe astrattamente incidere sulla moralità professionale dell'impresa, con conseguente legittimità di un provvedimento di esclusione che, previa adeguata motivazione, ne abbia vagliato l'incidenza negativa sulla moralità professionale. Ne conseguirebbe dunque la sussistenza di un obbligo dell'impresa di dichiarare la sottoposizione a giudizio penale per un reato attinente allo specifico settore dei contratti pubblici (nel caso di specie si trattava di un concorso formale di reati con altri soggetti pubblici e privati e, in particolare, un concorso formale tra abuso d'ufficio, malversazione nei confronti dello Stato e falsità ideologica), trattandosi di circostanza rilevante sul giudizio di ammissione, anche se non idonea a determinare in via automatica l'esclusione.

Il Giudice veneto ritiene di aderire a tale secondo orientamento, affermando che l'elencazione racchiusa nell'art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016 dovrebbe essere intesa come meramente esemplificativa e che pertanto la stazione appaltante potrebbe desumere la sussistenza di gravi illeciti professionali da ogni altra vicenda pregressa dell'attività professionale dell'operatore economico di cui è stata accertata la contrarietà ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa che ne metta in dubbio l'integrità e l'affidabilità.

L'art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016 mirerebbe infatti a tutelare il vincolo fiduciario che deve sussistere tra amministrazione aggiudicatrice e operatore economico, consentendo di attribuire rilevanza ad ogni tipologia di illecito che, per la sua gravità, sia in grado di minare l'integrità morale e professionale di quest'ultimo.

L'operatore sarebbe quindi tenuto a fornire una rappresentazione quanto più dettagliata possibile delle proprie pregresse vicende professionali in cui, per varie ragioni, gli è stata contestata una condotta contraria a norma o comunque si è verificata la rottura del rapporto di fiducia con altre stazioni appaltanti, non essendo configurabile in capo allo stesso alcun filtro valutativo o facoltà di scegliere i fatti da dichiarare, visto l'obbligo di omnicomprensività della dichiarazione, in modo da permettere alla stazione appaltante di compiere le valutazioni di sua competenza.

Dopo aver accertato la sussistenza dell'obbligo dichiarativo in capo all'impresa aggiudicatrice, il TAR, nello scrutinare il ricorso per motivi aggiunti – avente a oggetto il provvedimento con il quale la stazione appaltante aveva confermato l'aggiudicazione a seguito di un supplemento di istruttoria – procede ad esaminare le conseguenze discendenti dalla dichiarazione di non sussistenza di gravi illeciti professionali resa dall'aggiudicatario nel DGUE, per comprendere se ci fosse un dovere di immediata esclusione in capo all'ente aggiudicatore – trattandosi di dichiarazione non veritiera –oppure se si trattasse di una omessa dichiarazione, come tale non comportante l'immediata esclusione.

Il Giudice veneto, a tal proposito, ha ritenuto che l'indicazione nel DGUE della dichiarazione che l'operatore economico non si è reso colpevole di gravi illeciti professionali conduce alla doverosa ed automatica esclusione dalla procedura di gara e ciò in quanto – con riguardo alle dichiarazioni non veritiere – la lett. f-bis) dell'art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016 si pone quale autonoma causa di esclusione che la stazione appaltante è tenuta a disporre, quale atto vincolato, in quanto discendente direttamente dalla legge e derivante dalla mera omissione di una siffatta dichiarazione da parte dell'operatore economico.

Il TAR - dopo aver richiamato la distinzione, nell'ambito delle dichiarazioni circa le pregresse vicende professionali suscettibili di integrare gravi illeciti professionali, tra dichiarazione omessa, reticente e completamente falsa, evidenziando come, qualora il concorrente avesse, anche soltanto in un allegato al DGUE, permesso di rilevare l'esistenza del rinvio a giudizio, tale evenienza avrebbe di per sé escluso la sussistenza di una dichiarazione non veritiera e rilevando che, in un caso simile, la sussistenza di una dichiarazione non veritiera era stata esclusa in quanto l'operatore economico aveva permesso di rilevare una pregressa vicenda professionale configurabile quale grave illecito nell'ambito del Patto etico - ha ritenuto che l'omessa dichiarazione di rinvio a giudizio costituisce una dichiarazione non veritiera (e, pertanto, falsa) e ciò proprio alla luce della mancanza di qualunque notizia in merito alla sussistenza del rinvio a giudizio e ha quindi affermato la doverosità dell'immediata esclusione.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.