L'assunzione in una Società della figlia/nipote di un boss mafioso come indice rilevatore dell'infiltrazione mafiosa

14 Dicembre 2020

L'infiltrazione mafiosa – in forza della quale viene disposta l'informativa interdittiva antimafia – si concretizza ogni qual volta venga a sussistere una relazione di vicinanza del titolare di una Società con soggetti “acclaratamente appartenenti ad associazioni di stampo mafioso”, in quanto tale rapporto costituisce un elemento indiziario più che sufficiente per affermare che tale fattispecie di “infiltrazione mafiosa” si sia perfezionata nel concreto.

Il caso. La società ricorrente impugnava l'informativa prefettizia, con la quale la Prefettura aveva disposto nei suoi confronti l'interdizione di cui all'art. 92, comma 2-bis, d.lgs. n. 159/2011 modificato ed integrato dal d.lgs. n. 218/2012 e 153/2014. Il TAR respingeva il ricorso. Avverso tale decisione proponeva appello, lamentando l'ingiustizia dell'impugnata sentenza per difetto di istruttoria e di motivazione.

La soluzione offerta dal CGA. Il Collegio ha ritenuto che il provvedimento impugnato, sebbene fondato su una motivazione succinta, risultava immune da vizi di illogicità e non censurabile sotto alcun profilo. In particolare, il giudice d'appello ha evidenziato che: (i) la Società appellante aveva assunto come segretaria la nipote di un importante capo mafia, nonché figlia di un pluripregiudicato con precedenti penali per associazione mafiosa, estorsione, rapina aggravata, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti; (i) in tale assunzione si evinceva, secondo il codice mafioso, “un atto di cortesia, di deferenza, di timore reverenziale o comunque di amicizia nei confronti del (di lei) padre e dello zio”; (iii) il titolare della Società aveva inoltre intrattenuto relazioni d'affari con un altro pregiudicato, indiziato di appartenenza alla mafia.

Alla luce di tale ricostruzione, il Collegio ha rilevato come la Prefettura avesse correttamente desunto la sussistenza del pericolo di condizionamento mafioso della Società appellante e la sussistenza del pericolo di infiltrazioni mafiose all'interno della stessa. In tal senso, il g.a. ha ricordato che “le misure di prevenzione non mirano a reprimere reati, ma a prevenire comportamenti che potrebbero determinarli; e che l'applicazione di misure di tal genere – fra le quali vi è l'informativa/interdittiva – segue ad un giudizio prognostico basato sull'esame di condotte indiziarie. E poiché appare sorprendente ed anomalo il fatto che un soggetto impregiudicato decida spontaneamente di assumere come semplice sua “dipendente” la nipote di uno dei più importanti capi mafia della storia della criminalità organizzata – e comunque figlia di un boss di vertice ancora operativo al tempo dell'assunzione (come confermato dall'analisi della sua carriera criminale) – il ragionamento induttivo degli Organi di polizia ed il giudizio prognostico da essi effettuato non appaiono meritevoli di critica, né sindacabili nel merito” (sugli indici sintomatici o rivelatori dell'esistenza di infiltrazioni mafiosi si veda Cons. Giust. amm., 3 agosto 2016, n. 257).

Conclusione. il Collegio, nel respingere l'appello, ha confermato la legittimità del provvedimento prefettizio, in quanto, nella specie, la sussistenza di relazioni di vicinanza del titolare della Società con soggetti “acclaratamente appartenenti ad associazioni di stampo mafioso” ha costituito un elemento indiziario più che sufficiente per affermare che la c.d. “infiltrazione mafiosa” si fosse, nel concreto, perfezionata.

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