Può essere oggetto di accordo stragiudiziale anche la risoluzione per inadempimento di pregressi rapporti contrattuali

18 Dicembre 2020

Non costituisce ipotesi di grave illecito professionale - tale da incidere sulla moralità e affidabilità dell'operatore e, quindi, da escluderlo da tutte le procedure di affidamento pubbliche - la risoluzione per inadempimento di precedenti rapporti contrattuali che sia stata oggetto di accordo stragiudiziale, con l'amministrazione interessata, allorquando sia stata pattuita la declaratoria di inefficacia della stessa.

La fattispecie.

La determina di aggiudicazione di una procedura aperta per l'affidamento pubblico della fornitura di prodotti sanitari, decisa secondo il criterio del prezzo più basso, veniva impugnata dall'impresa giunta seconda per asserita mancata esclusione dell'aggiudicatario dalla gara per grave illecito professionale, consistente nell'essere incorsa in una precedente risoluzione contrattuale con altra stazione appaltante, ipotesi rientrante tra le cause di esclusione previste dall'art. 80, comma 5, lett c-bis) e f-bis), del d.lgs. n. 50 del 2016.

La soluzione.

La doglianza viene ritenuta infondata, nella fattispecie, dal giudice amministrativo tenuto conto del concreto dipanarsi della vicenda.

La citata risoluzione, peraltro parziale, era stata difatti oggetto di accordo stragiudiziale tra le parti, ivi inclusa la clausola per cui doveva ritenersi “a ogni effetto superata e dunque priva di qualsivoglia effetto” considerato che “né la risoluzione parziale della convenzione a suo tempo comunicata, né alcun comportamento di [...] hanno inciso e incidono in alcun modo sull'integrità e sull'affidabilità di [omissis] medesima, con la quale sono peraltro in essere altri rapporti contrattuali”. Tant'è, peraltro, che la stessa Autorità Nazionale Anticorruzione aveva a disposto l'archiviazione del procedimento attestando che “la segnalazione in esame non risulta conferente, ai fini della tenuta del Casellario informatico delle imprese, ai sensi art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016”.

Elementi, questi ultimi, che hanno reso quindi assolutamente inesigibile il relativo obbligo dichiarativo - omesso nella fattispecie dalla aggiudicataria - la cui portata, in ordine a fatti non tipizzati di errore professionale, «dipende dal contenuto della diligenza richiesta nell'adempimento dell'obbligo stesso, diligenza che deve essere costruita, ex art. 1176, comma 2, c.c., facendo riferimento a quella qualificata, che l'ordinamento pretende da chi svolge un'attività in modo professionale» (TAR. Lombardia, Milano, I, 12 ottobre 2020, n. 1881; Cons. St., sez. V, 12 maggio 2020, n. 2976). Difatti, «una ricostruzione a posteriori degli obblighi dichiarativi può essere ammessa, in quanto si tratti di casi evidentemente incidenti sulla moralità ed affidabilità dell'operatore economico, di cui quest'ultimo doveva ritenersi consapevole e rispetto al quale non sono configurabili esclusioni “a sorpresa” a carico dello stesso» (Cons. St., ad. plen., 28 agosto 2020, n. 16).

Senza tacere che «per potersi ritenere integrata la causa di esclusione dell'art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. n. 50 del 2016 (“omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”) è necessario che le informazioni di cui si lamenta la mancata segnalazione risultino, comunque, dal Casellario informatico dell'ANAC, in quanto solo rispetto a tali notizie potrebbe porsi un onere dichiarativo ai fini della partecipazione alle procedure di affidamento (Cons. St., sez. V, 27 settembre 2019, n. 6490; 21 novembre 2018, n. 6576; 3 aprile 2018, n. 2063).

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