Legge - 27/07/1978 - n. 392 art. 40 - Diritto di prelazione in caso di nuova locazione.Diritto di prelazione in caso di nuova locazione. Il locatore che intende locare a terzi l'immobile, alla scadenza del contratto rinnovato ai sensi dell'articolo 28, deve comunicare le offerte al conduttore, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, almeno sessanta giorni prima della scadenza. Tale obbligo non ricorre quando il conduttore abbia comunicato che non intende rinnovare la locazione e nei casi di cessazione del rapporto di locazione dovuti a risoluzione per inadempimento o recesso del conduttore o ad una delle procedure previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, relative al conduttore medesimo. Il conduttore ha diritto di prelazione se, nelle forme predette ed entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione di cui al primo comma, offra condizioni uguali a quelle comunicategli dal locatore. Egli conserva tale diritto anche nel caso in cui il contratto tra il locatore e il nuovo conduttore sia sciolto entro un anno, ovvero quando il locatore abbia ottenuto il rilascio dell'immobile non intendendo locarlo a terzi, e, viceversa, lo abbia concesso in locazione entro i sei mesi successivi. InquadramentoL'art. 40 della l. n. 392/1978, modellato sugli artt. 2 e 3 della l. 27 gennaio 1963, n. 19, sotto la rubrica «Diritto di prelazione in caso di nuova locazione», stabilisce che: – il locatore che intende locare a terzi l'immobile, alla scadenza del contratto rinnovato ai sensi dell'art. 28, deve comunicare le offerte al conduttore, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, almeno sessanta giorni prima della scadenza; – tale obbligo non ricorre quando il conduttore abbia comunicato che non intende rinnovare la locazione e nei casi di cessazione del rapporto di locazione dovuti a risoluzione per inadempimento o recesso del conduttore o ad una delle procedure previste dalla legge fallimentare, relative al conduttore medesimo; – il conduttore ha diritto di prelazione se, nelle forme predette ed entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione, offra condizioni uguali a quelle comunicategli dal locatore; – egli conserva tale diritto anche nel caso in cui il contratto tra il locatore e il nuovo conduttore sia sciolto entro un anno, ovvero quando il locatore abbia ottenuto il rilascio dell'immobile non intendendo locarlo a terzi, e, viceversa, lo abbia concesso in locazione entro i sei mesi successivi. L'istituto, accanto all'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale ed alla prelazione e succedaneo diritto di riscatto in caso di trasferimento della proprietà dell'immobile locato, è anch'esso posto a tutela dell'avviamento commerciale: ed anzi, potrebbe dirsi che la prelazione in caso di nuova locazione – similmente alla prelazione e riscatto di cui agli artt. 38 e 39 della l. n. 392/1978 – costituisce strumento di tutela «in forma specifica» dell'avviamento, mentre l'indennità di cui all'art. 34 della l. n. 392/1978 ne prevede una tutela soltanto «per equivalente». La disposizione, così come agli artt. 38 e 39 della l. n. 392/1978, si riferisce esclusivamente alle locazioni ad «uso diverso» ed il suo ambito di applicazione va desunto dal combinato disposto degli artt. 41 e 35 della l. n. 392/1978. La prelazione in caso di nuova locazione, cioè, non si applica ai rapporti di locazione di cui all'art. 35 della l. n. 392/1978. Neppure si applica alle locazioni stagionali, così come a quelle transitorie, le quali non sono suscettibili di rinnovo ai sensi dell'art. 28 della l. n. 392/1978. Cause di esclusione della prelazioneLa prelazione non sussiste: a) quando il conduttore abbia comunicato che non intende rinnovare la locazione; b) quando il rapporto di locazione sia cessato per recesso del conduttore; c) quando il rapporto di locazione si sia risolto per inadempimento; d) quando il rapporto sia cessato per effetto di una delle procedure, concernenti il conduttore, previste dal r.d. n. 267/1942 (per la nuova disciplina v. d.lgs. n. 14/2019 “Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza”), e successive modificazioni. Con riguardo alla comunicazione dell'intenzione del conduttore di non rinnovare la locazione, essa si risolve in una sorta di rinuncia al diritto di prelazione in caso di nuova locazione, la quale non richiede alcun requisito formale. Il recesso del conduttore costituisce anche