Codice Civile art. 1606 - Estinzione del diritto del locatore.Estinzione del diritto del locatore. [I]. Nei casi in cui il diritto del locatore sulla cosa locata si estingue con effetto retroattivo, le locazioni da lui concluse aventi data certa [2704] sono mantenute, purché siano state fatte senza frode e non eccedano il triennio. [II]. Sono salve le diverse disposizioni di legge. InquadramentoLa locazione si configura quale contratto bilaterale, le cui parti prendono il nome, rispettivamente, di locatore (con tale accezione intendendosi colui che concede il godimento del bene verso il pagamento del canone) e di conduttore o locatario (colui che versa il corrispettivo a fronte del godimento del bene): traccia evidente di tali definizioni si rinviene negli artt. 1575 e 1587 c.c., disposizioni che, rispettivamente, individuano le obbligazioni principali del locatore e del conduttore. La parte (locatrice o conduttrice) può essere, inoltre, plurisoggettiva, nel senso che, come la concessione del godimento del bene può provenire da più soggetti, così il godimento può essere riconosciuto ed il pagamento del canone può provenire da più soggetti: in altri termini, vi può essere una pluralità di locatori e/o di conduttori. Quanto alla prima evenienza, l'eventuale pluralità di locatori integra una parte comunque unica, al cui interno i diversi interessi vengono regolati secondo i criteri che presiedono alla disciplina della comunione: sicché, sugli immobili oggetto di comunione concorrono, in difetto di prova contraria, pari poteri gestori da parte di tutti i comproprietari in virtù della presunzione che ognuno di essi operi con il consenso degli altri o quanto meno della maggioranza dei partecipanti alla comunione. Tale presunzione non opera, però per le locazioni di durata ultranovennale, per la cui conclusione – trattandosi di atto eccedente l'ordinaria amministrazione, ai sensi dell'art. 1572, comma 1, c.c. – il combinato disposto degli artt. 1108 e 1350, n. 8) c.c. richiede l'unanimità dei consensi dei comunisti consacrata in un atto avente forma scritta ad substantiam, secondo un procedimento di formazione della volontà che, in base al combinato disposto degli artt. 2729, comma 2 e 2725 c.c., vieta la presunzione ove la forma scritta sia imposta anche solo ad probationem (così, in motivazione, Cass., 24489/2017). Relativamente al caso della pluralità di conduttori, invece, l'unicità del rapporto non è scontata, nel senso che occorre distinguere a seconda che un unico bene sia stato, indistintamente, concesso in locazione ad una pluralità di conduttori da quella in cui lo stesso bene sia stato dato in locazione ai detti conduttori, per quote divise. Il rapporto che nasce dal contratto di locazione e che si instaura tra locatore e conduttore ha, però, natura personale: sicché, chiunque abbia la disponibilità di fatto del bene, in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico, può validamente concederlo in locazione, non rilevando che il locatore non sia anche il proprietario o il titolare di altro diritto reale sul bene. Ciò non implica che sia ammessa la locazione di cosa altrui o che la mancanza di titolarità del diritto reale sul bene sia sempre e comunque irrilevante: tuttavia, la dimostrazione della sussistenza del diritto reale non può essere pretesa dal conduttore per sottrarsi all'adempimento degli obblighi nascenti dal rapporto (così come, simmetricamente, non potrebbe essere opposta dal locatore per rendersi a sua volta inadempiente verso il conduttore). Chiara in proposito è Cass. III, n. 27021/2016 (in senso conforme, v. anche Cass. III, n. 22346/2014), per cui la natura personale del rapporto che si instaura tra locatore e locatario consente a chiunque abbia la disponibilità di fatto del bene, in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico, di concederlo validamente in locazione, compreso il nudo proprietario, la cui legittimazione a chiedere l'adempimento dell'obbligo di versamento dei