La CGUE si pronuncia sulla natura di (impresa pubblica) Poste Tutela e Poste Italiane s.p.a.

28 Ottobre 2020

Tenuto conto del fatto che Poste Tutela e Poste Italiane rivestono la qualità di impresa pubblica, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2014/25, e che i servizi da affidare (relativi ad attività di portierato, reception e presidio varchi) sono relativi alla prestazione di servizi postali e servono effettivamente al suo esercizio, tale direttiva è dunque applicabile sia ratione personae sia ratione materiae all'appalto oggetto della controversia.

Il caso

Come già segnalato in questo Portale la Terza sezione del TAR Lazio con ordinanza del 12 luglio 2018, n. 7778 aveva sottoposto alla CGUE la questione della natura giuridica di Poste Italiane s.p.a. e dell'ambito applicativo della procedura ad evidenza pubblica (su cui si v. il commento di R. Tuccillo, Tar Lazio sottopone alla CGUE la questione della natura giuridica di Poste Italiane s.p.a. e dell'ambito applicativo della procedura ad evidenza pubblica). Alla suddetta ordinanza faceva seguito un ulteriore rinvio ad opera della stessa Terza sezione, con ord., 26 aprile 2019, n. 5327, tuttora pendente in CGUE nella causa C-419/19, in cui venivano ulteriormente articolati i quesiti già sottoposti alla Corte.

Nella specie un operatore economico impugnava il bando pubblicato da “Poste Tutela s.p.a.” (partecipata al 100% da Poste Italiane) per l'istituzione di accordi quadro, aventi ad oggetto il servizio di portierato, reception e presidio varchi, per varie sedi della stazione appaltante, con suddivisione in sette lotti cumulabili.

Le società resistenti sollevavano eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, per rientrare la controversia nella giurisdizione del giudice ordinario, precisando che la procedura di gara in oggetto era stata avviata da un'impresa pubblica, ai sensi dell'art. 3, comma 11, lett. t), del d.lgs. n. 50 del 2016, codice dei contratti pubblici, per servizi estranei a quelli compresi nei settori speciali. Secondo la prospettazione difensiva, la società poteva ritenersi soggetta al codice dei contratti pubblici solo se operante nel perimetro dei settori speciali e non per un servizio destinato agli uffici amministrativi e direzionali, prevalentemente dedicati alle operazioni finanziarie e solo in via residuale utilizzati in maniera promiscua. Pertanto, la società sarebbe fornita, in tale settore, di piena autonomia negoziale e avrebbe potuto applicare le regole della procedura ad evidenza pubblica solo in via di autovincolo.

La ricorrente sosteneva, al contrario, l'obbligo di svolgere la procedura ad evidenza pubblica.

I quesiti pregiudiziali

Il TAR Lazio sottoponeva alla CGUE i seguenti cinque quesiti giurisprudenziali

(1) Se la società [Poste Italiane], in base alle caratteristiche in precedenza indicate, debba essere

qualificata “organismo di diritto pubblico”, ai sensi dell'art[icolo] 3, comma 1, lettera d) del [codice dei contratti pubblici] e delle direttive comunitarie di riferimento (2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE);

(2) se la predetta qualificazione si estenda alla società, partecipata al 100%, [Poste Tutela], peraltro in via di già deliberata fusione con la prima, tenuto conto del punto n. 46 delle premesse alla direttiva 2014/23/UE sulle persone giuridiche controllate (cfr. anche, in tal senso, Corte di Giustizia UE, sez. IV, 5 ottobre 2017, n. 567: obbligo di gara per le società controllate dalla p.a.; Cons. Stato, sez. VI, 24 novembre 2011, n. 6211);

(3) se dette società siano tenute a svolgere procedure contrattuali ad evidenza pubblica solo per l'aggiudicazione degli appalti, che siano in relazione con l'attività svolta nei settori speciali, in base alla direttiva 2014/25/UE, quali enti aggiudicatori, per i quali la stessa natura di organismi di diritto pubblico dovrebbe ritenersi assorbita nelle regole della parte II° del [codice dei contratti pubblici], con piena autonomia negoziale – e regole esclusivamente privatistiche – per l'attività contrattuale non attinente a detti settori, tenuto conto dei principi dettati dalla direttiva 2014/23/UE, punto n. 21 delle premesse e art[icolo] 16;

(4) se le medesime società, per i contratti da ritenere estranei alla materia, propria dei settori speciali, restino invece – ove in possesso dei requisiti di organismi di diritto pubblico – soggette alla direttiva generale 2014/24/UE (e quindi alle regole contrattuali ad evidenza pubblica), anche ove svolgenti – in via evolutiva rispetto all'originaria istituzione – attività prevalentemente di stampo imprenditoriale e in regime di concorrenza;

