Anche la revocatoria “in via breve” è soggetta al “doppio termine”?

21 Maggio 2020

La pronuncia in rassegna pone al centro dell'attenzione la vexata quaestio generata dai termini decadenziali, di cui all'art. 69-bis, comma 1, l.fall. In particolare, si tratta di stabilire se il “doppio termine”, valga, o meno, anche per la cosiddetta revocatoria incidentale, (o “in via breve”).

I Giudici della Prima sezione civile della S. Corte, con l'ordinanza n. 9136/20, depositata il 19 maggio 2020, precisano che l'art. 95, comma 1, l.fall., allorquando si riferisce all'eccezione revocatoria sollevata per le vie brevi dal curatore fallimentare e alla relativa prescrizione dell'azione, richiama il doppio termine di cui all'art. 69-bis, comma 1, l. fall., nonostante l'espresso richiamo nella rubrica della norma da ultimo citata al termine decadenziale dell'azione.

Il fatto. Con il decreto impugnato il Tribunale di Reggio Emilia, decidendo sull'opposizione allo stato passivo della Banca Omega nei confronti della curatela fallimentare della Immobiliare Alfa s.r.l. avverso il provvedimento di parziale ammissione al passivo emesso dal giudice delegato – con il quale il creditore istante era stato ammesso per il solo credito derivante dal contratto di mutuo fondiario pari ad € 428.093,47 ed escluso, invece, per gli ulteriori crediti azionati relativi al saldo di un conto corrente e quelli ipotecari relativi al saldo di un altro conto, per nullità dei relativi contratti e per l'accoglimento dell'eccezione revocatoria relativa alla costituzione della garanzia ipotecaria – ha confermato il provvedimento del giudice delegato, rigettando, pertanto, la proposta opposizione. Il Tribunale reggiano ha ritenuto che, quanto al credito pari ad € 2.607, la nullità del contratto di conto corrente, ai sensi dell'art. 117 T.U.B., per carenza di forma scritta, discendesse dalla mancata produzione in giudizio da parte del creditore istante dei contratti relativi all'apertura dei predetti conti. Il giudice emiliano ha, inoltre, ritenuto l'eccezione revocatoria proposta dal curatore, in sede di verifica dello stato passivo, per un verso, ammissibile, anche se prescritta la relativa azione, ai sensi del novellato art. 95, l.fall., dovendosi, a tal fine, ritenere irrilevante la questione nominalistica della differenza tra “prescrizione” e “decadenza”, ex art. 69-bis, l.fall. e, per altro verso, fondata, perché, attraverso la diversa numerazione del conto corrente, era stata posta in essere un'operazione di apertura di credito ipotecaria con l'evidente finalità di trasformare un credito chirografario in credito privilegiato. Quest'ultimo decreto è stato impugnato dalla Banca Omega e da Beta Gestione Crediti s.p.a., con ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, cui la curatela fallimentare ha resistito con controricorso. In particolare, per quanto qui ci occupa, con il primo motivo di gravame la parte ricorrente lamenta l'erronea applicazione degli artt. 95 e 69-bis, l.fall., in relazione al profilo della decadenza dall'azione diversa dalla prescrizione. Si evidenzia che l'art. 95, l.fall., prevede la possibilità di sollevare da parte del curatore eccezioni estintive, modificative ed impeditive o comunque di eccepire l'inefficacia del titolo relativo al credito o alla prelazione, anche se è prescritta la relativa azione, con la precisazione tuttavia che la decadenza di cui all'art. 69-bis, l.fall., non è compresa nel predetto regime normativo. Sul punto, I Giudici della S. Corte dissentono, chiarendo che è proprio il contenuto dell'art. 95, comma 1, l.fall., laddove richiama la possibilità per il curatore di eccepire la “inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione”, a richiamare, per la revocatoria azionata “in via breve”, i termini dettati dall'art. 69-bis, comma 1, l.fall., allorquando, nella norma stessa, si fa riferimento alla prescrizione della relativa azione giudiziaria. E ciò per la evidente ragione che gli unici termini richiamabili, per le azioni revocatorie disciplinate dalla Sezione III del Titolo II della legge fallimentare, sono proprio quelli di cui al predetto art. 69-bis. Ne consegue che non possono ritenersi condivisibili le osservazioni spese dall'istituto di credito quanto ad una ontologica differenza tra i termini “decadenziali”, disciplinati dall'art. 69-bis, l.fall., ed il termine di prescrizione ordinaria dell'azione revocatoria, per come richiamati dall'art. 95, comma 1, l. fall., in relazione al regime di eccezioni sollevabili dal curatore fallimentare, in sede di redazione del progetto di stato passivo. Il quarto e il quinto motivo di censura, invece, che riguardano la medesima doglianza relativa alla mancata ammissione del credito da saldo di conto corrente ipotecario, sono ritenuti fondati. Il decreto impugnato viene dunque annullato e rinviato al Tribunale di Reggio Emilia, cui viene demandata la decisione anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Il tenore letterale dell'art.69-bis, l.fall., indica che la revocatoria fallimentare non può più essere esperita quando scade uno dei due termini da esso previsti. Prima della riforma della legge fallimentare ai sensi del d. lgs. n. 5/2006 tanto la giurisprudenza, quanto la prevalente dottrina erano concordi nel ritenere che la disciplina della prescrizione di cui all'art. 2903, c.c., fosse applicabile in riferimento all'azione revocatoria fallimentare. Le nuove disposizioni entrate in vigore dal 16 luglio 2006 sono dettate dall'art. 69-bis, l.fall., che disciplina la “decadenza dall'azione” prevedendo l'impossibilità di dare corso all'azione revocatoria decorsi tre anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque decorsi cinque anni dal compimento dell'atto. Nel caso, invece, in cui si fosse previsto un termine soltanto decorrente dalla dichiarazione di fallimento, ciò non sarebbe stato sufficiente a scongiurare l'eventualità di un divario temporale eccessivo ed irragionevole tra il compimento dell'atto revocabile e la sua impugnazione. Proprio per evitare tale evenienza è stato aggiunto un secondo termine decorrente dall'atto revocando. L'art. 69-bis, l.fall., pertanto, mira a bilanciare due diverse esigenze; da una parte quella di porre il titolare dell'azione revocatoria al riparo dal decorso del tempo finché costui si trovi nell'impossibilità di esercitarla; dall'altra parte, vi è l'interesse del terzo revocando a non essere soggetto sine die alle conseguenze dell'esercizio del diritto di azione altrui. A garanzia di questo interesse opera il termine quinquennale, che funge da limite estremo alla situazione di soggezione in cui versa il soggetto contro il quale può esperirsi la revocatoria.