canoni non può essere pertanto contestata dal conduttore convenuto, adducendo l'esistenza della posizione dell'usufruttuario, in quanto essa è estranea al rapporto personale di godimento insorto con la locazione. Del pari, la legittimazione a locare un immobile è stata riconosciuta anche in capo al detentore di fatto, a meno che la detenzione non sia stata acquistata illecitamente e, a maggiore ragione, a chi, acquistato il possesso (o la detenzione) sulla scorta di un valido ed efficace titolo giuridico, abbia conservato tale possesso, non opponendosi il proprietario, dopo la scadenza dell'efficacia di tale titolo (Cass. III, n. 8411/2006; Cass. III, n. 15443/2011). In dottrina si sostiene che sono legittimati a locare, senza che ciò leda alcun diritto di terzi, oltre al proprietario, anche l'usufruttuario, l'enfiteuta, il superficiario, il creditore anticretico, il sequestratario e lo stesso conduttore (Guarino, 32; Tabet 1982, 1004). Stante il divieto espresso contenuto all'art. 1024 c.c. è, invece, preclusa la stipulazione di contratti di locazione al titolare di un diritto d'uso o di abitazione. Del pari è esclusa la possibilità di una locazione di cosa propria o, più correttamente, di cosa di cui si abbia il godimento in base a titolo diverso dalla locazione (ad es., la locazione a favore dell'enfiteuta, del superficiario, dell'usufruttuario): da un lato, infatti, si verserebbe in presenza di un contratto nullo per impossibilità dell'oggetto; dall'altro, verrebbe a mancare la funzione di scambio (godimento verso pagamento del canone) in cui si sostanzia la causa stessa del contratto. Residua, nondimeno, un ambito in cui il diritto di proprietà del locatore assume rilievo: ciò avviene quando alla controversia centrata sui rapporti meramente personali fra locatore e conduttore si sovrappongano o si aggiungano questioni che investano la titolarità del diritto reale sul bene locato, come accade, ad esempio, allorché vi sia controversia fra il locatore e il terzo che si affermi proprietario dell'immobile e si debba decidere dei conseguenti effetti sul rapporto locativo (Cass. III, n. n. 8411/2006). È in questo più ampio contesto che si colloca l'art. 1606 c.c. – norma che salvaguarda il diritto del locatario a proseguire nella conduzione dell'immobile in considerazione della rilevanza del diritto ad una abitazione riconosciuto dal nostro ordinamento ed alla cui stregua, nel caso di estinzione, con effetto retroattivo, del diritto del locatore sulla cosa locata, restano ferme le locazioni da lui concluse, purché fatte senza frode e non eccedenti il triennio – la cui operatività è limitata ai soli casi nei quali il locatore si trovava nel godimento dell'immobile in forza di un rapporto diretto con la cosa opponibile erga omnes e, dunque, di un diritto reale, estintosi retroattivamente. Conforme la posizione della giurisprudenza (Cass. III, n. 1546/1982), per la quale la portata del disposto di cui all'art. 1606 c.c. è limitata ai soli casi nei quali il locatore si trovava nel godimento dell'immobile in forza di un rapporto diretto con la cosa esplicantesi erga omnes, cioè, di un diritto reale, estintosi retroattivamente e non pure qualora fosse titolare di un diritto personale di godimento sulla cosa stessa, con la conseguenza che soltanto nella prima ipotesi può trovare esplicazione l'eccezionale tutela conferita dalla suddetta norma al conduttore nei confronti del proprietario rivendicante che non ha partecipato alla situazione costitutiva del rapporto di locazione, mentre, nel secondo caso, il conduttore non può conseguire un diritto – opponibile anche al terzo estraneo alla locazione – di contenuto sostanziale più ampio di quello del locatore medesimo. Profili generaliLa norma, dunque, presuppone a) l'iniziale sussistenza, in capo al locatore, di un diritto reale, in forza del quale b) il bene è stato – b.1) senza frode – concesso in godimento al conduttore, diritto che, però, c) viene meno in conseguenza di un