esso espressione dell'intenzione di non voler proseguire e, dunque, di non voler, a maggior ragione, rinnovare il contratto di locazione: esso, in tal senso, sembra implicare una rinuncia tacita alla prelazione per il caso di nuova locazione. Quanto alla risoluzione per inadempimento, la disposizione non ne precisa la natura, sicché può trattarsi di un qualunque inadempimento tale da giustificare la pronuncia di risoluzione, in esito tanto al giudizio di cognizione ordinaria, quanto al giudizio per convalida. Per quanto attiene alle procedure concorsuali, occorre dire in primo luogo che l'esclusione del diritto di prelazione in caso di nuova locazione si verifica nel caso di cessazione della locazione, la quale non è necessitata dalla dichiarazione di fallimento, giacché l'art. 80 l. fall. consente al curatore fallimentare di recedere dal contratto di locazione, ma non ne comporta lo scioglimento automatico. Parte della dottrina – evidenziando la sostanziale ingiustizia di un precetto che impone al locatore un contraente ormai insolvente – ha invece suggerito di interpretare la disposizione come se l'esclusione fosse prevista in occasione della dichiarazione di fallimento, indipendentemente dalla sua influenza sulla cessazione del rapporto, ma la soluzione non pare compatibile con la non equivoca lettera della norma. Regole identiche si applicano alla liquidazione coatta amministrativa in forza del rinvio contenuto nell'art. 201 l. fall. In caso di concordato preventivo e di amministrazione controllata, invece, l'art. 80 l. fall. non trova applicazione, mentre i rapporti pendenti proseguono, sicché l'esclusione dettata dall'art. 40 della l. n. 392/1978 sembra, anche questa volta, non operare. Alle cause di esclusione della prelazione espressamente menzionate dalla norma occorre aggiungere quelle che rendono incompatibile la sua applicazione: facendo riferimento all'elaborazione maturata con riguardo alla prelazione per il caso di trasferimento dell'immobile locato, sembra ad esempio da escludere la prelazione per la nuova locazione, se essa abbia ad oggetto non già l'immobile locato, ma l'intero stabile (o comunque un più ampio compendio immobiliare coerente) comprensivo dell'immobile locato. La stessa formula adoperato dalla legge («Diritto di prelazione in caso di nuova locazione») induce ad escludere la sussistenza della prelazione nel caso che il locatore proceda alla stipulazione di un nuovo contratto diverso dalla locazione, pur avendo ad oggetto la concessione di un diritto di godimento (per esempio, comodato). Sembra, inoltre, che non ogni nuova locazione determini il sorgere del diritto di prelazione, ma soltanto una locazione con destinazione d'uso compatibile con la tutela dell'avviamento commerciale cui la disposizione tende: perciò non sembra sussistere il diritto di prelazione in caso di nuova locazione con destinazione abitativa, ovvero con altra destinazione che non dia luogo al sorgere del diritto all'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale. La comunicazione al conduttoreLa denuntiatio deve essere effettuata a «alla scadenza del contratto rinnovato ai sensi dell'art. 28» (art. 40 l. n. 392/1978). Ciò vuol dire che nessun obbligo sussiste in proposito alla scadenza dei primi sei (o nove per le locazioni alberghiere) anni di durata del contratto. L'obbligo di denuntiatio, poi, sussiste ad ogni successiva scadenza, determinata dall'operatività del medesimo congegno di rinnovazione dettato dall'art. 28 della l. n. 392/1978. Naturalmente l'applicazione della disposizione richiede che il locatore abbia intimato, in vista della scadenza del contratto, tempestiva disdetta, giacché, in caso contrario, il contratto si rinnova per un ulteriore periodo della durata prevista dalla legge. Sebbene l'art. 40, comma, 1 della l. n. 392/1978, sembri riferirsi alle iniziative dirette alla stipulazione di una nuova locazione assunte dal locatore, non è dubbio che l'obbligo della denuntiatio sussista anche in caso di iniziativa partita dal terzo. L'espressione «almeno sessanta giorni prima della scadenza» (art. 40, comma 1, l. n. 392/1978) è da intendere nel senso della comunicazione debba pervenire al destinatario entro tale termine, trattandosi di atto recettizio diretto a concedere al conduttore lo spatium deliberandi ritenuto congruo dal legislatore. Quanto alla forma, è richiesta la raccomandata con avviso di ricevimento, il che postula