Legge - 27/07/1978 - n. 392 art. 37 - Successione nel contratto.Successione nel contratto. In caso di morte del conduttore, gli succedono nel contratto coloro che, per successione o per precedente rapporto risultante da atto di data certa anteriore alla apertura della successione, hanno diritto a continuarne l'attività. In caso di separazione legale o consensuale, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, il contratto di locazione si trasferisce al coniuge, anche se non conduttore, che continui nell'immobile la stessa attività già ivi esercitata assieme all'altro coniuge prima della separazione legale o consensuale ovvero prima dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio. Se l'immobile è adibito all'uso di più professionisti, artigiani o commercianti e uno solo di essi è titolare del contratto, in caso di morte gli succedono nel contratto, in concorso con gli aventi diritto di cui ai commi precedenti, gli altri professionisti, artigiani o commercianti. Nelle ipotesi di recesso del titolare del contratto, succedono nello stesso gli altri professionisti, artigiani o commercianti. In tal caso il locatore può opporsi alla successione nel contratto, per gravi motivi, con le modalità di cui all'articolo precedente. InquadramentoL'art. 37 l. n. 392/1978 è suddiviso in tre commi che regolano fattispecie distinte. Il comma 1 reca una disciplina della successione per causa di morte che concerne il conduttore della locazione per uso non abitativo. La norma si pone sulla scia della disposizione precedente la legge sull'«equo canone», secondo cui in detta tipologia di rapporti la proroga operava a favore di chi, per successione o per precedente rapporto risultante da atto di data certa anteriore all'apertura della successione, avesse continuato l'attività del defunto (artt. 1, comma 4, l. n. 253/1950; art. 2-bis, comma 1, l. n. 351/1974). La norma in commento si discosta solo parzialmente dalla formulazione tali due norme, giacché anzitutto dispone al comma 1 che, in caso di morte del conduttore, gli succedono nel contratto coloro che, per successione o per precedente rapporto risultante da atto di data certa anteriore all'apertura della successione, hanno diritto a continuarne l'attività. La differenza tra la norma in esame e quelle previgenti sta nell'espressa previsione non di una proroga legale, ma di una vera e propria successione nel contratto. Inoltre, il subentro si realizza nei riguardi di colui che abbia diritto a continuare l'attività, senza che più rilevi il dato fattuale dalla prosecuzione dell'attività stessa. Il comma 2 è volto a regolare il caso della separazione-divorzio tra il conduttore ed il suo coniuge, nel qual caso il contratto di locazione si trasferisce al coniuge, anche se non conduttore, che continui nell'immobile la stessa attività già ivi esercitata assieme all'altro coniuge in precedenza. Costituisce, poi, novità assoluta disposizione in discorso l'estensione del congegno di subentro ai professionisti, artigiani e commercianti che occupavano l'immobile unitamente al conduttore deceduto, unico titolare del contratto: in tal senso, il comma 3 dispone che, se l'immobile è adibito all'uso di più professionisti, artigiani o commercianti e uno solo di essi è titolare del contratto, in caso di morte gli succedono nel contratto, in concorso con gli aventi diritto di cui ai commi precedenti, gli altri professionisti, artigiani o commercianti. La successione per causa di morteIl comma 1, secondo l'interpretazione corrente, presuppone lo svolgimento di attività imprenditoriale, sicché la successione da esso contemplata possiede un ambito applicativo non coincidente con la previsione dell'art. 27 della stessa legge, al cui commento si rinvia: e cioè, al di fuori dell'ambito delle attività imprenditoriali è stata ritenuta non ipotizzabile la configurazione di un diritto alla continuazione dell'attività, in particolare con riguardo alle attività professionali, in quanto strettamente personali e non trasmissibili. Ne discende che la disposizione deve essere riferita alle attività elencate nell'art. 27, comma 1, nn. 1) e 2) (attività industriali, commerciali, artigianali e di interesse turistico), e comma 3 (attività alberghiera) (Lazzaro, Preden, 599), oltre che all'imprenditore agricolo (Lazzaro, Preden, 600), ove ne ricorrano i presupposti. È in prevalenza ritenuto che la norma non sia applicabile alle locazioni di immobili destinati a particolari attività, ai sensi dell'art. 42 della legge, dal momento che la disposizione non richiama l'art. 37, e sia invece applicabile alle locazioni stagionali (Catricalà, 441; Trifone, 519; Cosentino, Vitucci, 363 Bucci, Malpica, Redivo, 466; Gabrielli, Padovini, 763). Si è altresì affermato che la disciplina della successione si estenderebbe anche