fatto giuridico che privi “a monte” il locatore della sua titolarità, d) con decorrenza da una data precedente a quella di conclusione e) del contratto di locazione avente data certa. L'art. 1606 c.c. trova, dunque, applicazione ogni qual volta in cui il diritto (reale) del locatore sulla cosa locata si estingue con effetto retroattivo (così Provera, 481); quanto, poi, al “fatto giuridico”, idoneo ad estinguere il diritto del locatore, esso è stato alternativamente individuato, in dottrina (Guarino, 50; Tabet, 1972, 700), nel verificarsi di una condizione risolutiva, nella pronuncia di una risoluzione contrattuale, nella nullità o annullamento per incapacità legale, nella rescissione e nel riscatto convenzionale. Conforme è la posizione della giurisprudenza, la quale (Cass. III, n. 7189/2003) ha chiarito che, in materia di locazione di immobili urbani, l'art. 1606, comma 1, c.c. stabilendo che, nei casi in cui il diritto del locatore sulla cosa locata si estingue con effetto retroattivo, le locazioni da lui concluse aventi data certa sono mantenute, purché siano state fatte senza frode e non eccedano il triennio, presuppone che sia sussistente il diritto del locatore alla data di stipula del contratto di locazione e che, successivamente, si verifichi un fatto estintivo di tale diritto, avente efficacia retroattiva; pertanto, la norma non è applicabile se il locatore, al momento della stipula del contratto, non era titolare del diritto di dare in locazione l'immobile, non essendo a detto fine sufficiente che egli ne avesse il possesso senza titolo. Ancora, Cass. III, n. 1175/1983 chiarisce che la disposizione di cui all'art. 1606 c.c. – a tenore del quale, nel caso in cui il diritto del locatore sulla cosa locata si estingua con effetto retroattivo, le locazioni da lui concluse, aventi data certa, sono mantenute purché siano state fatte senza frode e non eccedano il triennio – trova applicazione anche nel caso che il diritto del locatore venga meno a seguito di rescissione del negozio (nella specie, divisione ereditaria) che gli attribuiva il potere di disporre della cosa locata. Analogamente Trib. Genova 26 febbraio 2007 osserva che risulta privo di effetti il contratto di locazione di un immobile nel caso in cui il diritto del locatore sia venuto meno a seguito di una sentenza di annullamento del contratto di compravendita con efficacia retroattiva. Va però segnalata, in senso contrario, Cass. III, n. 2752/2015, la quale, muovendo dall'assunto per cui, per assumere la qualità di locatore, non è necessario essere titolare di un diritto reale sul bene locato, potendo tale qualità appartenere anche al promissario acquirente dell'immobile cui sia stato trasferita la materiale disponibilità della cosa, ne ha tratto la conclusione per cui anche in tal caso, ove il diritto del locatore si estingue con effetto retroattivo per la risoluzione del preliminare, le locazioni da lui concluse ed aventi data certa, sono mantenute se fatte senza frode e non eccedano il triennio. Questa, in particolare, la motivazione sottesa dalla Corte alle proprie conclusioni: “il rapporto che nasce dal contratto di locazione e che si instaura tra locatore e conduttore ha natura personale, con la conseguenza che chiunque abbia la disponibilità di fatto del bene, in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico, può validamente concederlo in locazione (ex multis, Cass. III, n. 9493/2007). Ora, se per assumere la qualità di locatore, non è necessario che il soggetto sia proprietario o titolare di altro diritto reale sul bene locato, ben potendo il diritto sul bene da parte del locatore derivare da un accordo traslativo del godimento, come è avvenuto nella specie, essendo stato il possesso trasferito con il preliminare, il quale era ancora valido ed efficace allorché fu stipulata la locazione (sul punto, v. Cass. III, n. 7189/2003), deve aggiungersi che non rileva peraltro la sopravvenuta estinzione del diritto del locatore, pur con effetto