“Revoca” dell'aggiudicazione nell'incertezza normativa della legislazione emergenziale

28 Settembre 2020

La “revoca” dell'aggiudicazione definitiva, a differenza della “revoca” dell'aggiudicazione provvisoria, è qualificabile alla stregua di un esercizio del potere di autotutela, sì da richiedere un raffronto tra l'interesse pubblico e quello privato sacrificato; confronto tanto più necessario in un caso, come quello di specie, connotato dal susseguirsi nel giro di pochi mesi di quattro differenti versioni della stessa disposizione di legge in ordine alla proroga della validità del DURC nel periodo dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, che hanno generato dubbi interpretativi della normativa in questione anche nella Pubblica Amministrazione.

La vicenda. In sede di verifiche ai sensi dell'art. 80 del Codice dei contratti pubblici una stazione appaltante constatava un'irregolarità nel versamento dei contributi in capo ad una società aggiudicataria di un appalto. Pertanto, nel giugno 2020, la stazione appaltante comunicava gli esiti delle verifiche alla società unitamente all'intenzione di “revocare” l'aggiudicazione, senza assegnare un termine per eventuali osservazioni. Con successiva determinazione, veniva disposta la “revoca”.

La società impugnava la “revoca” lamentando la violazione:

a) egli artt. 80 c.c.p., 103, comma 2, del d.l. n.18/2020 e 81 del d.l. n. 34/2020. La società ricorrente era in possesso di regolare DURC, avente scadenza il 29.4.2020, con validità prorogata ex lege, in forza dell'art. 103, comma 2, del d.l. n. 18/2020, nel testo approvato in sede di conversione nella legge n. 27/2020, pubblicata in G.U. il 29 aprile 2020, sino al 29 ottobre 2020, cioè al 90 giorno successivo alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza;

b) degli artt. 7 e 10-bis della l. n. 241/1990, nonché per difetto di istruttoria poiché il provvedimento gravato non sarebbe stato preceduto né dalla comunicazione di avvio del procedimento, né da alcun confronto con la ricorrente.

Il complesso quadro normativo. L'art. 103, comma 2, del d.l. n. 18/2020 (cd. “Cura Italia”) prevedeva nella sua versione originaria che “Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, in scadenza tra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020, conservano la loro validità fino al 15 giugno 2020”.

Nella versione finale, in sede di conversione nella l. n. 27/2020, entrata in vigore il 30.4.2020, il comma 2 è stato riformulato nel modo seguente: “Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, (…), conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza. (…)”.

L'art. 81, comma 1, del d.l. n. 34/2020 (c.d. “Decreto Rilancio), entrato in vigore il 19 maggio 2020, modifica il citato art. 103, comma 2, prevedendo che: “Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, (…) conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza, ad eccezione dei documenti unici di regolarità contributiva in scadenza tra il 31 gennaio 2020 ed il 15 aprile 2020, che conservano validità sino al 15 giugno 2020”. L'Inps ha ritenuto la citata disposizione un'interpretazione autentica dell'art. 103, comma 2, e dunque suscettibile di applicazione retroattiva.

La l. n. 77/2020 di conversione, con modificazioni del citato decreto legge, ha poi disposto la soppressione del comma 1 dell'art. 81 del medesimo decreto legge con effetto dal 19 liglio 2020.

La soluzione giuridica. La sentenza afferma che, seppur le certificazioni degli istituti di previdenza si impongono alle stazioni appaltanti, che non possono sindacarne il contenuto, vertendosi in ipotesi di “revoca” di un'aggiudicazione definitiva, sarebbe stata quanto mai necessaria e indispensabile l'interlocuzione tra aggiudicataria e stazione appaltante. Infatti, la “revoca” dell'aggiudicazione definitiva, secondo la giurisprudenza, a differenza della “revoca” dell'aggiudicazione provvisoria, è qualificabile alla stregua di un esercizio del potere di autotutela, sì da richiedere un raffronto tra l'interesse pubblico e quello privato sacrificato, ancor di più in un momento di forte incertezza normativa. In conclusione, il Collegio annulla la “revoca”, ritenendo che in caso di instaurazione del contraddittorio procedimentale, la società ricorrente avrebbe potuto apportare un'utilità concreta al fine di determinare diversamente la stazione appaltante e di indurla alla conservazione degli atti di gara (in merito v. M.A Sandulli - M. Sinisi, Risoluzione del contratto e autotetela pubblicistica, in Trattato sui contratti pubblici, a cura di M.A. Sandulli e R. De Nictolis, Milano, Giuffrè, 2019, IV, 389).

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