il requisito formale minimo della scrittura. Ma sono da ritenere ammissibili mezzi equipollenti, secondo i criteri elaborati dalla giurisprudenza a vari riguardi, non ultima la denuntiatio di cui all'art. 38 della l. n. 392/1978 (al cui commento si rinvia). Quanto al contenuto, le «offerte» di cui all'art. 40, comma 1, della l. n. 392/1978 vanno poste in relazione con le «condizioni uguali» di cui all'art. 40, comma 3, della l. n. 392/1978: la denuntiatio, cioè, deve contenere non soltanto l'indicazione del nuovo canone, ma anche delle ulteriori clausole rilevanti (termini di pagamento, deposito cauzionale, eventuali garanzie ed altre obbligazioni complementari). È da escludere, invece, che la disposizione richiede l'indicazione del terzo, eventuale futuro conduttore, che, anzi, ben potrebbe mancare, dal momento che la denuntiatio è dovuta per il fatto stesso che il locatore intende locare a terzi l'immobile. La norma, inoltre, non prevede l'espresso invito ad esercitare la prelazione, contemplato dall'art. 38 della l. n. 392/1978. Può accadere, naturalmente, che le «offerte» menzionate dalla disposizione si succedano l'una all'altra, nel qual caso vanno comunicate anche le successive, sempre che siano più vantaggiose per il locatore. Allo stesso modo, qualora il terzo, in seguito lo sviluppo della trattativa con il locatore, offre migliori condizioni di quelle inizialmente prospettate, anche esse dovranno essere oggetto di denuntiatio. Effetti dell'omessa denuntiatio sull'azione di rilascio intrapresa dal locatoreNella giurisprudenza di merito, si è sostenuto che il locatore di immobile urbano destinato ad uso diverso da quello abitativo è obbligato, a norma dell'art. 40 della l. n. 392/1978, prima di ottenere il titolo giudiziario per il rilascio, a comunicare al conduttore, almeno sessanta giorni prima della scadenza naturale del contratto, le offerte ricevute da terzi per la locazione dell'immobile, al fine di consentire al conduttore medesimo la valutazione di accedere alle nuove condizioni contrattuali ed evitare il trasferimento dell'attività commerciale o industriale: con la conseguenza che l'azione di rilascio sarebbe interdetta dalla mancata denuntiatio (Pret. Latina 30 aprile 1996). Viceversa, è senz'altro da ritenere – già sulla scorta di Pret. Verona 17 novembre 1990 – che il mancato adempimento, da parte del locatore, dell'obbligo di comunicare l'offerta di nuova locazione al conduttore ovvero di manifestare l'intenzione di non concedere l'immobile in locazione a terzi, non impedisce che il locatore agisca per il rilascio: «Il secondo motivo di opposizione concerneva la volontà del C. di esercitare la prelazione ex art. 40 della l. n. 392 del 1978. In giurisprudenza è noto un solo precedente di merito che abbia negato il provvedimento di rilascio in mancanza della preventiva comunicazione al conduttore della prelazione per nuova locazione a norma dell'art. 40 (Pret. Latina 30 aprile 1996). L'infondatezza di questa tesi e la sua non applicabilità all'odierna fattispecie discendono in primo luogo dallo stesso testo dell'art. 40, ultimo comma, il quale prevede espressamente la possibilità che il locatore ottenga un titolo per il rilascio nei confronti di un conduttore avente diritto alla prelazione per nuova locazione. In secondo luogo, mette conto osservare che la giurisprudenza locale ... recepita dalla più diffusa dottrina, ha da tempo sostenuto il mancato adempimento da parte del locatore dell'obbligo, imposto dall'art. 40 della l. n. 392/1978, di comunicare l'offerta di nuova locazione al conduttore ovvero di manifestare l'intenzione di non concedere in locazione a terzi l'immobile, non impedisce che il locatore agisca per il rilascio. Si è in quell'occasione segnalato che la preventiva azione di rilascio è sovente indispensabile proprio per determinare con certezza la data della scadenza contrattuale, così stabilendo la data utile per l'invio della comunicazione di cui all'art. 40. Giova, inoltre, ricordare che la giurisprudenza delle sezioni unite ha risolto in tal modo la questione con riferimento ad analogo testo normativo, dettato dall'art. 69 della legge n. 392 del 1978 per favorire il rinnovo delle locazioni prorogate exartt. 