retroattivo, per fatti quali il sopravvenuto accoglimento della domanda di risoluzione del preliminare da cui era derivato al locatore il suo possesso, così come è accaduto nel caso di specie. E ciò, in linea con la chiara lettera del dato normativo dell'art. 1606 c.c. (secondo cui nei casi in cui il diritto del locatore sulla cosa locata si estingue con effetto retroattivo le locazioni concluse dal locatore, aventi data certa, sono “mantenute”) la cui disciplina mira soltanto a fissare un limite di durata della loro ulteriore efficacia”. Ed invero, come ha già statuito questa Corte, “Poiché, per assumere la qualità di locatore, non è necessario essere titolare d'un diritto reale sul bene locato, bastando invece la semplice disponibilità di esso in virtù di un titolo non contrario a norme imperative e la possibilità materiale di trasferirne al conduttore la detenzione, tale qualità può appartenere al promissario acquirente dell'immobile cui ne sia stato trasferito il possesso. Con la conseguenza che – ove il diritto del locatore sulla cosa si estingua con effetto retroattivo per risoluzione del preliminare – le locazioni da lui concluse ed aventi data certa sono mantenute, purché siano fatte senza frode e non eccedano il triennio, trovando applicazione – anche in tale situazione – il disposto di cui all'art. 1606 c.c. (Cass. III, n. 399/1982; conformi Cass. III, n. 7189/2003, Cass. III, n. 3070/1981, Cass. III, n. 3070/1979)”. Sostanzialmente nel medesimo senso Cass. III, n. 336/1990 per la quale la legittimazione di impugnare la sentenza con l'opposizione di terzo ordinaria (art. 404, comma 1, c.p.c.) presuppone in capo all'opponente la titolarità di un diritto autonomo, la cui tutela sia incompatibile con la situazione giuridica risultante dalla sentenza pronunciata tra altre parti: pertanto con riguardo ad una sentenza di risoluzione d'un contratto preliminare di compravendita di un immobile, l'opposizione non è proponibile dal conduttore che abbia ricevuto il bene in locazione dal promissario acquirente, non essendo il diritto del conduttore autonomo bensì dipendente da una delle posizioni giuridiche coinvolte dalla sentenza e perciò esposta a risultare privo di valida fonte con il cadere del diritto del dante causa, né risultando la sua tutela incompatibile con la situazione giuridica affermata dalla sentenza in quanto, a norma dell'art. 1606 c.c. e per l'estensione che sia da riconoscere sulla sua base alla protezione del diritto del conduttore, questo è fatto salvo nonostante il retroattivo venir meno del diritto del suo locatore. Il requisito della “data certa anteriore”, infine, è lo stesso che si rinviene con riferimento al trasferimento della cosa locata di cui all'art. 1599, comma 1, c.c. (Grasselli, 498) e pone, dunque, i medesimi problemi ricostruttivi: in particolare, mentre secondo taluni autori (Guarino, 49; Messineo, 176) essa può essere provata da parte del conduttore con ogni mezzo, secondo altri (Mirabelli, 602; Tabet 1972, 665), ai fini dell'opponibilità al terzo della data certa, occorre – richiamando l'art. 2704 c.c. – la prova documentale dell'anteriorità. Di questo secondo avviso è la giurisprudenza, la quale afferma la necessità dell'atto scritto ai sensi dell'art. 2704 c.c., essendo irrilevante la sola conoscenza della locazione da parte dell'acquirente (Cass. III, n. 1063/1987). Inserendosi in questa linea interpretativa Cass. III, n. 113/1988 chiarisce che l'acquirente di immobile locato, obbligato a rispettare la locazione stipulata dal precedente proprietario con contratto di data certa anteriore alla alienazione, ai sensi dell'art. 1599, comma 1, c.c., è terzo rispetto al contratto e pertanto non gli sono opponibili gli accordi verbali in deroga al contenuto dell'originario contratto di data certa, che non risultino anche essi da scrittura di data certa (nella specie, modifica verbale della clausola contrattuale di adeguamento del canone secondo gli indici ISTAT), non avendo rilevanza