La Corte costituzionale dichiara l'illegittimità delle norme della l. reg. sic. n. 13 del 2019, in materia di aggiudicazione dei lavori pubblici

Angelica Cardi
15 Febbraio 2021

La Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 4, commi 1 e 2 e 13 della legge della Regione siciliana 19 luglio 2019, n. 13 che introducono una normativa che invade la sfera di competenza esclusiva statale in materia di «tutela della concorrenza» e in contrasto con il Codice dei contratti pubblici. In tal senso, la Corte ha affermato che le disposizioni del codice dei contratti pubblici regolanti le procedure di gara sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza, e le Regioni, anche ad autonomia speciale, non possono dettare una disciplina da esse difforme.

Con la sentenza in commento, la Corte costituzionale ha dichiarato fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Presidente del Consiglio dei Ministri in merito, tra gli altri, agli artt. 4, commi 1 e 2 e 13 della legge della Regione siciliana 19 luglio 2019, n. 13 (Collegato al d.d.l. n. 476 “Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2019. Legge di stabilità regionale”).

In particolare, secondo il ricorrente:

a) l'art. 4, comma 1, primo periodo, della legge regionale sopra detta, violerebbe l'art. 117, comma 2, lettera e), della Costituzione, poiché, stabilendo l'obbligo per le stazioni appaltanti di utilizzare il criterio del minor prezzo per gli appalti di lavoro d'importo pari o inferiore alla soglia comunitaria, quando l'affidamento degli stessi avviene con procedure ordinarie sulla base del progetto esecutivo, interverrebbe in materia di procedure, selezione e criteri di aggiudicazione di gare pubbliche e si porrebbe in contrasto con gli artt. 36 e 95 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, che demanderebbero invece alle singole stazioni appaltanti l'individuazione del criterio da utilizzare;

b) il medesimo parametro costituzionale sarebbe violato anche dall'art. 4, commi 1 – dal secondo periodo in poi – e 2, incidendo anche tali disposizioni su un ambito di competenza esclusiva dello Stato. La disciplina regionale individuerebbe infatti, in presenza del criterio di aggiudicazione del minor prezzo, un metodo di calcolo della soglia di anomalia delle offerte diverso da quello dettato dall'art. 97, commi 2, 2-bis e 2-ter del d. lgs. n. 50 del 2016; c) l'art. 13 della medesima legge regionale in quanto in violazione dell'art. 117, commi 1 e 2, lettera e), Cost., e l'art. 17, lettera a), dello statuto reg. Siciliana, nella parte in cui proroga di 36 mesi i contratti di affidamento provvisorio dei servizi di trasporto pubblico locale di cui all'art. 27 della legge della Regione Siciliana 22 dicembre 2005, n. 19 (“Misure finanziarie urgenti e variazioni al bilancio della Regione per l'esercizio finanziario 2005. Disposizioni varie”) al fine di garantire la continuità dei servizi di trasporto pubblico locale di passeggeri su strade di interesse regionale e locale. Così disponendo, la norma regionale violerebbe l'art. 117, primo comma, Cost., poiché introdurrebbe una disciplina in contrasto con quanto sancito dagli artt. 5 e 8 del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007 relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70. La disposizione censurata sarebbe altresì in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che attribuisce alla competenza esclusiva statale la materia della tutela della concorrenza, poiché, a causa della prevista proroga, la disposizione non contemplerebbe l'indizione di regolari gare d'appalto per la concessione dei servizi di trasporto pubblico locale, come invece richiederebbe la vigente disciplina in materia. Da ultimo, la disposizione impugnata violerebbe l'art. 17, lettera a), dello statuto reg. Siciliana, eccedendo dalle competenze che tale previsione attribuisce alla Regione in materia di «trasporti regionali».

Quanto alla prima questione relativa all'art. 4, comma 1, primo periodo della legge regionale in esame, la Corte Costituzionale ha affermato che tale disposizione regionale introduce, in capo alle stazioni appaltanti, un vero e proprio vincolo all'utilizzo del criterio del minor prezzo, contrastando, dunque, con quanto previsto dal d.lgs. n. 50 del 2016, che, invece, demanda alle singole stazioni appaltanti l'individuazione del criterio da utilizzare (quello dell'offerta più vantaggiosa e quello del minor prezzo), tra loro alternativi e senza vincoli.