67 e 71 della l. n. 392/1978. In quel caso, la Suprema Corte non mancò di segnalare l'identità della rubrica dei due articoli e lo stretto parallelismo tra essi corrente» (così Trib. Verona 10 dicembre 1997). L'avvio di una procedura di gara finalizzata alla locazione di un immobile in precedenza già locato non è illegittimo per violazione dell' art. 40, l. n. 392/1978 . Le procedure disciplinate dalla normativa pubblicistica seguite dall'Amministrazione per selezionare i propri contraenti non sono altro, se osservate dal punto di vista privatistico, che vere e proprie trattative contrattuali. La sussistenza di un precedente contratto di locazione non impedisce, dunque, l'avvio di una procedura di gara, ma obbliga soltanto l'Amministrazione, sempreché vi siano tutti i presupposti previsti dall' art. 40, l. n. 392/1978 , a comunicare la migliore offerta al precedente conduttore, affinché quest'ultimo, adeguandovisi, possa esercitare il diritto di prelazione. L'eventuale concreta lesione di questo diritto, inoltre, non trova rimedio nell'annullamento degli atti di gara, che non possono considerarsi illegittimi per la violazione di un obbligo privatistico facente capo all'Amministrazione, ma attraverso gli ordinari rimedi propri del diritto civile (T.A.R. Milano 7/2/2022, n. 281). L'esercizio del diritto di prelazioneSe il conduttore intende esercitare la prelazione, egli deve farlo entro trenta giorni offrendo a «condizioni uguali» a quelle contenute nella denuntiatio. In sostanza, egli non deve fare altro che accettare la proposta contrattuale da parte del locatore contenuta nella denuntiatio. Tale accettazione deve essere effettuata «nelle forme predette» (art. 40, comma 3, l. n. 392/1978), ossia mediante raccomandata con avviso di ricevimento, ovvero come mezzo equipollente. La conservazione del diritto di prelazioneL'art. 40, comma 4, della l. n. 392/1978 menziona due ipotesi in cui il conduttore conserva il diritto di prelazione anche in caso di stipulazione di un nuovo contratto di locazione tra il locatore il nuovo conduttore. Ciò accade: a) se il contratto tra il locatore e il nuovo conduttore sia sciolto entro un anno; b) se il locatore abbia ottenuto il rilascio dell'immobile non intendendo locarlo a terzi, e, viceversa, lo abbia concesso in locazione entro i sei mesi successivi. Nel primo caso, deve immaginarsi che il vecchio conduttore abbia ricevuto la denuntiatio, ma non abbia esercitato la prelazione, sicché il locatore legittimamente abbia stipulato il contratto con il nuovo conduttore. Sulle modalità di esercizio della prelazione la norma nulla dice. Sembra da credere che, una volta scioltosi il contratto, il locatore debba tempestivamente darne notizia al conduttore, il quale, se vorrà, potrà entro trenta giorni accettare le condizioni che non aveva ritenuto di accettare in precedenza. Nel secondo caso, accade che il locatore abbia in un primo tempo ottenuto il rilascio senza effettuare alcuna denuntiatio – in tal senso dovendosi intendere l'espressione «non intenda locarlo a terzi» – e, successivamente, si sia determinato (ovvero abbia palesato un'intenzione precedentemente nascosta) entro sei mesi dal rilascio (non dalla cessazione de iure del precedente vincolo) alla conclusione di una nuova locazione con il terzo. La disposizione, dunque, pone il locatore al riparo da ogni pretesa di esercizio della prelazione qualora la locazione sia stipulata oltre un semestre dopo il rilascio dell'immobile locato al vecchio conduttore. Con riguardo all'analoga previsione dettata dagli artt. 2 e 3 della l. 27 gennaio 1963, n. 19, è stato infatti osservato che, in realtà, tale norma indica la via più agevole che il locatore può legittimamente seguire per evitare la nascita del diritto di prelazione: intimare normale disdetta ed astenersi dal locare a terzi per sei mesi dal rilascio (Mirabelli, 305). La tutela meramente obbligatoria riconosciuta al conduttore in caso di violazione della prelazioneL'opinione prevalente della dottrina, secondo cui la violazione del diritto di prelazione in caso di nuova locazione dà luogo a conseguenze di ordine esclusivamente risarcitorio, senza che il vecchio conduttore possa sostituirsi al nuovo nel rapporto di locazione stipulato dal locatore di violazione dell'art. 40 della l. n. 392/1978, è stata accolta dalla Suprema Corte, con la pronuncia che segue. «Con riguardo al ricorso [...] è possibile desumere che la società ricorrente, con l'assunto di non aver rinunziato, per il solo fatto di aver percepito l'indennità di avviamento, alla pretesa d'essere preferita dal locatore nella stipulazione di un nuovo contratto di locazione, lamenta