La verifica di anomalia nelle concessioni di servizi: un giudizio "dinamico" di complessiva attendibilità della proposta imprenditoriale

Rosanna Macis
27 Gennaio 2021

Con ampia motivazione, il TAR Piemonte delinea i confini di applicabilità della verifica di anomalia dell'offerta, quale disciplinata dal Codice con riferimento alle gare di appalto, alle procedure per l'affidamento dei contratti di concessione di servizi, avendo riguardo alla ontologica diversità che connota tale tipologia negoziale, fondata non già sulla certa remuneratività dell'affare (com'è nell'appalto), ma su una “corretta allocazione dei rischi” imprenditoriali.

La fattispecie. Il concessionario uscente del servizio di bar, ministore ed edicola presso una struttura ospedaliera impugna la aggiudicazione in favore di altra impresa, deducendo, con il ricorso principale, il mancato esperimento della verifica di anomalia dell'offerta aggiudicataria, asseritamente fondata su un PEF irrealistico e, con motivi aggiunti, la non correttezza del vaglio di sostenibilità dell'offerta medio tempore disposta dalla Stazione Appaltante.

La decisione del Tar. Il TAR respinge il ricorso con motivazione che, in primo luogo, si occupa di chiarire entro quali limiti sia esigibile una verifica di anomalia dell'offerta nella procedura per l'affidamento di una concessione di servizi, posto che il Codice dei contratti non contiene alcuna specifica disciplina sul punto. Il che, secondo la ricostruzione del Tribunale, non equivale a sostenere che non sia insita anche nella disciplina delle concessioni la esigenza di una valutazione di sostenibilità e ragionevolezza del progetto proposto alla Stazione appaltante; ma tale valutazione deve misurarsi con il particolare contenuto della concessione che, giusto il disposto dell'art. 165 del D.Lgs. 50/2016, comporta l'assunzione a carico dell'operatore del rischio di impresa. Ciò significa che l'offerta dell'imprenditore si basa non già su ricavi e costi certi, ma su stime previsionali relative alle prospettive future della gestione. Ne deriva che le previsioni economico finanziare contenute nel PEF sono sindacabili dalla Stazione Appaltante (e, di conserva, dal Giudice) soltanto sotto il profilo del non irragionevolezza del piano: il sindacato non può cioè essere condotto secondo i criteri “statici”, propri delle valutazioni delle offerte nelle procedure di appalto, che hanno ad oggetto dati predefiniti, ma dinamici, fondati cioè sulla complessiva credibilità della proposta imprenditoriale. Con un secondo ordine di argomento, il TAR si cala nella specificità della verifica condotta dalla Amministrazione intimata, per farne constare la correttezza. E, nell'occasione, precisa che lo scostamento dell'offerta aggiudicataria dal dato storico del fatturato pregresso (reso noto, su richiesta dell'Amministrazione, dal concessionario uscente e posto a base di gara) rappresenta un elemento utile a giustificare l'offerta -insieme ad altri, oggettivi e ricavabili dagli atti di gara- ma non può essere considerato un “limite” alle proposte degli altri operatori (ché altrimenti si finirebbe per avvantaggiare il gestore attuale, unico detentore delle informazioni concernenti i dati storici di quello specifico mercato).

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