alle locazioni transitorie di cui all'art. 27, comma 5, della legge: il periodo contenuto di durata di detti rapporti non sarebbe di ostacolo all'applicazione, posto che la temporaneità non escluderebbe il diritto del successore alla continuazione dell'attività (Trifone, 519). La dottrina è, inoltre, pressoché unanimemente orientata ad affermare che il subentro richieda non solo il diritto di proseguire l'attività, ma anche quello della sua effettiva prosecuzione (Trifone, 517; Cosentino, Vitucci, 356; Gabrielli, Padovini, 758). Difatti, come è stato osservato, non v'è dubbio la norma sulla successione non avrebbe significato qualora volesse privilegiare soggetti che non usano l'immobile per svolgervi l'attività cui in precedenza era stato destinato (Catricalà, 429). Perciò, il successore che non prosegua l'attività del suo dante causa, decade dal diritto al subentro (Cosentino, Vitucci, 356). In tale prospettiva, il successore non può mutare il tipo o l'oggetto dell'attività del conduttore originario, mentre può modificare le modalità e l'organizzazione del lavoro, la ditta o il numero dei dipendenti (Catricalà, 435): egli, cioè, può modificare le modalità della gestione dell'attività (Cosentino, Vitucci, 356; Gabrielli, Padovini, 758). La tesi finora esposta, secondo cui la successione si attuerebbe solo nel caso in cui l'avente diritto continui in concreto l'attività del de cuius non è condivisa da una parte minoritaria della dottrina, per la quale il subentro sarebbe subordinato al dato della sola legittimazione alla prosecuzione dell'attività stessa, indipendentemente dal fatto che essa venga poi esercitata (Bucci, Malpica, Redivo, 468). La Suprema Corte aderisce a quest'ultima opinione (Cass. III, n. 1093/1998; Cass. III, n. 1359/1994; Cass. III, n. 2629/1993). Viene dunque affermato che, in materia di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, l'art. 37 in esame, prevedendo per il caso di morte del conduttore, che succedano nel contratto coloro che, iure hereditario o per atto di anteriore all'apertura della successione, hanno diritto a continuare l'attività del dante causa, condiziona, con disposizione innovativa, la prosecuzione del rapporto locatizio alla sola titolarità astratta del diritto alla continuazione di tale attività, senza richiedere anche il fatto materiale della continuazione della stessa (Cass. III, n. 1093/1998). Viene così valorizzata la differenza letterale tra la formulazione della norma in commento e quella dettata dalla l. n. 253/1950 e dalla l.n. 351/1974. Sicché si è anche di recente ribadito che, in caso di estinzione della società conduttrice conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, ai fini della prosecuzione del rapporto locatizio da parte dei soci è sufficiente, ex art. 37 della l. 392 del 1978 , la mera titolarità astratta del diritto alla continuazione dell'attività economica esercitata dalla società estinta, non essendo necessario il fatto materiale della continuazione della stessa (Cass. III, n. 30832/2023). È stato così anche di recente ribadito che l'art. 37 della l. n. 392/1978 prevede, in ordine alle locazioni ad uso non abitativo, con disposizione innovativa rispetto a quelle degli articoli 1, comma 4, della l. 253/1950 e 2-bis della l. n. 351/1974, che, in caso di morte del conduttore, subentrano coloro i quali, per successione o per precedente rapporto (risultante da data certa anteriore all'apertura della successione), abbiano diritto di continuare l'attività, salvo che manifestino volontà contraria, non essendo necessario l'ulteriore requisito dell'esercizio diretto dell'attività richiesto dalle disposizioni previgenti (Cass. III, n. 24278/2017, che ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto obbligato l'erede del conduttore al pagamento dei canoni per i sei mesi successivi al recesso nonostante egli avesse accettato l'eredità con beneficio d'inventario ed avesse restituito le chiavi dell'immobile tempestivamente). Occorre aggiungere che il subentrante deve essere titolare di un vero e proprio diritto soggettivo e non di un mero interesse alla continuazione dell'attività del defunto. In tale prospettiva, ove il diritto alla continuazione dell'attività richieda la concessione delle licenze o autorizzazioni amministrative, cessate con la morte del titolare, la titolarità di dette licenze o autorizzazioni condiziona lo svolgimento dell'attività, sicché nessun successibile può vantare un diritto, ma solo legittime aspettative correlate al potere discrezionale della pubblica amministrazione (Cass. III, n. 2629/1993). In definitiva, se la ratio legis della successione nel contratto di locazione per uso non abitativo è individuata nell'esigenza di tutelare esclusivamente le posizioni soggettive contemplate nel comma 1, la indicazione