La figura della cosiddetta revocatoria incidentale è stata da tempo accolta dalla giurisprudenza, la quale ha osservato come nella fase di verifica dei crediti non è necessario, per escludere il credito o la garanzia, che venga formalmente proposta dal curatore l'azione revocatoria. La legge, infatti, consente al giudice delegato l'indicata esclusione sulla semplice contestazione del curatore medesimo, né quest'ultimo è tenuto a proporre, in via riconvenzionale, tale azione nel giudizio promosso dal creditore ai sensi dell'art. 98, l.fall., essendo sufficiente che si limiti a richiedere il rigetto della proposta opposizione allo stato passivo; tuttavia, non essendovi stata proposizione di azione revocatoria in senso formale, la richiesta del curatore non ha carattere autonomo, con la conseguenza che il mancato riconoscimento da parte del giudice delegato di un credito o di un privilegio resta circoscritto nell'ambito della verifica dello stato passivo, cui è strettamente funzionale la richiesta del curatore. Il principio ha trovato ora riconoscimento nell'art. 95, comma 1, l.fall., che ha qualificato come eccezione la titolarità di tale potere in capo al curatore; così che la pronuncia giudiziale non dichiara l'inefficacia, né dispone restituzioni, ma si limita ad escludere il credito o la prelazione, in ragione della revocabilità del titolo della pretesa.

Anteriormente alla riforma fallimentare ai sensi del d. lgs. n. 5/2006 era sorto il problema, di grande rilevanza pratica, se il diritto del curatore di far valere in via d'eccezione la revocabilità fosse soggetto al termine di prescrizione quinquennale. La dottrina prevalente escludeva che la curatela dovesse attivarsi entro il predetto termine prescrizionale, in quanto il principio quae temporalia ad agendum perpetua ad excipiendum, accolto all'art. 1442, comma 4, c.c., era considerato espressione di una regola di carattere generale, applicabile analogicamente anche all'eccezione di revocabilità. Di contrario avviso si mostrava invece altra dottrina, seguita dalla giurisprudenza di legittimità. Nel contrasto fra le due opinioni, il legislatore del 2006 ha aderito tuttavia alla tesi più liberale, prevedendo all'art. 95, l. fall., che il curatore può eccepire l'inefficacia del titolo o della prelazione anche se è prescritta la relativa azione. Peraltro, questo è quanto viene confermato esplicitamente dalla S. Corte nella decisione de qua laddove precisano come risulti chiara la volontà del legislatore di codificare, nell'art. 95, comma 1, l.fall., per l'eccezione revocatoria, l'adesione al succitato principio temporalia ad agendum, perpetua ad excipiedum.

È pacificamente ammessa la revocatoria “in via breve” di un atto o di una garanzia in sede di verifica dello stato passivo, sull'implicito presupposto che la revocabilità possa formare oggetto di eccezione proposta nei confronti del creditore istante. Nella fase di verifica dei crediti, pertanto, non è necessario, per escludere il credito o la garanzia, che venga formalmente proposta azione revocatoria da parte del curatore, perché la legge consente allo stesso giudice delegato l'indicata esclusione sulla base della semplice contestazione del medesimo curatore (ex multis, Cass. civ., sez. I, 26 luglio 2002, n. 11029). Ne consegue l'ammissibilità dell'eccezione revocatoria relativa, ad esempio, alla costituzione di una garanzia ipotecaria, come nel caso che qui ci occupa.

In conclusione. L'art. 95, l.fall., nella parte in cui si riferisce alla prescrizione dell'azione deve ritenersi evocare, per l'eccezione revocatoria sollevata “in via breve”, proprio i termini di cui all'art. 69-bis, comma 1, l.fall., non rivestendo valenza decisiva la circostanza che essi siano qualificati, nella rubrica della norma, termini di “decadenza” e non già di “prescizione”.

In definitiva, è superfluo ribadire che rubrica legis non est lex.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.