che, in violazione dell'art. 40 della l. n. 392/1978, il Tribunale le abbia denegato l'esercizio del diritto di prelazione sulla locazione, in luogo di ripristinare nei suoi confronti il rapporto locativo o, quanto meno, di attribuirle il risarcimento dei danni conseguenti al mancato ripristino del rapporto, posto che la società locatrice, senza previamente comunicarle le condizioni alle quali intendeva locare a terzi l'immobile, aveva locato il bene alla T.A. La doglianza non ha fondamento. Il tribunale ha correttamente osservato, in primo luogo, che alla N. non poteva attribuirsi il diritto di subentrare alla T.A. nel nuovo contratto di locazione perché l'art. 40 della l. n. 392/1978, pur attribuendo al conduttore la prelazione sulla stipulazione di un nuovo contratto di locazione da parte dell'originario locatore, non prevede che nel caso di violazione del diritto di prelazione dell'originario conduttore, quest'ultimo possa essere autoritativamente sostituito al soggetto al quale l'immobile sia stato nuovamente locato» (così Cass. n. 12098/2003). In dottrina, la medesima conclusione è stata da ultimo motivata, sulla scorta delle opinioni precedentemente manifestate, «anzitutto sulla base del rilievo testuale che la disposizione dell'art. 40, comma 2, menziona un obbligo di comunicazione e non un onere. In secondo luogo, le prescrizioni dell'art. 40 parlano in termini generali di offerte di locazione e di accettazione di tali offerte, sì da rendere palese che il meccanismo della prelazione non è concepito come una rinnovazione automatica, la quale viene meno perché il conduttore rinuncia ad avvalersene, quanto piuttosto come una trattativa che prevede un'adesione del conduttore alle nuove condizioni. In altre parole, concepire la prelazione come una rinnovazione automatica significherebbe ritenere che il contratto di locazione continua com'era, mentre in realtà la prelazione è per un contratto a nuove condizioni. Ma soprattutto, deve osservarsi che il legislatore del 1978 ha voluto introdurre la sanzione della prosecuzione automatica del rapporto, dimostrando così di conoscere tale strumento: ciò significa che la mancata previsione della rinnovazione automatica è indice di una mancata volontà legislativa di far operare questo meccanismo. Oltre alla insussistenza di una tutela sotto il profilo della rinnovazione del rapporto, manca altresì, a causa dell'assenza di una norma analoga a quella dell'art. 39, tutela reale, cioè un diritto di riscatto. Tale circostanza ben si giustifica qualora si abbia presente che nell'ipotesi in esame la prelazione non è riferita ad un negozio traslativo di diritti reali, bensì ad un negozio ad effetti obbligatori» (Gabrielli, Padovini, 836). Anche la tutela risarcitoria spettante al conduttore risente di limiti, in quanto essa non può avere ingresso, secondo l'indirizzo della Suprema Corte, nel caso che il vecchio conduttore abbia già percepito l'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale: «Altrettanto correttamente il tribunale ha osservato, in secondo luogo, che l'unico rimedio perseguibile dal prelazionante pretermesso – consistente nel diritto di ottenere dal locatore il risarcimento dei danni – era nella specie precluso alla N. per il fatto che questa società aveva percepito dal locatore la indennità per la perdita dell'avviamento commerciale. Il pagamento di tale indennità è, infatti, previsto dall'art. 34 della l. n. 392/1978 nel caso di «cessazione del rapporto di locazione», onde non può ritenersi che il conduttore, percepita la indennità, possa pretendere, al tempo stesso, il ripristino della locazione ovvero [...] il risarcimento dei danni conseguiti al mancato ripristino del rapporto» (Cass. n. 12098/2003). Come osservato dalla dottrina (Izzo, 2320), trattasi della prima ed unica decisione di legittimità, a quanto consta, in merito alle conseguenze della violazione del diritto di prelazione attribuito al conduttore di un immobile adibito ad uso diverso dall'abitazione che comporti contatti diretti col pubblico degli utenti e consumatori finali, per il combinato disposto degli artt. 35, 40 e 41 della l. n. 392/1978. La norma riproduce, sostanzialmente, quella dell'art. 2 della l. n. 19/1963 che è stata, così, trasferita nella nuova disciplina ordinaria delle locazioni degli immobili urbani che tutela l'avviamento commerciale con una normativa caratterizzata da un'incisività tale che ha, in