La valutazione “in concreto” del rapporto tra piano economico-finanziario e offerta nelle concessioni

25 Settembre 2020

È dibattuto in giurisprudenza il rapporto formale tra PEF ed offerta, nel senso che, da un lato, se ne sottolinea la stretta connessione con l'offerta, sì da considerarlo un elemento della proposta contrattuale, dall'altro, viene esclusa la sua natura di componente dell'offerta, considerandolo alla stregua di documento contenente la dimostrazione dell'esattezza delle valutazioni poste a base del calcolo di convenienza economica dell'affare. La questione va risolta non sul piano astratto, essendo ammissibili entrambe le tesi, quanto sul piano concreto, alla luce di quanto previsto negli atti di gara.

Il caso. La decisione in esame muove dal ricorso promosso da un operatore economico avverso l'aggiudicazione di una concessione per il servizio di rimozione, deposito e custodia dei veicoli.

Per quanto qui d'interesse, il ricorrente si doleva della sopravvenuta sostituzione da parte dell'aggiudicatario, con i chiarimenti forniti nell'ambito del sub-procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta attivato dalla stazione appaltante, del piano economico finanziario originariamente prodotto in gara.

Sul punto la stazione appaltante resisteva sostenendo la legittimità dell'incedere gravato sul presupposto che il piano “non farebbe parte dell'offerta economica e quindi potrebbe esercitarsi nei suoi confronti il soccorso istruttorio e l'integrazione documentale” e che, in ogni caso, rispetto a tale atto “il soccorso istruttorio sarebbe possibile anche in un momento successivo all'aggiudicazione”.

La soluzione giuridica. Nel decidere la controversia il Collegio ha anzitutto richiamato gli arresti giurisprudenziali circa il rapporto intercorrente tra il piano economico-finanziario e l'offerta.

Talune pronunce hanno infatti evidenziato la stretta relazione che lega tra i due atti, tale da qualificare il primo come un elemento della seconda, mentre altre hanno qualificato il piano economico e finanziario “alla stregua di documento contenente la dimostrazione dell'esattezza delle valutazioni poste a base del calcolo di convenienza economica dell'affare”.

Innanzi alle esposte qualificazioni, ritenute dai Giudici parimenti ammissibili, il T.A.R. ha stimato che la questione dovesse essere risolta “sul piano concreto, alla luce di quanto previsto dagli atti di gara”.

Il Collegio ha quindi rilevato che nel corso del sub procedimento di verifica dell'anomalia, attivato in conformità alle previsioni della lex specialis, l'amministrazione “doveva applicare il principio di immodificabilità dell'offerta, palesemente violato dalla controinteressata presentando giustificazioni che hanno ridotto ad un terzo i valori economici espressi nel PEF precedente”.

Pertanto, richiamando la costante giurisprudenza che nega l'ammissibilità di uno “stravolgimento dell'entità dell'offerta economica e della struttura dell'offerta tecnica con la sostituzione del valore generale delle entrate e delle uscite”, il T.A.R. ha accolto il motivo d'impugnazione.

Circa l'eccepita ammissibilità del soccorso istruttorio, infine, i Giudici hanno richiamato una recente pronuncia del Consiglio di Stato a mente della quale “il soccorso istruttorio attiene alla sanatoria di difformità e carenze formali e facilmente riconoscibili, mentre nel caso di specie la rimodulazione del PEF denota una carenza sostanziale dell'offerta. Ed infatti non può che ribadirsi come, anche a volere sottolineare l'autonomia formale del PEF dall'offerta, è indubbia la connessione teleologica del primo con la seconda (Cons. Stato, V, 11 dicembre 2019, n. 8411), con il logico corollario che una sua radicale modifica incide inevitabilmente in termini di inattendibilità dell'offerta stessa” (Cons. di Stato, Sez. V, 21 febbraio 2020, n. 1327).

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