del requisito del «diritto alla continuazione dell'attività» si collega unicamente al titolo che consente la successione nel rapporto ope legis, con un effetto immediato, non condizionato da alcun ulteriore requisito amministrativo (Cass. III, n. 11888/1993). Più in particolare, l'acquisto del diritto può derivare da una successione mortis causa o da un rapporto sorto precedentemente alla morte del conduttore, purché di data certa. La prima ipotesi certamente ricorre qualora il successibile sia istituito erede di un complesso patrimoniale di cui sia parte l'azienda ubicata nell'immobile locato. Più discusso è se il subentro possa attuarsi a beneficio del legatario, ove il lascito riguardi, appunto, i beni organizzati per l'esercizio dell'impresa (per l'affermativa Catricalà, 430; Gabrielli, Padovini, 755; dubbi prospettano Cosentino, Vitucci, 357). La seconda ipotesi è da riferire ai casi in cui consti un riscontro documentale antecedente alla morte del conduttore che attesti il diritto di continuare l'attività di questo. Lo scritto di data certa deve provenire dal conduttore deceduto (App. Milano 10 novembre 1987). Ad esempio, nel caso di società di fatto tra due o più persone di cui una soltanto risulti conduttrice dell'immobile adibito all'uso sociale, succedono, alla morte di quest'ultima, gli altri soci (Catricalà, 431; Cosentino, Vitucci, 357; Gabrielli, Padovini, 756), sempre che vi sia prova documentale del diritto alla prosecuzione dell'attività, prova che può essere desunta anche dalle dichiarazioni fiscali (Catricalà, 431; Gabrielli, Padovini, 756) o da fatture (Catricalà, 431). Viene poi menzionato il caso della licenza cointestata: si è detto, al riguardo, che il cointestatario che sopravviva all'originario conduttore conserva il diritto di continuare l'attività che già svolgeva nell'immobile anche se questa non possa considerarsi artigianale, commerciale o professionale; l'atto di data certa sarebbe poi dato dalla stessa licenza (Catricalà, 431). Va poi fatta menzione dell'ipotesi della cessione di azienda, qualora il conduttore dell'immobile trasferisca a un terzo l'azienda, ma detta cessione abbia efficacia differita, essendo sottoposta a condizione sospensiva o a termine iniziale (Catricalà, 431; Cosentino, Vitucci, 357; Bucci, Malpica, Redivo, 470; Gabrielli, Padovini, 756). Secondo alcuni la norma si applicherebbe anche con riguardo all'impresa familiare (Catricalà, 432). Gli immobili in coutenzaStabilisce il comma 3 della disposizione in esame che, se l'immobile è adibito all'uso di più professionisti, artigiani o commercianti, al titolare del contratto, in caso di morte, succedono, in concorso con i soggetti di cui ai primi due commi dello stesso articolo, gli altri professionisti, artigiani e commercianti. Scopo della norma, ancora una volta, è garantire un collegamento tra l'immobile oggetto del contratto e l'attività che in esso viene svolta, a prescindere dalle vicende personali del conduttore (Bucci, Malpica, Redivo, 471). L'ambito applicativo è ristretto. Il tenore letterale della disposizione esclude, infatti, che essa sia riferibile all'ipotesi in cui l'immobile locato sia destinato ad attività di lavoro autonomo distinta da quella svolta dai professionisti, artigiani o commercianti. In particolare, avuto riguardo alla disposizione dell'art. 27 della l. n. 392/1978, restano esclusi dalla vicenda successoria coloro che, in uno col titolare del contratto, svolgano nell'immobile un'attività industriale, alberghiera o di interesse turistico. In giurisprudenza, si è detto che non è ricompresa nella disciplina di cui alla norma in esame la locazione destinata all'uso di più esercenti l'attività assicurativa, come pure quella conclusa, in qualità di conduttore, da un ente pubblico non economico (Cass. III, n. 790/1992). Occorre poi chiarire se la destinazione dell'immobile all'attività professionale, artigianale o commerciale di più soggetti debba essere convenuta al momento della conclusione del contratto o, comunque, in mancanza, autorizzata dal locatore nel corso del rapporto. In dottrina, ciò è stato escluso sulla scorta della considerazione per cui l'uso dell'immobile da parte di più persone, anziché di una sola, non concreta un caso di «diversa destinazione» del bene e quindi non può configurarsi come inadempimento, a meno che il conduttore non sia espressamente obbligato a non consentire a terzi l'uso dell'appartamento (Catricalà, 436). Altri hanno affermato che, se non c'è stato consenso iniziale del locatore e se non ricorrono gli estremi di un'avvenuta cessione d'azienda, sussiste, quantomeno, presunzione di sublocazione, non essendo stato riprodotto nella l. n. 392/1978, e dovendosi ritenere incompatibile con la disposizione dell'art. 36 sulla sublocazione, l'art. 22, comma 