Codice di Procedura Civile art. 417InquadramentoLa possibilità enunciata dall'art. 417, comma 1, c.p.c. per la parte di stare in giudizio personalmente quando il valore della causa non ecceda € 129,11 è una deroga rispetto all'art. 82 c.p.c. – il quale enuncia che, davanti al giudice di pace le parti possono stare in giudizio personalmente nelle cause il cui valore non eccede € 1.100, mentre, negli altri casi, le parti non possono stare in giudizio se non col ministero o con l'assistenza di un difensore, e, che salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti, davanti al tribunale ed alla corte d'appello le parti devono stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente – ed alla regola comune che prevede la necessità della difesa tecnica delle parti dinanzi al giudice. In particolare, la suddetta disposizione normativa – la quale, si applica anche per le controversie locatizie per effetto del richiamo all'art. 417 c.p.c. contenuto nell'art. 447-bis c.p.c. – enuncia che la parte può stare in giudizio personalmente, in ciò riferendosi indiscriminatamente tanto alla parte istante quanto a quella evocata in giudizio. Inoltre, tale facoltà – che nella prassi ha trovato una modestissima applicazione nell'utenza – è limitata dall'art. 416, comma 1, c.p.c. al primo grado di giudizio. La stessa norma citata prevede altresì che la possibilità per la parte di stare in giudizio personalmente è riservata alle cause di risibile valore, il cui limite deve ritenersi generalmente invalicabile, coerentemente con la sottostante ratio legis istitutiva di detta facoltà. In dottrina (Montesano, Vaccarella, 145; Tarzia, Dittrich, 131; Luiso, 123) al riguardo, si è precisato che se il limite di valore indicato dall'art. 417 c.p.c. non viene superato, non è necessaria alcuna autorizzazione del giudice per la parte che intende stare in giudizio personalmente senza l'assistenza del difensore. Nel rito locatizio, la costituzione personale del convenuto senza l'assistenza del difensore, trova invece non di rado ingresso – al fine di contenere per la stessa parte intimata le spese della procedura attivata dal locatore – nella fase sommaria dei procedimenti afferenti la convalida di sfratto o licenza per finita locazione, in ragione del valore non superiore al limite indicato dall'art. 417 c.p.c. ovvero, quando l'intimato compare al solo fine di chiedere un termine di grazia per sanare la morosità ovvero, senza opporsi, unicamente per conseguire la fissazione di un congruo termine dal giudice per curare il materiale rilascio dell'immobile al termine della locazione. La costituzione e difesa personale delle partiL'art. 417, comma 2, c.p.c. consente alla parte di proporre la domanda personalmente in forma di ricorsoex art. 414 c.p.c. diretto al giudice e di costituirsi personalmente depositando una memoria di costituzione ex art. 416 c.p.c. con elezione di domicilio nel territorio della Repubblica italiana. A seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164 noto come Correttivo alla riforma Cartabia, recante disposizioni integrative e correttive al d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, a sua volta recante l'attuazione della l. 26 novembre 2021, n. 206, recante la delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonchè in materia di esecuzione forzata, il comma 2, dell'art. 417 c.p.c. attualmente prevede che la parte che stà in giudizio personalmente propone la domanda nelle forme di cui all'art. 414 c.p.c. o si costituisce nelle forme di cui all'art. 416 c.p.c. con elezione di domicilio nell'ambito del territorio della Repubblica e può indicare un indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi od eleggere un domicilio digitale speciale. La parte se sceglie di proporre la domanda nelle forme stabilite dall'art. 414 c.p.c. per il ricorso, dovrà rispettarne i relativi requisiti, sia in punto di petitum sia per quanto concerne la causa petendi, avendo cura di allegare i mezzi di prova di cui intende avvalersi ed i documenti che offre in comunicazione. Allo stesso modo, se sceglie di costituirsi nelle forme di cui all'art. 416 c.p.c. e, quindi, con una memoria, anche quest'ultima dovrà rispettare i criteri di forma e di contenuto previsti dall'anzidetta disposizione normativa, anche sotto il profilo della proposizione di un'eventuale domanda riconvenzionale. Infatti, l'art. 417 c.p.c. laddove disciplina la costituzione e difesa personale delle parti, si riferisce unicamente alla possibilità che quest'ultime possano stare in giudizio personalmente, stabilendo