concreto, privato di interesse pratico il diritto di prelazione per la nuova locazione dell'immobile che – pur dopo il tentativo legislativo di estensione a tutti i contratti di immobili adibiti ad uso non abitativo, compresi quelli per attività professionali, nel periodo di durata del regime transitorio attraverso l'introduzione dell'ultimo comma, dell'art. 69, operato con l'art. 1, ultimo comma, della l. n. 15/1987, di conversione in legge del d.l. n. 832/1986 che è stato, però, dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza n. 882/1988 della Corte costituzionale – resta riservata alla stessa categoria di attività privilegiate in quanto costituisce uno degli atteggiamenti della stessa tutela e, quindi, oltre alla prelazione legale, di natura reale, riconosciuta nella vigenza de iure del rapporto e all'attribuzione dell'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale alla scadenza della locazione che è configurata quale condizione di esigibilità della restituzione dell'immobile locato e determinata in una misura del danno valutato dalla legge iuris et de iure. L'innovazione normativa del pagamento dell'indennità quale condizione di esigibilità dell'obbligazione di restituzione dell'immobile e la determinazione del danno secondo una valutazione legale tipica che non consente più la prova contraria, hanno privato di rilevanza pratica – si è ulteriormente osservato – non tanto il diritto di prelazione per la nuova locazione, quanto, piuttosto, il risarcimento del danno per l'eventuale sua pretermissione perché nella vecchia normativa tale danno doveva, al pari dell'indennità per la perdita dell'avviamento, essere provato nel quantum, mentre nella novella legislativa il danno per mancata prosecuzione del rapporto è presunto iuris et de iure e deve essere liquidato prima della riconsegna dell'immobile. A ciò si deve aggiungere la diversità rispetto alla pregressa normativa che contemplava la facoltà del conduttore di sostituire il pagamento dovutogli per la perdita dell'avviamento commerciale, con una proroga biennale del contratto che, invece, non è stata prevista dalla novella legislativa del 1978. Tale evoluzione storica dell'istituto può spiegare la scarsa applicazione pratica della prescrizione normativa della prelazione per la nuova locazione, alla quale la dottrina, invece, ha riservato un'approfondita analisi per l'individuazione della sua natura giuridica e, per quel che interessa in relazione alla fattispecie esaminata dalla Corte, per l'ammissibilità o no, sia dell'eventuale ripristino coattivo del contratto anche in caso di successiva legittima detenzione dell'immobile da parte di un terzo, sia di un risarcimento danno aggiuntivo rispetto a quello determinato iuris et de iure ai fini dell'indennità per la perdita dell'avviamento, al pari, sostanzialmente della previsione normativa per l'esercizio nell'immobile riconsegnato della stessa attività svolta dal conduttore uscente. Ai due interrogativi principali risponde correttamente la Suprema Corte con la pronuncia da ultimo rammentata. La dottrina è unanimemente concorde sulla natura esclusivamente obbligatoria di tale tipo di prelazione e sull'impossibilità di una sostituzione coattiva del conduttore pretermesso al detentore dell'immobile restituito, in conformità al chiaro disposto di cui all'art. 1380 c.c. al quale la norma in questione non deroga, così come esclude che il conduttore pretermesso possa agire validamente ai sensi dell'art. 2932 c.c., mentre è divisa sulla configurabilità di un danno ulteriore a quello di cui alle indennità previste dall'art. 34 della legge e sulla legittimità di una tale pretesa da parte del conduttore. Diverse risultano le opinioni dottrinali in merito all'ammissibilità o meno di un risarcimento danni per così dire autonomo che vada ad aggiungersi alle indennità previste dall'art. 34, presunte iuris et de iure, in relazione alla diversità del titolo e potrebbe aggiungersi anche il diverso momento di nascita del diritto (il primo con la cessazione del contratto e il secondo con la nuova locazione), ovvero soltanto il maggior danno, sempre, però, a seguito della relativa prova del pregiudizio subito. Attenta dottrina non manca di osservare in proposito che la soluzione della questione incide su quella analoga se il conduttore che dopo la cessazione de iure del contratto prosegua nel rapporto con la stipulazione di un nuovo contratto possa pretendere