È ammissibile il subappalto “qualificatorio” per l'affidamento dei lavori su beni culturali?

Carlo M. Tanzarella
17 Novembre 2020

Deve essere rimessa alla Corte costituzionale la questione di legittimità degli artt. 105 e 146 del Codice dei contratti pubblici, nella parte in cui non prevedono un divieto di subappalto nel settore dei beni culturali, analogo al previsto divieto di avvalimento, in tal modo ponendosi in sospetto contrasto con le norme parametro degli artt. 3 e 9 Cost.

La vicenda. All'esito di una procedura di gara concernente lavori da eseguirsi su beni di rilevanza culturale, l'impresa sortita al terzo posto della graduatoria definitiva ha contestato, tra l'altro, l'ammissione della prima e della seconda classificata per avere entrambe supplito alla carenza del possesso della qualificazione SOA per la categoria OG2 mediante l'istituto del subappalto c.d. “necessario” o “qualificatorio”, di cui la ricorrente ha sostenuto l'inutilizzabilità, nel caso di specie, per analogia con il divieto di ricorso all'avvalimento previsto dall'art. 146, comma 3 del d.lgs. n. 50/2016 per l'affidamento degli appalti in materia di beni culturali.

In udienza, parte ricorrente ha tradotto tale censura di illegittimità in eccezione di incostituzionalità degli artt. 105 e 146 del Codice dei contratti pubblici, prospettando una situazione di disparità di trattamento nella parte in cui prevedono un trattamento differente tra avvalimento e subappalto nella materia dei beni culturali.

La questione di costituzionalità. Dopo aver respinto tutti gli altri motivi di gravame, attinenti a vari profili di completezza della documentazione amministrativa e alle caratteristiche dell'offerta tecnica delle imprese controinteressate, il Tar per il Molise ha preso in esame la questione di costituzionalità, sviluppandola in relazione alle norme parametro degli artt. 3 e 9 Cost.

In punto di verifica della non manifesta infondatezza, l'ordinanza prende le mosse dalla ratio del divieto posto dal richiamato art. 146, comma 3, del Codice dei contratti pubblici, rinvenendola nell'esigenza di assicurare che l'esecuzione dei lavori nel delicato settore dei beni culturali – protetti in modo particolare dall'art. 9 Cost. – venga affidata a soggetti muniti delle relative qualificazioni specialistiche.

Proprio tale esigenza spiega la volontà del legislatore di escludere in assoluto la facoltà di avvalimento in subiecta materia, ponendo così' una deroga netta rispetto all'applicazione generalizzata dell'istituto quale richiesta dai principi euro-unitari.

Il Tar ha peraltro escluso che, in mancanza di una espressa norma di legge, possa predicarsi l'esistenza di analogo divieto rispetto all'utilizzo del subappalto, di talché, per valutare se tale diversità di trattamento trovi fondata giustificazione, il Collegio ha posto a confronti i due istituti, rilevando come essi, pur accumunati dalla identità di funzione sostanziale (favorire la partecipazione delle imprese alle gare d'appalto), presentino tuttavia significative differenze.

L'avvalimento, infatti, si colloca nella fase dell'evidenza pubblica, consente al concorrente di ottenere i requisiti di partecipazione alla gara e coinvolge la responsabilità solidale delle imprese ausiliata e ausiliaria nei confronti della stazione appaltante per la corretta esecuzione della commessa.

Al contrario, il subappalto si colloca nella fase di esecuzione, non è generalmente funzionale al soddisfacimento dei requisiti di partecipazione e non implica alcuna responsabilità diretta del subappaltatore nei confronti della stazione appaltante.

Tali differenze, tuttavia, si assottigliano nell'ipotesi particolare del subappalto c.d. “necessario”, figura eccentrica rispetto allo schema tradizionale del subappalto, la quale ricorre (pur in assenza di alcuna specifica disciplina normativa) allorché un concorrente supplica ai requisiti di qualificazione, di cui sia carente, subappaltando parte dei lavori ad altra impresa che invece li possegga: in tal caso, il subappalto opera non solo nella fase di esecuzione del contratto, ma anche nella fase iniziale, di ammissione alla procedura e di qualificazione del concorrente.

In tale contesto, la diversità di trattamento che la disciplina in materia di beni culturali riserva ai due istituti non si giustifica, secondo il Tar, per il fatto che il subappaltatore è soggetto specificamente qualificato per l'esecuzione dei lavori, atteso che anche la disciplina dell'avvalimento valorizza fortemente il ruolo dell'ausiliaria in fase esecutiva, rendendola co-partecipe e corresponsabile con l'ausiliata di tutto quanto necessario al corretto rendimento della prestazione.

Esistono invece, secondo il Giudice rimettente, argomenti che inducono a ritenere irragionevole la diversa considerazione dei due istituti nella materia dei lavori su beni culturali: in particolare, l'avvalimento è corredato di maggior garanzie anche rispetto alla fase esecutiva, non solo per la richiamata corresponsabilità dell'ausiliaria, ma anche per la sua conoscibilità sin dalla fase della gara e per gli stringenti requisiti che la giurisprudenza amministrativa richiede per la validità del contratto di avvalimento, specie quando si tratti di avvalimento tecnico-operativo.

Tali profili di irragionevolezza, poi, sono ancora più marcati ove il raffronto sia operato tra avvalimento e subappalto “qualificatorio” che, oltre a presentare significative analogie con l'avvalimento, presenta criticità ancora maggiori rispetto al subappalto “tradizionale”, poiché il bisogno del concorrente di acquisire i requisiti di qualificazione può determinare il subappalto anche dell'intera prestazione, così snaturando il senso dell'affidamento al contraente principale (cfr. atto di segnalazione ANAC n. 8 del 13 novembre 2019).

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