Ricorso al lavoro autonomo: quando non è elusivo delle norme sul subappalto

Paola Martiello
28 Aprile 2020

Al fine di evitare l'elusione della disciplina in materia di subappalto il ricorso al lavoro autonomo è subordinato all'individuazione specifica del contenuto delle attività da svolgere, non coincidente con la diretta esecuzione delle attività oggetto dell'appalto; ciò in quanto l'affidamento di mansioni a lavoratore autonomo implica lo svolgimento delle stesse da parte di un soggetto esterno all'organizzazione dell'appaltatore e non nella stessa stabilmente incardinato come dipendente.

Il caso. La pronuncia affronta la questione della possibilità o meno di ricorrere al lavoro autonomo per effettuare parte dei servizi oggetto di gara e sulla compatibilità del regime contrattuale del lavoro autonomo con i compiti del direttore tecnico.

In particolare, il TAR è chiamato a pronunciarsi avverso l'esclusione di un RTI aggiudicatario, in quanto quest'ultimo prevedeva il ricorso a lavoratori autonomi per lo svolgimento di una rilevante parte delle attività contrattuali, in violazione - a parere della Stazione Appaltante - del limite del 30% previsto dal comma 2 dell'articolo 105 del d.lgs. n. 50/2016 (nella versione vigente al momento della gara).

La soluzione. Il Collegio dopo aver ricordato che l'art. 105 del Codice dei Contratti, al fine di escludere la riconducibilità del lavoro autonomo al subappalto, richiede lo svolgimento da parte del lavoratore autonomo di “specifiche attività”, evidentemente non coincidenti con la diretta esecuzione delle attività oggetto dell'appalto, ma con lo svolgimento di attività accessorie o strumentali all'esecuzione delle prestazioni contrattuali, condivide l'orientamento giurisprudenziale secondo cui deve essere qualificato come subappalto “qualunque tipo di contratto che intercorra tra l'appaltatore e un terzo in virtù del quale talune delle prestazioni appaltate non siano eseguite dall'appaltatore con la propria organizzazione, bensì mediante la manodopera prestata da soggetti giuridici distinti, in relazione ai quali si pone l'esigenza che siano qualificati e in regola con i requisiti di ordine generale; non sussiste sub-appalto soltanto laddove le prestazioni siano eseguite dall'appaltatore in proprio, tramite la propria organizzazione imprenditoriale” (Cons. Stato, sez. V, 3 aprile 2018, n. 2073).

In tale contesto il ricorso al lavoro autonomo, pur se consentito, osserva il Tribunale, è subordinato dal Codice, al fine di evitare un uso elusivo delle norme poste in materia del subappalto, all'individuazione specifica del contenuto delle attività da svolgere; ciò in quanto l'affidamento di parte delle mansioni a lavoratore autonomo implica lo svolgimento delle stesse da parte di un soggetto esterno all'organizzazione dell'appaltatore e non nella stessa stabilmente incardinato, come un lavoratore dipendente.

Alla luce di tali principi la valutazione operata dall'Amministrazione, in ordine alla connotazione quantitativa e qualitativa del ricorso al lavoro autonomo nell'offerta del ricorrente, ad avviso del Collegio, risulta immune da vizi, essendo stato correttamente posto in evidenza che i lavoratori autonomi non erano, nella specie, incaricati di specifiche attività, come richiesto dal Codice, ma piuttosto della diretta esecuzione, in via generale, di attività costituenti l'oggetto principale dell'appalto, per l'intero periodo di durata del contratto. Con riferimento, in particolare, alla figura del Direttore tecnico, la stazione appaltante ha rilevato che, essendo allo stesso demandato l'“ottimale e costante dimensionamento, in quantità e qualità, dei team assegnati ai diversi servizi in conformità a quanto previsto dal contratto d'appalto e rispetto alle esigenze dell'Amministrazione”, tale incarico, per la sua generalità ed essenzialità rispetto al contenuto del servizio richiesto, non poteva essere svolto nelle forme del lavoro autonomo.

In conclusione. I suesposti principi costituiscono, a parere del TAR, adeguata motivazione dell'esclusione, risultando evidente che lo svolgimento di tali attività nelle forme del lavoro autonomo implica l'affidamento del nucleo centrale delle prestazioni richieste a soggetto distinto rispetto all'affidataria del servizio e non incardinato stabilmente nell'organigramma della stessa, contrariamente a quanto sostenuto dal RTI ricorrente.

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