comunque entrambe le due indennità previste dall'art. 34 già maturate perché continuerà a svolgere nell'immobile la stessa attività svolta in precedenza. La prospettazione della questione si dimostra di grande utilità perché consente una corretta soluzione per l'inammissibilità della stessa. Se è vero, infatti, che il diritto all'indennità per la perdita dell'indennità sorge indiscutibilmente a causa della cessazione della locazione, mentre quello relativo alla violazione della prelazione nasce per la conclusione di una nuova locazione col terzo in violazione della prelazione obbligatoria, con la conseguente comune natura contrattuale, è altrettanto vero, però che, da un lato, la legge, con il condizionare espressamente l'esigibilità dell'indennità nella misura stabilita iuris et de iure alla riconsegna dell'immobile, ha chiaramente collegato il danno presunto alla riconsegna dell'immobile senza la quale non è esigibile il diritto a percepire l'indennità, per cui pare consequenziale sul piano logico-giuridico l'inammissibilità di una percezione dell'indennità in mancanza del fatto (riconsegna dell'immobile locato) ritenuto per legge causativo, in concreto, del pregiudizio da risarcire e, dall'altro lato, che trattasi, in ogni caso, dello stesso danno che il conduttore subisce – secondo una valutazione legale tipica – a causa della cessazione della locazione per la mancata continuazione dell'attività svolta nell'immobile e che non ammette, in costanza di una presunzione legale al riguardo, la prova del danno effettivamente causato che laddove provato inciderebbe sulla coerenza del sistema e sul criterio paritario. La soluzione accolta dalla Corte appare rigorosamente corretta in relazione alla ratio generalmente condivisa della tutela unitaria della conservazione dell'attività imprenditoriale svolta nell'immobile locato che si atteggia variamente, attraverso la prelazione in caso di vendita che risulta alternativa rispetto all'indennità per la perdita dell'avviamento che, a sua volta, è logicamente alternativa alla nuova locazione dell'immobile, non essendo ammissibile alcuna cumulabilità tra i diversi mezzi di tutela che sono unificati dall'esigenza di tutela della conservazione dell'attività privilegiata, ma diversificati nel modo di realizzarla nelle diverse situazioni contingenti. Se i mezzi di tutela sono configurati giuridicamente in relazione alla mancata continuazione dell'attività nell'immobile, consegue logicamente che la continuazione dell'attività e, quindi, l'assenza della causa concreta delle attribuzioni legali fa venire meno tali attribuzioni normative. L'avvenuta percezione dell'indennità ha, pertanto, l'effetto naturale dell'integrale ed esaustivo risarcimento derivante dalla cessazione della locazione, secondo una valutazione legale tipica che non può essere contrastata da una prova contraria, anche se ai fini della prelazione in caso di nuova locazione, perché trattasi dello stesso pregiudizio valutato in via presuntiva dalla legge. I dubbi interpretativi trovano ragione nell'inserimento di un istituto giuridico concepito in un sistema diverso da quello nel quale è stato, poi, inserito, senza considerare l'interazione con le innovazioni introdotte e, principalmente, con la configurazione di una valutazione del danno per la cessazione della locazione secondo una valutazione legale tipica in relazione alla misura del corrispettivo, con una presunzione iuris et de iure e con un collegamento tra rilascio dell'immobile e pagamento dell'indennità per la perdita dell'avviamento che esaurisce la tutela accordata al conduttore per la mancata continuazione dell'attività imprenditoriale privilegiata. È proprio l'origine di tale specie di prelazione a confortare la sussistenza del limite ontologico dell'avvenuto risarcimento del danno, nella misura, ora presunta de iure e non più retrattabile, ma congeniale alla tutela unitaria dell'avviamento che, secondo il principio di ragionevolezza e meritevolezza, esclude la locupletazione del soggetto tutelato, al pari, se si vuole, della fattispecie dell'inadempimento delle obbligazioni pecuniarie (interessi legali e svalutazione), suscitando perplessità la prospettata configurazione di una sanzione non specificatamente disposta per la violazione del diritto di prelazione ed estesa in via analogica. BibliografiaBarrasso, Di Marzio, Falabella, La locazione. 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