l'eventuale indiretta conoscenza da parte dell'acquirente di siffatte deroghe sfornite di prova legale (nel medesimo senso, sempre pure con riferimento alla inopponibilità, all'acquirente dell'immobile locato, degli accordi verbali in deroga al contenuto dell'originario contratto che non risultino anch'essi da scrittura di data certa anteriore, Cass. III, n. 10775/1993). Appare, invece, idonea all'uopo la registrazione del contratto di locazione, adempimento che, ai sensi dell'art. 2704, comma 1, c.c., conferisce certezza all'anteriorità della stipulazione del contratto di locazione rispetto al trasferimento del bene al terzo. Tale conclusione appare di radicale importanza, stante la generalizzazione dell'obbligo di registrazione per tutti i contratti costitutivi di diritti personali di godimento di durata superiore ai 30 giorni posta dall'art. 1, comma 346, della l. n. 311/2004. Segue. La frode ed il triennio Come chiarito in precedenza, la norma richiede, per la propria operatività, che 1) la locazione non sia stata conclusa con frode e 2) che, nel momento in cui viene meno il diritto del locatore, il rapporto non ecceda il triennio dalla data di suo inizio. Con riferimento alla “frode” si ritiene, in dottrina (Provera, 474), che essa vada identificata con la dolosa preordinazione a gravare il nuovo titolare del diritto, concretantesi nell'accordo tra locatore e conduttore volto ad arrecare pregiudizio agli interessi del terzo: il richiamo alla frode viene, dunque, inteso nel senso che all'espressione si attribuisce nell'azione revocatoria (Tabet, 697). La frode, pertanto, ricorrerebbe solo in caso di concerto fra locatore e locatario, finalizzato a pregiudicare gli interessi dell'alienante, prossimo a ridiventare titolare del diritto sulla cosa, non essendo al contrario sufficiente la semplice mala fede (di taluno od entrambi i contraenti). In senso contrario, però, Trib. Genova 26 febbraio 2007, per cui la frode consiste nella mera consapevolezza dei contraenti circa il possibile pregiudizio del terzo. Quanto a possibili indici rivelatori della frode si è ritenuto (Provera, 475) che costituisce indice rivelatore della frode il patto che faccia gravare sul locatore le riparazioni di piccola manutenzione, come pure la previsione di clausole simulate sull'ammontare del corrispettivo, mentre secondo altri (Gabrielli, Padovini, 196), andrebbe esclusa la configurabilità della frode quando risulti che il soggetto, il quale ritorni titolare del diritto sulla cosa, non debba adoperarla personalmente (ad esempio, in quanto si tratti di una società immobiliare) e la locazione sia stata stipulata a condizioni di mercato). In ordine, infine, al limite temporale del triennio, si è sostenuto che una maggiore durata della locazione determinerebbe una presunzione assoluta di frode (Tabet, 699; Trifone, 529); si è, però, anche osservato (Mirabelli, 613) che le locazioni di data certa, stipulate senza frode ma eccedenti il triennio, sono comunque opponibili nei limiti del triennio (Guarino, 50), senza omettere di considerare - nel senso di limitare la portata del ragionamento presuntivo di cui si è detto - che la legislazione speciale sopravvenuta impone, per la quasi totalità delle locazioni a stipularsi, durate minime superiori al triennio: sicché appare arduo rilevare, in una pattuizione in ogni caso rispettosa dei limiti legali, un indice rivelatore della frode perpetrata ai danni del legittimo titolare. Segue. Le diverse disposizioni di legge La norma fa, infine, salve le diverse disposizioni di legge che regolano casi tipici di estinzione retroattiva in deroga alla disciplina appena descritta. Si osserva in dottrina che la portata dell'eccezione, che funziona da clausola di salvaguardia, sarebbe, invero, limitata, riferendosi la previsione normativa probabilmente ai casi in cui, trascritta la locazione, questa non sia opponibile a colui in favore del quale si è verificato l'effetto risolutivo in virtù di un atto trascritto