delle facilitazioni nel prendere contatto con il giudice, ed alleggerendone la sopportazione degli oneri procedurali riguardanti le notificazioni degli atti introduttivi del giudizio, e, di quelli successivi, nel corso dello stesso, senza però escludere il rispetto dell'osservanza dei restanti requisiti ed elementi essenziali caratterizzanti lo svolgimento del rito lavoristico sul quale è modellato quello locatizio. L'art. 417, comma 3, c.p.c. prevede anche una ulteriore modalità di costituzione personale della parte, laddove quest'ultima scelga di comparire dinanzi al giudice proponendo la domanda giudiziale verbalmente, lasciando allo stesso giudice il compito di fare redigere al cancelliere il relativo processo verbale. Anche in tale ultima ipotesi, vale quanto già precisato in punto di rispetto dell'osservanza dei requisiti ed elementi caratterizzanti il rito speciale, atteso che la parte, anche laddove proponga la domanda verbalmente al giudice, deve in ogni caso rispettarne i relativi contenuti stabiliti dall'art. 414 c.p.c. ovvero dall'art. 416 c.p.c., risultando deviata rispetto alla regola generale, la sola modalità di proposizione o di costituzione della domanda giudiziale, non anche l'adozione di ogni criterio valutativo inerente l'aspetto sostanziale, concernente da un lato, petitum e causa petendi e, dall'altro, le stesse allegazioni probatorie e documentali necessarie per la dimostrazione della fondatezza del diritto che si intende fare valere. A confermare tale assunto, sovviene una precisazione contenuta nell'art. 415 c.p.c., laddove si riferisce alla notifica del ricorso unitamente al decreto di fissazione dell'udienza al convenuto, a cura dell'attore, entro dieci giorni dalla data di pronuncia del decreto, salvo quanto disposto dall'art. 417 c.p.c., che invece prevede la notifica alle stesse parti a cura della cancelleria del giudice adito, laddove è allora evidente che la deroga in questione attiene unicamente alla notifica degli atti che la norma in commento – contrariamente a quanto prescrive invece l'art. 415 c.p.c. – riserva alla cancelleria. Aggiungasi che proprio sulla scorta di una siffatta previsione derogatoria, espressamente enunciata dall'art. 415 c.p.c. si potrebbe intendere che in assenza di ulteriori deroghe ad hoc inerenti le ulteriori disposizioni di forma e di contenuto enunciate negli artt. 414 e 416 c.p.c., quest'ultimi debbano trovare integrale applicazione anche nell'eventualità che ai sensi dell'art. 417 c.p.c. la parte si difenda personalmente in giudizio. Non a caso è lo stesso art. 417, comma 2, c.p.c. a prevedere testualmente che quando la parte sta in giudizio personalmente, propone la domanda nelle forme di cui all'art. 414 c.p.c. o si costituisce nelle forme di cui all'art. 416 c.p.c., giacché, argomentando diversamente su tale questione specificamente considerata, tale doppia previsione “nelle forme” non avrebbe alcun senso giuridico. In dottrina (Fazzalari, 3), si è evidenziata da un lato, la circostanza che il giudice deve fare verbalizzare ciò che l'attore gli espone e dichiara, non essendovi margine per una sua assistenza alla parte, atteso che se in concreto il giudice verrà tratto a dare forma più accettabile alle dichiarazioni dell'attore non potrà suggerirgli l'eliminazione di alcune lacune relative alla configurazione del rapporto controverso, né in punto di fatto né in punto di diritto, e dall'altro, che il convenuto deve subito “vuotare il sacco”, vale a dire proporre tutte le sue difese in fatto ed in diritto. Nel processo del lavoro, la notificazione al contenuto del processo verbale in cui è documentata la domanda, proposta oralmente ai sensi dell'art. 416 c.p.c., è validamente sostituita dalla comparizione spontanea di entrambe le parti per la verbalizzazione delle rispettive domande e difese (Cass., sez. lav., n. 2316/1978). La notificazione degli atti introduttivi del giudizio e del decreto di fissazione dell'udienzaL'art. 417, comma 4, c.p.c. dispone che il ricorso o il processo verbale con il decreto di fissazione dell'udienza devono essere notificati al convenuto ed allo stesso attore a cura della cancelleria entro i termini di cui all'art. 415 c.p.c. L'art. 417 c.p.c. prevedendo che il relativo onere di notificazione venga assolto dalla cancelleria del giudice adìto, deroga a quanto dispone lo stesso art. 415, comma 4, c.p.c. laddove prevede che – quando la parte è assistita dal difensore – il ricorso unitamente al decreto di fissazione dell'udienza deve essere notificato al convenuto, a cura