Indici di affidabilità: modifiche necessarie a causa della pandemia
09 Giugno 2020
La coefficientazione
L'avvento del Covid-19 ha indotto il Legislatore ad emanare una pluralità di provvedimento sin dallo scorso mese di marzo per fronteggiare le gravi conseguenze economiche determinate dalla diffusione della pandemia misurabili, per quanto interessa in questa sede, in termini sia di blocco totale e/o parziale delle attività sia di carenza di disponibilità finanziarie. Con specifico riferimento alla determinazione del reddito degli imprenditori e dei professionisti tra le metodologia di selezione dei contribuenti e di ricostruzione della loro capacità contributiva applicabile nel nostro sistema è, da tempo, diffusa la tendenza ad utilizzare sistemi di coefficientazione ovvero di ricostruzione sulla base di parametri, studi di settori, indici, costruiti utilizzando una metodologia matematico-statistica con la considerazione e valorizzazione di variabili economiche, finanziarie e territoriali. Va da sé che i parametri costruiti nel tempo sulla base sia delle indicazioni fornite dai contribuenti e dagli esperti dalla società all'uopo costituita (SOSE S.p.A.) sono frutto di condizioni economiche normali, con riferimento, cioè, ai cicli economici di periodo nonché dei successivi affinamenti, revisioni, ecc. in considerazione di eventi sopravvenuti riguardanti singole categorie imprenditoriali e professionali o singole subcategorie di soggetti oltre che a eventi calamitosi riguardanti specifiche realtà territoriali. Con l'arrivo della pandemia i menzionati indici non sono più attendibili essendo mutato il quadro economico e finanziario di riferimento.
Di qui la previsione di una loro modificadisposta dall'art. 148 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34 che va ad inserirsi in un sistema non ancora definitivamente assestato, anche in assenza di una effettiva verifica della loro affidabilità sul piano concreto, al fine di valorizzare l'utilizzo delle informazioni già nella disponibilità dell'Amministrazione finanziaria.
Con provvedimento del 31 gennaio 2020 dell'Agenzia delle entrate sono stati individuati i dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale per il periodo d'imposta 2020, e il programma della loro elaborazione e applicabili a decorrere dal 2020.
I citati indici, com'è noto, sono tesi a verificare la normalità e la coerenza della gestione aziendale e professionale, anche con riferimento a diverse basi imponibili. Fermo restando che gli indici di affidabilità fiscale (ISAF) sono stati introdotti con riferimento al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2019 e non ancora approvati per tutte le categorie economiche, il lavoro di modifica che dovrà essere svolto è molto diversificato atteso che per alcuni settori il blocco è stato totale; per altri non vi stato ma, a causa delle limitazioni introdotte dalle competenti autorità (c.d. lockdown) la clientela è diminuita sia in termini quantitativi sia in termini di capacità di spesa; per altre ancora (vedi il settore farmaceutico ed alimentare) vi è stato, per contro, un aumento dei ricavi dovuto anche all'irresponsabile e ingiustificato aumento dei prezzi (almeno in alcuni casi).
In via generale è opportuno avanzare due considerazioni. Una corretta revisione degli ISAF approvati e l'eventuale individuazioni di settore da escludere dal loro perimetro di applicazione appaiono indispensabile. Non è, invero, difficile prevedere le conseguenze, sul piano giuridico, ma ancor prima su quello socio economico, di ipotesi di ricostruzioni disallineate dalla effettiva realtà. È pur vero che gli ISAF non possono essere utilizzati come unico elemento probatorio per procedere alla rettifica delle dichiarazioni inoltrate dai contribuenti; ma è altrettanto innegabile che il risultato della loro applicazione, per espressa previsione normativa, deve essere considerato ai fini della selezione dei contribuenti da controllare. Su di un piano ancora più generale e di opportunità – da anteporre a quello strettamente giuridico formale – l'esecuzione di controlli a carico di soggetti colpiti dagli effetti della pandemia determinerebbe reazioni agevolmente prevedibili che, al netto di riprovevoli forme in cui potrebbero manifestarsi, sarebbero giustificate.
Prima ancora di verificare sul piano sostanziale e in sede, eventualmente, giurisdizionale, la loro bontà, detta metodologia non è ancora definitivamente decollata, anche a voler prescindere dalle critiche che la dottrina, sin dalla introduzione degli ISAF, ha sollevo e, sovente, anche in modo pertinente. La recente crisi economica e finanziaria, peraltro, non aiuta certamente alla loro definitiva affermazione. Al riguardo è bene ricordare che l'applicazione degli ISAF comporta che ai contribuenti, a seguito dell'esame delle dichiarazioni presentate, viene attribuito un voto (da uno a 10) che, se espresso in valori alti consente, di fatto, la chiusura dei rapporti con il fisco e il conseguimento di rilevanti benefici. Qualora, per contro, gli viene attribuito un voto basso corrono un realistico rischio di essere selezionati al fine di accertare le cause dello scostamento tra quanto potenzialmente dichiarabile e quanto indicato in dichiarazione. Sul piano potenziale il principio parrebbe logico non sussistendo alcun motivo di controllare i contribuenti che hanno dichiarato una base imponibile in linea con la loro capacità contributiva e distribuire i vantaggi in proporzione alla loro correttezza. Al riguardo, giova ricordare che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale, sussiste la lesione del principio di uguaglianza ogni qualvolta situazioni uguali sono disciplinate in modo differente ovvero, per situazioni diverse, è stata prevista una disciplina uguale.