anteriormente (così Provera, 481). In sostanza, il rinvio alle altre disposizioni andrebbe riferito, sostanzialmente, all'art. 2652 c.c., sicché l'art. 1606, comma 2, c.c. concernerebbe le (sole) locazioni ultranovennali, indirettamente sancendo che ogniqualvolta la durata programmata eccedesse il novennio, la trascrizione del contratto in data anteriore alla pubblicità della domanda costituirebbe requisito di opponibilità del diritto del locatario, in luogo di quelli previsti dal comma 1. In altri termini, la tempestiva trascrizione del contratto garantirebbe al conduttore un'opponibilità piena, anche a fronte dell'eventuale accoglimento della domanda; al contrario, trascritta la domanda prima della trascrizione della locazione, non vi sarebbe spazio per alcuna opponibilità, nemmeno entro il limite del triennio. Una diversa ricostruzione (Mirabelli, 612), invece, ritiene di leggere l'art. 1606, comma 2, c.c. in combinato disposto con le specifiche discipline “speciali” contenute nel codice civile relativamente alle possibili cause di estinzione retroattiva del diritto del locatore, discipline che, in virtù della clausola di salvezza contenuta al comma 2 dell'articolo in esame, prevarrebbero sul disposto del comma 1. Osserva in proposito attenta dottrina (Buset 2017, 61) che, aderendo alla seconda delle impostazioni appena illustrate, “gli interpreti sono infatti giunti a reperire una serie assai numerosa di disposizioni che, in quanto operanti, importerebbero l'applicazione di una regola deviante rispetto a quella dell'art. 1606, comma 1, c.c. di riflesso confinata a poche fattispecie. Si tratta, in particolare, degli artt.: i) 56, comma 2, per l'ipotesi di ritorno o prova dell'esistenza in vita dell'assente, titolare del diritto sul bene medio tempore locato dall'immesso nel possesso temporaneo; ii) 66, comma 1, per l'ipotesi di ritorno o di prova dell'esistenza in vita del presunto morto, titolare del diritto sul bene medio tempore locato dal presunto erede; iii) 534, comma 2, per l'ipotesi del conduttore che, in buona fede, abbia conseguito il godimento della cosa dall'erede apparente; iv) 808, comma 1, per l'ipotesi di revocazione della donazione per causa d'ingratitudine o sopravvenienza di figli, quando la res sia stata medio tempore locata a terzi dal donatario; v) 1361, comma 1, il quale fa salvi gli atti di amministrazione compiuti dal titolare del diritto condizionato durante la pendenza, fra i quali si ritiene rientrare anche la stipula di locazioni (perlomeno infranovennali, ex art. 1572 c.c.); vi) 1415, comma 1, per l'ipotesi della locazione conclusa dal titolare apparente; vii) 1445, per l'ipotesi di annullamento del titolo d'acquisto del locatore per causa diversa dall'incapacità legale del suo dante causa; viii) 1452, per l'ipotesi di rescissione del titolo d'acquisto del locatore; ix) 1558, comma 1, per l'ipotesi della locazione conclusa da chi abbia ricevuto la cosa in forza di contratto estimatorio senza acquistarne, in seguito, la proprietà. Nel merito, ciascuna delle richiamate disposizioni contiene una disciplina più favorevole al conduttore rispetto a quella dell'art. 1606, comma 1: da un lato, solo talvolta assume rilevanza l'elemento soggettivo della buona fede; da altro lato, e soprattutto, l'opponibilità non è mai assoggettata a limitazioni temporali”. BibliografiaAlpa, Mariconda, Codice civile commentato telematico, Milano, 2007; Azzaro, Subcontratto, in Dig. disc. priv., agg., I, Torino, 2000; Balena, Contributo allo studio delle azioni dirette, Bari, 1990; Ballerini, Riduzione del canone per vizi della cosa locata, ripartizione delle spese di registrazione e clausola di indicizzazione, in Nuova giur. civ. comm., 2009, 1122; Barbero, Sistema del diritto privato italiano, II, Torino, 1962; Benatti, Appunti in tema d'azione diretta, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1964, 647; Bernardi, Coen, Del Grosso, Art. 4, in AA.VV. 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