dell'attore. Infatti, l'unico richiamo contenuto nell'art. 417 c.p.c. all'art. 415 c.p.c. concerne il rispetto dei termini per la notifica del ricorso o del processo verbale con il decreto di fissazione dell'udienza ad opera della cancelleria. È importante evidenziare che la norma in commento richiama soltanto i termini per la notifica e non anche quelli ulteriori previsti dall'art. 415 c.p.c. tra cui quello inerente l'emissione del decreto di fissazione dell'udienza di discussione da parte del giudice. La ratio legis è volta chiaramente a facilitare ulteriormente l'esplicazione concreta del diritto di difesa esercitato eccezionalmente ex art. 417 c.p.c. personalmente dalla singola parte interessata – sia essa ricorrente o convenuta nel relativo giudizio – esonerandole dall'esecuzione di adempimenti formali, ed allo stesso tempo, di evidente natura “tecnica” il cui disbrigo è normalmente curato dal patrocinatore legale, ponendoli in condizione di ricevere legale scienza dell'avvenuta instaurazione del contraddittorio dinanzi al giudice adito, con l'invito a comparire all'udienza di discussione fissata dallo stesso giudice per decreto. La dottrina ha, infatti, evidenziato la deviazione enunciata nella norma in commento rispetto a quanto stabilito in linea generale dall'art. 415, comma 4, c.p.c. (Luiso, 123). Nel processo del lavoro, le comunicazioni o notificazioni, alla pubblica amministrazione devono essere eseguite per via telematica all'indirizzo di posta elettronica come individuato dal Registro denominato PP.AA, che si distingue dal Registro Generale degli Indirizzi Telematici in genere richiamato con l'acronimo Reginde. A partire dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 76/2020, conv. con mod. in l. n. 120/2020 è anche possibile che le notifiche avvengano presso l'indirizzo telematico di "aree organizzative omogenee", parimenti indicato nel Registro PP.AA., a condizione che vi sia corrispondente ed apposita elezione di domicilio digitale nel processo, restando, pertanto, ammissibile la notificazione presso la cancelleria nella sola ipotesi di impossibilità di procedere alla notifica telematica, laddove imputabile alla P.A. medesima (Cass. lav., n. 32166/2021). Nei giudizi di lavoro, le comunicazioni e le notificazioni alle pubbliche amministrazioni che stanno in giudizio mediante propri dipendenti, vanno eseguite esclusivamente per via telematica agli indirizzi di posta elettronica comunicati, senza che, ove effettuate al funzionario delegato con altre modalità, possa operare la sanatoria per il raggiungimento dello scopo (Cass., sez. lav., n.24817/2024). In presenza dei suddetti indirizzi telematici, la notifica va sempre previamente tentata presso i medesimi (v.Cass. lav., n. 14195/2021, con riguardo delle comunicazioni e notificazioni telematiche della sentenza a cura della Cancelleria). Le notificazioni successive degli atti processuali alle parti costituiteL'art. 417, comma 5, c.p.c. dispone che alle parti che stanno in giudizio personalmente ogni ulteriore atto o memoria deve essere notificato dalla cancelleria. La norma in esame si riferisce alle parti che “stanno in giudizio”, ed in quanto tali, dovrebbe allora intendersi che siano “costituite”, quindi, implicitamente sembrerebbe doversi escludere l'onere di notificazione di ogni ulteriore atto o memoria del processo alla stessa parte, che, sebbene regolarmente evocata in giudizio dalla controparte, ha tuttavia scelto di rimanere contumace. In dottrina (Perone, 148), si è sottolineata la ratio legis sottostante all'esecuzione del suddetto onere, che la stessa disposizione normativa in commento riversa sulla cancelleria del giudice adito, trovando la sua ragione d'essere nella necessità di evitare alle stesse parti costituite le difficoltà insite nell'adempimento di attività che normalmente, sono curate dal difensore. BibliografiaConsolo, Codice di procedura civile commentario, diretto da Consolo, tomo III, Milano, 2018; Fazzalari, Appunti sul diritto del lavoro, in Giur. it., 1974, IV; Luiso, Il processo del lavoro, Torino, 1992; Masoni, Le locazioni, II, Il processo, a cura di Grasselli e Masoni, Padova, 2013; Montesano, Vaccarella, Manuale di diritto processuale del lavoro, Napoli, 1996; Montesano, Arieta, Diritto processuale del lavoro, Napoli, 1996; Montesano, Arieta, Trattato di diritto processuale civile, II, 1, Padova, 2002; Perone, Il nuovo processo del lavoro, Padova, 1975; Tarzia, Manuale del processo del lavoro, Milano, 2008; Tarzia, Dittrich, Manuale del processo del lavoro, Milano, 2015. |