Non sussiste conflitto di interesse se alla procedura prende parte una società mista partecipata dall'ente locale che la bandisce

24 Giugno 2020

In tema di procedure di affidamento di servizi non è in via di principio preclusa l'ammissione di una società mista a partecipazione maggioritaria dello stesso ente locale che ha indetto la gara.

Il caso. Il TA.R. Lazio accoglie l'impugnazione proposta da un operatore economico avverso la determina di esclusione della propria offerta, ritenuta erroneamente anomala da parte della stazione appaltante perché fondata su “singole inesattezze” tali da non intaccarne, a giudizio del Tribunale, la complessiva sostenibilità ed affidabilità. Il ricorso censura anche la determina di aggiudicazione sul presupposto di una situazione di conflitto d'interessi rilevante ai sensi dell'art. 42 del Codice dei contratti pubblici, in quanto la mandataria del costituendo RTI risultato aggiudicatario a seguito dell'esclusione della ricorrente è una società mista a partecipazione maggioritaria dello stesso Comune che ha indetto la gara.

Il sindacato sul giudizio di congruità dell'offerta. Muovendo le premesse dall'art. 97, co.6, del Codice dei contratti pubblici, il Tribunale ribadisce che l'amministrazione dispone di una discrezionalità quanto mai ampia in ordine alla scelta di procedere alla verifica facoltativa della congruità dell'offerta, il cui esercizio (o mancato esercizio) non necessita di una particolare motivazione e può essere sindacato solo in caso di macroscopica irragionevolezza o di decisivo errore di fatto.

Nel caso di specie, peraltro, il Tribunale rileva che le indicazioni formulate dalla ricorrente nella propria offerta – con particolare riguardo al costo della manodopera, indicato per tutti i 5 anni di durata dell'appalto invece che in misura annuale così come richiesto nel modello d'offerta – rappresentano il frutto di un errore materiale immediatamente percettibile e, perciò, un semplice refuso così come indicato nei giustificativi dell'offerta economica, tale da non incidere sulla volontà negoziale cristallizzata nell'offerta della ricorrente. A tal riguardo il Tribunale richiama il principio consolidato in giurisprudenza secondo il quale le offerte, intese come atti negoziali, devono essere interpretate al fine di ricercare l'effettiva volontà dell'impresa partecipante alla gara, superandone le eventuali ambiguità, a condizione di giungere ad esiti certi circa la portata dell'impegno negoziale assunto, risultando legittimo il potere di rettifica di errori materiali o refusi purché l'effettiva volontà negoziale sia stata comunque espressa nell'offerta e risulti palese che la dichiarazione discordante non è voluta, ma è frutto di un errore ostativo, da rettificare in applicazione dei principi civilistici contenuti negli artt. 1430-1433 c.c.

Il Tribunale ritiene, pertanto, che l'omessa considerazione dei concreti elementi forniti nelle giustificazioni, idonei a controbilanciare le asserite sottostime dei costi, rappresenta un fattore di palese illogicità e manifesto errore tale da permettere al Giudice Amministrativo di sindacare il giudizio di anomalia effettuato dall'Amministrazione e di affermarne l'illegittimità, non ricorrendo le condizioni per disporre un rinnovato giudizio di anomalia dell'offerta della ricorrente poiché non residuano margini di apprezzamento tecnico o discrezionale da parte della stazione appaltante, la quale ha consumato il suo potere di verifica. Il c.d. “rito appalti”, prosegue la sentenza, attribuisce al Giudice una cognizione peculiare, perché essendo questi chiamato a pronunciarsi sull'aggiudicazione e sul contratto deve ritenersi che lo stesso possa conoscere di tutte le questioni rilevanti a tali fini.

La pretesa esclusione della società partecipata dall'ente locale che ha indetto la gara. Il Tribunale respinge, poi, il motivo di ricorso con il quale si è censurato che il RTI - del quale è parte la mandataria partecipata dall'ente locale che ha indetto la gara - avrebbe dovuto essere escluso per conflitto di interessi. In particolare, la sentenza ritiene che i pretesi indizi delle “cointeressenze” tra società mista e Comune, così come il modesto ribasso percentuale offerto dallo stesso RTI, non costituiscono elementi in grado di dimostrare in alcun modo l'integrazione della fattispecie descritta dall'art. 42 del Codice dei contratti pubblici, non essendo in via di principio precluso ad una società mista anche maggioritaria di un ente locale (non in house) prendere parte alla gara indetta da quest'ultimo per l'affidamento di un servizio.

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