1, della l. n. 253/1950 (Cosentino, Vitucci, 358 s.). L'orientamento restrittivo è seguito dalla giurisprudenza di legittimità, che ha però equiparato al consenso iniziale all'uso plurimo da parte del locatore quello successivo, manifestato in costanza della locazione (Cass. III, n. 11914/1995; Cass. III, n. 11349/1991): perché si possa invocare l'applicabilità dell'art. 37, comma 3, della l. n. 392/1978 ai fini della successione nelle locazioni non abitative da parte dei professionisti, artigiani o commercianti è necessario che l'uso plurimo sia stato previsto contrattualmente o, quantomeno, successivamente consentito dal locatore (Cass. III, n. 11914/1995). In tema di locazioni non abitative, i commi 3 e 4 dell'art. 37, che, con riguardo agli immobili adibiti all'uso di più professionisti, artigiani o commercianti, disciplinano, nel caso di morte o di recesso dell'unico titolare della locazione, la successione nel contratto degli altri, presuppongono che l'uso plurimo sia stato previsto contrattualmente o anche successivamente consentito dal locatore, sicché ove la destinazione dell'immobile in favore di più soggetti non sia stata prevista nel contratto stipulato dal locatore con uno soltanto di questi, l'eventuale occupazione di fatto dell'immobile da parte degli altri non li legittima a subentrare nel contratto (Cass. III, n. 13317/2015). Occorre ancora interrogarsi se la norma in commento richieda, quale presupposto per la successione, che la presenza nell'immobile della pluralità di professionisti, artigiani o commercianti debba sussistere fin dal momento in cui il conduttore è immesso nella detenzione dei locali. Secondo parte della dottrina, la previsione di cui al comma 3, dell'art. 37 abbraccerebbe anche il caso in cui il locatario, successivamente alla stipula del contratto, immetta nell'immobile altri soggetti che ivi svolgano la medesima attività che egli eserciti (Trifone, 518). Nello stesso senso è la Suprema Corte la quale ha posto l'accento sul testualmente esplicito esclusivo riferimento alla titolarità del contratto (Cass. III, n. 11349/1990). La giurisprudenza ha, inoltre, affermato essere legittimati al subentro quei soggetti che svolgano attività rientrante nella medesima categoria in cui rientrava l'attività del locatario deceduto. Si è detto, così, che la locuzione per cui «se l'immobile è adibito all'uso di più professionisti, artigiani o commercianti e uno solo di essi è titolare del contratto» non può avere altro significato che la limitazione all'uso comune della tutela in caso di successione nel contratto di più professionisti, più artigiani, più commercianti, vale a dire di categorie omogenee tra loro (Trib. Napoli 29 marzo 1984). Anche i giudici di legittimità hanno affermato il principio secondo cui l'attività del conduttore deceduto deve essere omogenea a quella degli altri soggetti che aspirano alla successione nel contratto (Cass. III, n. 8286/1991). Il diritto al subentro non può, dunque, essere riconosciuto ai soggetti che cooperano con il titolare del contratto in posizione di sottordinati. La disposizione non si applica, perciò, a coloro che siano legati al conduttore nella qualità di meri dipendenti, in detta categoria dovendosi ricomprendere i garzoni, gli apprendisti, i praticanti avvocati dello studio legale (Catricalà, 437; Bucci, Malpica, Redivo, 473). La successione nel contratto di locazione non spetta così ai sostituti del locatario (Trib. Roma 15 giugno 1983; Trib. Roma 12 settembre 1983). Gli effetti della successionePer effetto della successione, il soggetto legittimato al subentro diviene titolare di tutti gli obblighi e i diritti discendenti dal contratto. Si è ritenuto, in dottrina, che l'assunzione della qualità di parte implichi anche il trasferimento, al successore, dell'obbligazione avente ad oggetto i canoni non corrisposti dal suo dante causa (Catricalà, 440). Nell'ipotesi in cui i soggetti chiamati a succedere siano più di uno, tutti subentrano nella locazione, e non separatamente e in via gradata, ma congiuntamente (Catricalà, 441; Cosentino, Vitucci, 359; Lazzaro, Preden, 605), sicché l'eventuale azione di rilascio deve essere promossa nei confronti di tutti i successori. La giurisprudenza esclude che, mancando le condizioni per l'applicazione della norma in commento, la successione nel contratto di locazione al conduttore deceduto possa essere regolamentata dalle norme di diritto comune e, in specie, dall'art. 1614 c.c. La l. n. 392/1978 ha infatti disciplinato compiutamente la successione nel contratto di locazione con i citati artt. 6 e 37, onde la disposizione codicistica sopra richiamata deve ritenersi abrogata (Cass. III, n. 11328/1990). BibliografiaBarrasso, Di Marzio, Falabella, La locazione. 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