Il legislatore, per evitare il rischio di incostituzionalità del richiamato art. 9-bis del D.L. n. 50/2017, avrebbe dovuto prevedere dei criteri che, sia pure in modo ragionevole, assicurassero un voto uguale a tutti i contribuenti che versano nelle stesse condizioni in modo che meriti o demeriti fossero attribuiti in egual misura.
Non possono essere sottaciute le critiche mosse dalla dottrina con riferimento alla mancata indicazione di criteri specifici e, quindi, alla loro indeterminatezza con il rischio di creare sperequazioni che impattano, in modo immediato e diretto, sia sui criteri di determinazione della capacità contributiva sia sul piano procedimentale qualora l'atto impositivo fosse impugnato, ad esempio, dinanzi al giudice tributario. Né, al riguardo, può essere sufficiente evidenziare che l'amministrazione finanziaria dovrà motivare adeguatamente i criteri seguiti nel caso specifico per l'assegnazione del voto e, probabilmente, sotto tale aspetto si potrebbero anche superare i dubbi di costituzionalità nel caso specifico. Le perplessità, tuttavia, riguardano il sistema nel suo insieme e, in particolare, il vuoto legislativo che, solo in parte, potrebbe essere colmato dalla solita circolare dell'Agenzia delle Entrate. L'intervento del legislatore era, quindi, indispensabile al pari delle altre iniziative assunte a sostegno del mondo economico e professionale soprattutto ove si consideri che l'articolo 9-bis, comma 6, del D.L. 24 aprile 2017, n. 50, pur disponendo che gli indici non si applicano ai periodi d'imposta nei quali, tra l'altro, “il contribuente non si trova in condizioni di normale svolgimento” dell'attività, è stato interpretato dall'Amministrazione finanziaria in modo restrittivo.
Con l'art. 148 del D.L. n. 34/2020 è stata disposta la modifica degli ISAF per periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2020 e 2021, essendo questo l'arco temporale stimato dal legislatore sufficiente per pervenire ad un normale esercizio dell'attività. Va da sé che qualora tale effetto non si sia ancora verificato alla chiusura del periodo d'imposta 2020 nulla impedisce la proroga per un ulteriore esercizio. L'intervento normativo intende produrre un duplice effetto senza, tuttavia, Prevedere ulteriori adempimenti a carico del ci contribuenti. Il primo riguarda l'adeguamento degli indici di affidabilità al muto contesto economico finanziario; il secondo individuare ulteriori ipotesi di esclusione dell'applicabilità dei citarti sintetici di affidabilità fiscale oltre a quelli attualmente già previste. È appena il caso di ricordare che già l'art. 9-bis, comma 7, del D.L. n. 50/2017 prevede, in via generale, che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze possano essere previste ulteriori ipotesi di esclusione dell'applicabilità degli indici per determinate tipologie di contribuenti.
D'altra parte, l'inclusione o l'esclusione tra i soggetti destinatari degli indici sintetici di affidabilità presenta rilevanti conseguenze sul piano sia giuridico sia pratico laddove si pensi alle cennate conseguenze, in termini premiali o sanzionatori, connesse alla valutazione del contenuto delle dichiarazioni. Nel primo caso scattano i seguenti benefici:
Di contro, con riferimento al periodo d'imposta interessato dai benefici premiali, in caso di violazioni che comportano l'obbligo di denuncia alla procura della Repubblica per uno dei reati tributari di cui al D.lgs. 10 luglio 2000, n. 74, trova applicazione:
Per quanto concerne le modifica da apportare, con il menzionato art. 148 è stato disposto che i dati e le informazioni necessarie debbano essere acquisiti dalle banche dati esistenti presso l'anagrafe tributaria, le agenzie fiscali, l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), l'Ispettorato nazionale del lavoro e la Guardia di finanza nonché da altre fonti. Va da sé che il patrimonio di informazioni disponibili, considerato l'elevato numero di banche dati disponi nell'ambito della pubblica amministrazione, ove completi ed attuali, sono più che sufficienti per pervenire ad un risultato soddisfacente. In ogni caso, è stato previsto la società preposta alla costituzione degli indici debba definire specifiche metodologie basate su analisi ed elaborazioni utilizzando, anche attraverso l'interconnessione e la pseudonimizzazione, direttamente le banche dati già disponibili per l'Amministrazione finanziaria, l'Istituto nazionale della previdenza sociale, l'Ispettorato nazionale del lavoro e l'Istituto nazionale di statistica nonché i dati e gli elementi acquisibili presso istituti ed enti specializzati nella ricerca e nell'analisi economica. Prescindendo dal riferimento alla “pseudonimizzazione” – termine mutuato dal Regolamento Comunitario UE2016/679 per la protezione dei dati personali (GDPR) e ignoto alla massa dei cittadini - anche la modifica, al pari dell'introduzione degli ISAF - in quanto sintesi di elaborazioni matematiche statistiche che, per loro natura, non rispecchiano mai l'effettiva capacità contributiva - non mancherà di alimentare le solite critiche anche perché, probabilmente, non si è ancora maturi per accettare una simile metodologia che potrebbe essere utile sia per consentire l‘emersione di basi imponibili sottratte al fisco sia per dare certezza al contribuente, oltre a far conseguire consistenti economie processuali.
