Errata quantificazione delle prestazioni dell'appalto legittima l'annullamento d'ufficio della gara e non consente ricorso al quinto d'obbligo

Benedetta Valcastelli
05 Marzo 2020

Il cd. “quinto d'obbligo” può essere utilizzato nel caso in cui l'esigenza di aumento o diminuzione delle prestazioni emerga in corso di esecuzione e non anche quando derivi da un vizio degli atti di gara.

La vicenda. Il Consiglio di Stato si pronuncia su caso di annullamento in autotutela di una gara di servizi, dovuto alla sottostima dell'importo complessivo dell'appalto, affermando il principio per cui il cd. quinto d'obbligo possa essere utilizzato nel caso in cui l'esigenza di aumento o diminuzione delle prestazioni emerga in corso di esecuzione e non anche quando derivi da un vizio degli atti di gara.

Nel caso di specie, una Centrale Unica di Committenza aveva bandito, a favore di un Comune, una procedura aperta per l'aggiudicazione, con l'offerta economicamente più vantaggiosa, dell'appalto biennale del servizio di ristorazione scolastica a basso impatto ambientale.

In pendenza del giudizio avverso l'aggiudicazione, il Comune la annullava in autotutela unitamente a ogni atto presupposto, ivi compresi i verbali di gara, e l'intera procedura concorrenziale. La motivazione dell'annullamento attiene al fatto che la legge di gara aveva sottostimato il numero presunto di pasti da preparare e da distribuire e che tale sottostima può incidere negativamente sull'erogazione del servizio. Ed invero, la stima dei pasti è essenziale, dovendosi determinare l'importo complessivo dell'appalto. Il valore massimo dell'appalto, infatti, è dato dal prezzo unitario a base d'asta moltiplicato per il numero di pasti stimato: il risultato di detta operazione matematica determina la somma che viene impegnata dalla stazione appaltante sul proprio bilancio e che ne costituisce il limite di spesa.

La decisione. Secondo il Consiglio di Stato, che conferma la sentenza di primo grado (Tar Lombardia, 26 aprile 2019, n. 1455), l'annullamento in autotutela della gara disposto ai sensi dell'art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 persegue l'interesse pubblico a garantire la “corretta esecuzione del servizio in relazione all'organizzazione del servizio stesso” e il congruente svolgimento della gara (“adeguata ai conteggi corretti”) che consenta la formulazione di offerte idonee a soddisfare l'effettivo fabbisogno, nel rispetto della par condicio tra tutti gli operatori economici (cui assicurare, con la riedizione della gara, la “medesima chance di partecipazione”).

Si tratta di un interesse pubblico - diverso dal mero ripristino della legalità violata - che rende legittimo l'intervento in autotutela poiché indispensabile per garantire la regolare erogazione del servizio per tutto il periodo della sua esecuzione; né l'effetto della proroga al gestore uscente, resa necessaria dai tempi per l'avvio di nuova procedura, è sintomatico del dedotto sviamento di potere, trattandosi di “effetto del tutto accidentale” e limitato nel tempo.

L'art. 106 c.c.p. Particolarmente interessante è il passaggio della sentenza in cui il Consiglio di Stato respinge gli argomenti dell'appellante, la quale richiamando gli artt. 106, comma 12, 106, comma 1 lett. e) e 63 del d.lgs. n. 50 del 2016, asseriva che, in caso di modifica delle prestazioni oggetto di affidamento che si traduce in un aumento delle stesse, non sarebbe stato necessario indire una nuova procedura concorsuale, in quanto la normativa di settore prevede la possibilità di estensione/riduzione delle prestazioni oggetto dell'appalto (come da art. 106, comma 12, da art. 106, comma 1, lett. e), e da art. 63 del d.lgs. n. 50 del 2016): secondo tale assunto, prima di adottare il provvedimento di annullamento in autotutela, il Comune avrebbe dovuto verificare la praticabilità di tali soluzioni.

In particolare, l'art. 106, comma 12 prevede che, qualora in corso di esecuzione si renda necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell'importo del contratto, la stazione appaltante può imporne all'appaltatore l'esecuzione alle stesse condizioni previste nel contratto originario.

L'art. 106, comma 1, lett. e) prevede invece che i contratti di appalto nei settori ordinari e speciali possono essere modificati senza alcuna procedura di affidamento se le modifiche non sono sostanziali ai sensi del comma 4.

Ebbene, il Consiglio di Stato precisa anzitutto che la fattispecie disciplinata dall'art. 106, comma 12 non ricorre in caso di estensione al di sopra del c.d. quinto d'obbligo (come nel caso di specie). Inoltre la sentenza sottolinea che tale norma - pur se ritenuta applicabile in caso di errore della stazione appaltante, non quindi necessariamente in caso di sopravvenienze straordinarie e imprevedibili - presuppone sempre che l'esigenza di aumento o di diminuzione delle prestazioni contrattuali emerga “in corso di esecuzione”, non essendo consentita una previsione di modifica ex art. 106, comma 12, a monte della stipulazione del contratto, quando cioè vi sia un vizio genetico e noto della legge di gara che renda certa l'inadeguatezza delle prestazioni contrattuali cui parametrare le offerte, come nel caso di specie.

Quanto all'art. 106, comma 1, lett. e), tale norma consente la previsione di modifiche in estensione già nei documenti di gara, ma solo se si tratti di modifiche non essenziali ai sensi di tale norma e del richiamato comma 4 dell'art. 106: non possono ritenersi tali le modifiche che, come nel caso di specie, alterano l'equilibrio economico del contratto a favore dell'aggiudicatario in modo non previsto nel contratto iniziale.

Conclusioni. Infine, è vero che la legge di gara prevedeva, per l'affidamento de quo, l'applicazione dell'art. 63, ma soltanto per l'eventuale ripetizione dei servizi analoghi e per l'eventuale proroga, vale a dire per le ipotesi consentite dalla norma di legge, di stretta interpretazione (cfr. Cons. Stato, III, 26 aprile 2019, n. 2687) cui è estranea la fattispecie delle modifiche in estensione, alla quale va ascritta quella che comporta l'aumento delle prestazioni oggetto del contratto a base di gara.

Pertanto, esclusa la possibilità di ricorrere al cd. quinto d'obbligo (art. 106, comma 12) e di considerare la modifica in questione alla stregua di modifica non sostanziale (art. 106, comma 1, lett. e), il Consiglio di Stato ritiene legittimo l'annullamento in autotutela: “esistendo nei documenti di gara un'errata quantificazione in difetto delle prestazioni oggetto di appalto di servizi, suscettibile di pregiudicare la regolare erogazione del servizio, tanto da rendere prevedibili già prima della stipulazione del contratto la necessità di modifiche essenziali in fase esecutiva (anche se contenute entro il c.d. quinto d'obbligo) e la mancanza di copertura economica di tali modifiche, se non ricorrendo all'iscrizione di debiti fuori bilancio, è rispondente all'interesse pubblico, e perciò legittimo, il provvedimento di annullamento d'ufficio degli atti di gara viziati da errore di calcolo o di stima riconosciuto dalla stazione appaltante”.

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