(5) se comunque, in presenza di uffici in cui si svolgono, promiscuamente, attività inerenti al servizio universale e attività a quest'ultimo estranee, il concetto di strumentalità – rispetto al servizio di specifico interesse pubblico – possa ritenersi escluso per contratti inerenti la manutenzione sia ordinaria che straordinaria, la pulizia, gli arredi, nonché il servizio di portierato e di custodia degli uffici stessi;

(6) se infine, ove la prospettazione di [Poste Italiane] fosse ritenuta condivisibile, debba ritenersi contrastante col consolidato principio di legittimo affidamento dei partecipanti alla gara la riconduzione a mero autovincolo – non soggetto a tutte le garanzie di trasparenza e pari trattamento, disciplinate dal codice degli appalti – [dell']indizione di una procedura concorsuale, debitamente pubblicizzata senza ulteriori avvertenze al riguardo sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea».

La soluzione della Corte di Giustizia dell'UE

La sentenza si limita all'esame - considerato dirimente - della terza e della quinta questione pregiudiziale.

In primo luogo la Corte afferma che, è pacifico tra le parti che “Poste Tutela e Poste Italiane presentano la qualità di «imprese pubbliche»”, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2014/25” e rientrano, in quanto enti aggiudicatori, nell'ambito di applicazione ratione personae di tale direttiva, sicchè “non è necessario esaminare se tali imprese costituiscano parimenti un organismo di diritto pubblico, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 4, di detta direttiva”.

La Corte richiama preliminarmente la propria precedente giurisprudenza (sentenze del 10 aprile 2008, Ing. Aigner, C-393/06, punti 31 e da 56 a 59, e del 19 aprile 2018, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C-152/17, punto 26) in cui aveva affermato che la direttiva 2004/17 si applicava “non solo agli appalti aggiudicati nel settore di una delle attività espressamente considerate agli articoli da 3 a 7 della [stessa] direttiva, ma altresì agli appalti che, sebbene fossero di natura diversa e potessero, in quanto tali, rientrare di norma nell'ambito di applicazione della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, servivano per l'esercizio delle attività definite dalla direttiva 2004/17”.

Si era affermato quindi che “nei limiti in cui un appalto aggiudicato da un ente aggiudicatore aveva un nesso con un'attività da questo esercitata nei settori considerati dagli articoli da 3 a 7 di tale direttiva, nel senso che tale appalto era aggiudicato in rapporto e per l'esercizio di attività in uno di tali settori, detto appalto doveva essere assoggettato alle procedure previste dalla direttiva in parola” .

La Corte afferma che il tenore letterale dell'articolo 13, paragrafo 1 della direttiva 2014/25 conferma tale interpretazione.

Per verificare se i servizi abbiano un “nesso” con l'attività rientrante nel settore postale, “non è sufficiente che i servizi oggetto di tale appalto contribuiscano positivamente alle attività dell'ente aggiudicatore e ne accrescano la redditività” e che “occorre quindi considerare che rientrano tra le attività relative alla prestazione di servizi postali, ai sensi di tale disposizione, tutte le attività che servono effettivamente all'esercizio dell'attività rientrante nel settore dei servizi postali consentendo la realizzazione in maniera adeguata di tale attività, tenuto conto delle sue normali condizioni di esercizio, ad esclusione delle attività esercitate per fini diversi dal perseguimento dell'attività settoriale di cui trattasi”.

Con riferimento al caso di specie la sentenza afferma che “è difficilmente ipotizzabile che dei servizi postali possano essere forniti in maniera adeguata in assenza di servizi di portierato, reception e presidio varchi degli uffici del prestatore interessato. Tale constatazione vale tanto per gli uffici aperti agli utenti dei servizi postali e che ricevono quindi il pubblico, quanto per gli uffici utilizzati per lo svolgimento di funzioni amministrative. Infatti, come rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 116 delle sue conclusioni, la prestazione di servizi postali comprende anche la gestione e la pianificazione di tali servizi”.

In conclusione, la Corte afferma che “tenuto conto del fatto che Poste Italiane riveste la qualità di impresa pubblica”, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2014/25, e che i servizi di cui trattasi nel procedimento principale sono attività relative alla prestazione di servizi postali, che servono effettivamente al suo esercizio, tale direttiva è dunque applicabile sia ratione personae sia ratione materiae all'appalto di cui trattasi nel procedimento principale”.

Viene dunque affermato il seguente principio di diritto: “L'articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE, dev'essere interpretato nel senso che si applica ad attività consistenti nella prestazione di servizi di portierato, reception e presidio varchi delle sedi dei prestatori di servizi postali, in quanto siffatte attività presentano un nesso con l'attività rientrante nel settore postale, nel senso che servono effettivamente all'esercizio di tale attività consentendone la realizzazione in maniera adeguata, tenuto conto delle sue normali condizioni di esercizio”.

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