Un ulteriore elemento di novità è costituito dal richiamo alle organizzazioni di categoria. Per effetto dell'indicato art. 148 del D. L. n. 34/2020, non solo è stato ribadito che devono essere valutate le specifiche proposte da parte delle organizzazioni di categoria e degli ordini professionali presenti nella Commissione di esperti ma è stato anche disposto che dovranno essere individuati ulteriori dati e informazioni necessari per una migliore valutazione dello stato di crisi individuale. Trattasi di un'affermazione di principio, di carattere generale, il cui contenuto è tutt'altro che definito e sul quale, probabilmente, non mancheranno critiche e contestazioni. Il riferimento allo stato di crisi individuale non è agevole comprendere.
Invero, la portata della previsione normativa è tutta da verificare, soprattutto laddove si consideri che gli ISAF, al pari dei parametri e gli studi di settore, non possono che essere riferiti a categorie o sub categorie omogenee con successivi adeguamenti. Detto riferimento è indubbiamente giusto ma questo potrà avvenire concretamente soltanto in sede di contraddittorio ove l'interessato, fornendo le dovute motivazioni, potrà chiarire le ragioni per le quali l'indice ricostruito per la categoria di appartenenza non rispecchia la sua reale situazione reddituale. Anche su tale aspetto è auspicabile che l'Agenzia delle entrate (che ha probabilmente partecipato alla formulazione della norma) fornisca i necessari chiarimenti.
Per quanto concerne la pubblicazione degli indici, di norma gli stessi sono approvati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze entro il 31 dicembre del periodo d'imposta per il quale sono applicati mentre eventuali integrazioni necessarie per tenere conto di situazioni di natura straordinaria, anche correlate a modifiche normative e ad andamenti economici e dei mercati, con particolare riguardo a determinate attività economiche o aree territoriali, sono approvate entro il mese di febbraio del periodo d'imposta successivo a quello per il quale sono applicate. I menzionati termini per l'approvazione degli indici e per la loro eventuale integrazione con il decreto “rilancio” sono stati posticipati rispettivamente al 31 marzo 2021, per il periodo d'imposta 2020, e al 30 aprile 2022, per il periodo d'imposta 2021. Anche su tale aspetto possano essere richiamate le critiche volte ad evidenziare che il contribuente conosce la sua potenziale capacità contributiva ad esercizio chiuso per cui o si adegua (magari tentando una riduzione dell'imponile in sede di contraddittorio) o accetta il rischio di un accertamento. D'altra parte, anche nella prima ipotesi non vi è certezza in quanto, almeno sul piano strettamente giuridico, non è prevista una preclusione definitiva per l'Amministrazione finanziaria sicché anche il soggetto ritenuto fiscalmente affidabile non è sottratto ad eventuali futuri accertamenti a prescindere dalle previsioni sulla eventuale riduzione dei termini di decadenza. È certo, comunque, che nel breve periodo un'attività di controllo risulterebbe inopportuna e fonte anche di prevedibili reazioni da parete degli interessati.
Con tale affermazione, lungi da ipotizzare un'area di impunità, si vuole soltanto evidenziare l'opportunità di differire il controllo in un momento successivo a meno che non si tratti di attività inderogabili ed indifferibili, di natura amministrativa e processuale penale. La sussistenza di difficoltà correlate al primo periodo d'imposta di applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale e gli effetti sull'economia e sui mercati conseguenti all'emergenza sanitaria, sono stati considerati anche per l'attività di controllo. Invero, è stato disposto che, ai fini della definizione delle relative strategie, l'Agenzia delle entrate e il Corpo della guardia di finanza, nel definire specifiche strategie di controllo basate su analisi del rischio di evasione fiscale, tengano conto del livello di affidabilità fiscale dei contribuenti derivante dall'applicazione degli indici nonché delle informazioni presenti nell'apposita sezione dell'anagrafe tributaria. Inoltre, è stato previsto che per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018, l'Agenzia delle entrate e il Corpo della Guardia di finanza debbano considerare anche il livello di affidabilità fiscale derivante dall'applicazione degli indici per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2019.
Analoga indicazione è stata fornita per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2020 per il quale si deve tener conto anche del livello di affidabilità fiscale più elevato derivante dall'applicazione degli indici per i periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2018 e al 31 dicembre 2019. |