Lo scostamento dalle tabelle ministeriali non comporta (necessariamente) anomalia dell'offerta

19 Novembre 2020

I valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali sono un semplice parametro di valutazione della congruità dell'offerta, perciò l'eventuale scostamento delle voci di costo da quelle riassunte nelle tabelle ministeriali non legittima un giudizio di anomalia o di incongruità e occorre, perché possa dubitarsi della congruità, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata, alla luce di una valutazione globale e sintetica, di suo espressione di un potere tecnico-discrezionale insindacabile in giustizia, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza non ne renda palese l'inattendibilità complessiva dell'offerta. Solo i minimi salariali indicati nella contrattazione collettiva nazionale non possono essere derogati in peius.

Il caso. La controversia investe una procedura avente a oggetto la concessione del servizio di ristorazione scolastica a ridotto impatto ambientale per alcuni Comuni del Piemonte, per una durata di tre anni, con possibilità di rinnovo. I Comuni affidavano a una Centrale Unica di Committenza l'incarico di esperire una procedura negoziata ex art. 36, d.lgs. n. 50/2016.

La seconda classificata impugnava, quindi, l'esito dell'aggiudicazione, deducendo sotto molteplici profili la violazione dell'art. 97 del d.lgs. n. 50/2016, poiché l'offerta dell'aggiudicatario sarebbe stata insostenibile.

Tuttavia, secondo il giudice adìto non sarebbe stata provata adeguatamente dalla ricorrente la sussistenza di elementi da cui far discendere che la valutazione tecnico-discrezionale dell'Amministrazione sia stata manifestamente irragionevole ovvero fondata su fatti erronei o travisati.

Sicché il T.A.R. ha rigettato integralmente il ricorso introduttivo in quanto – prima ancora che inammissibile – infondato.

Costo del lavoro: tabelle ministeriali e trattamenti salariali minimi. Come noto, sono estremamente limitati i confini entro i quali il giudice amministrativo può sindacare la procedura di verifica dell'anomalia dell'offerta, poiché il giudizio di anomalia e l'esame delle giustificazioni sono espressione della discrezionalità-tecnica, il cui esercizio può essere censurato solo in presenza di abnormità o di manifesta irragionevolezza e illogicità, ovvero, ancora, in presenza di errori di fatto. In ogni caso, il g.a. non può procedere ad una autonoma verifica della congruità dell'offerta e delle singole voci, in quanto ciò costituirebbe un'inammissibile invasione della sfera propria della Pubblica Amministrazione (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 23 gennaio 2018, n. 230).

Di conseguenza, spetta al ricorrente che contesta l'aggiudicazione l'onere di individuare gli specifici elementi da cui il giudice possa evincere che la valutazione tecnico-discrezionale dell'Amministrazione si appalesi viziata.

Inoltre, la giurisprudenza ha anche precisato che non solo deve essere dimostrata la mancata giustificazione di talune voci, ma l'insostenibilità complessiva dell'offerta o, per dirla con altre parole, “l'inattendibilità complessiva dell'offerta” (Cons. Stato, sez. III, 14 novembre 2018, n. 6430).

Sulla base di questa giurisprudenza ormai consolidata, il T.A.R. ha, di fatto, rigettato tutti i motivi di ricorso.

Merita attenzione, tuttavia, il primo motivo di gravame volto a contestare gli importi indicati dall'aggiudicataria che sarebbero stati “significativamente inferiori a quelli indicati nelle tabelle pubblicate dal Ministero del Lavoro per la determinazione del costo orario medio del lavoro” poiché non sarebbero stati debitamente presi in considerazione i maggiori oneri economici derivanti dall'obbligo di pagare i sostituti dei lavoratori assenti per malattia, infortuni, maternità, permessi retribuiti, assemblee sindacali e formazione.

Sul punto, il Giudice di primo grado ha, invero, evidenziato che le tabelle ministeriali esprimono un costo medio del lavoro “ricostruito su basi statistiche, per cui esse non rappresentano un limite inderogabile per gli operatori economici partecipanti a procedure di affidamento di contratti pubblici, ma solo un parametro di valutazione della congruità dell'offerta, con la conseguenza che lo scostamento da esse, specie se di lieve entità, non legittima di per sé un giudizio di anomalia” (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 6 febbraio 2017, n. 501).

I costi medi della manodopera, indicati nelle tabelle (ministeriali) svolgono una funzione indicativa, suscettibile di scostamento in relazione a valutazioni statistiche ed analisi aziendali, laddove si riesca, in relazione alle peculiarità dell'organizzazione produttiva, a giustificare la sostenibilità di costi inferiori, fungendo gli stessi da esclusivo parametro di riferimento da cui è possibile discostarsi, in sede di giustificazioni dell'anomalia, sulla scorta di una dimostrazione puntuale e rigorosa.

“Solo” i minimi salariali della contrattazione collettiva nazionale non possono essere derogati in peius e non sarebbero ammissibili giustificazioni in sede d'anomalia.

Nel caso di specie, il T.A.R. ha rilevato come la ricorrente non abbia provato l'asserita irragionevolezza della valutazione di congruità svolta dall'Amministrazione.

Inoltre, l'aggiudicataria, in realtà, in sede di anomalia, ha dimostrato – afferma il Collegio – come il costo del lavoro, in concreto, ha subito delle oscillazioni in ragione di benefici previsti da norme di legge e di altri elementi (quali la presenza di apprendisti) che incidono in maniera ridotta sulla contribuzione. Ancora, poiché l'aggiudicatario era gestore uscente, ha ricavato dal dato storico aziendale che l'incidenza delle assenze per malattia, gravidanza, infortunio poteva essere ridotto del 50%.

Infine, la percentuale di ore annue lavorate si discostava per pochi punti rispetto a quella indicata nelle tabelle ministeriali.

Il g.a. ha quindi osservato che “in generale, l'indicazione di un numero di ore di assenza inferiore a quello tabellare è ritenuta legittima dalla giurisprudenza”, che “il tasso di assenze dal servizio non dipende esclusivamente dai comportamenti incoercibili dei lavoratori, ma in buona parte dalle politiche aziendali e dalla capacità gestionale dell'impresa” e che è “nella piena autonomia organizzativa dell'impresa quella di formulare l'offerta sulla base del fabbisogno dei propri lavoratori e fattori di produzione, essendo l'andamento delle attività nella propria specifica realtà aziendale il principale parametro di riferimento per determinare le modalità con cui proporre la gestione del servizio oggetto dell'appalto”.

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