Nessun rilievo assume l'argomento della Regione Siciliana, secondo cui il comma 1 dell'art. 4 impugnato riprodurrebbe il contenuto dell'art. 95, comma 4, lettera a), del codice dei contratti pubblici, nella formulazione antecedente alla riforma operata dal d.l. n. 32 del 2019, evidenziando la Corte, come il raffronto debba essere condotto con la normativa statale vigente (del resto già in vigore quando è stata approvata la legge regionale oggetto di censura). Ciò posto, la Corte ha concluso che, in tema di aggiudicazione di lavori pubblici, il legislatore regionale ha introdotto una normativa che invade la sfera di competenza esclusiva statale in materia di «tutela della concorrenza», adottando previsioni in contrasto con quelle del codice dei contratti pubblici.

Parimenti fondata è la questione relativa all'art. 4, commi 1 – dal secondo periodo in poi – e 2 della legge regionale in esame che introduce un metodo di calcolo della soglia di «anomalia» delle offerte difforme da quello previsto dal codice dei contratti pubblici, con conseguente invasione dell'ambito riservato alla competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza. Sul punto, la Corte, dopo aver richiamato la disciplina statale del metodo di calcolo della soglia di anomalia delle offerte (di cui all'articolo 97, commi 2 e 2-bis, e 2-ter del d.lgs. n. 50/2016) e, in particolare l'art. 97, comma 2 ter del d.lgs. n. 50/2016 che attribuisce allo Stato-Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la facoltà di “procedere con decreto alla rideterminazione delle modalità di calcolo per l'individuazione della soglia di anomalia”, al fine di non rendere nel tempo predeterminabili dagli offerenti i parametri di riferimento per il calcolo” della soglia stessa, ha precisato che le previsioni regionali disegnano solo indirettamente una «soglia di anomalia», attraverso un peculiare meccanismo, per cui la gara deve essere aggiudicata all'offerta che eguaglia la soglia – calcolata secondo le regole introdotte dalle stesse disposizioni impugnate – o che più vi si avvicina per difetto. Ciononostante, la Corte ha rilevato come tale normativa delinei un meccanismo di individuazione della soglia, nonché di calcolo ed esclusione delle offerte anomale, diverso da quello previsto nel codice dei contratti pubblici, tale da assurgere, come si evince dagli stessi argomenti addotti dalla difesa regionale, a “correttivo” della norma statale.

Con tale decisione, dunque, la Corte dà continuità al costante orientamento secondo cui “le disposizioni del codice dei contratti pubblici [...] regolanti le procedure di gara sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza, e [...] le Regioni, anche ad autonomia speciale, non possono dettare una disciplina da esse difforme” (tra le tante, sentenze n. 263 del 2016, n. 36 del 2013, n. 328 del 2011, n. 411 e n. 322 del 2008)» (di recente, sentenze n. 98 e n. 39 del 2020).

Infine, conclude la Corte costituzionale, anche l'art. 13 della legge regionale in esame, prorogando per un triennio i contratti di affidamento relativi ai servizi di trasporto pubblico locale di passeggeri su strade di interesse regionale e locale e, affidando al Dipartimento regionale delle infrastrutture, della mobilità e dei trasporti il compito di apportare le conseguenti modifiche ai contratti in essere, allo scopo di adeguarne gli importi ai corrispondenti stanziamenti di bilancio, viola l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in quanto, non contemplando l'indizione di regolari gare d'appalto per la concessione dei servizi di trasporto pubblico locale, si pone in contrasto con la disciplina statale vigente nella materia «tutela della concorrenza».

La giurisprudenza costituzionale ha infatti sempre ascritto a tale materia qualunque intervento normativo di proroga delle concessioni dei servizi di trasporto pubblico locale già in essere, tenuto conto della diretta incidenza sul mercato di riferimento delle discipline di tal fatta. Non è pertanto consentito, secondo la Corte Costituzionale, al legislatore regionale stabilire il rinnovo o la proroga automatica alla scadenza di concessioni di servizio di trasporto pubblico, in contrasto con i principi di temporaneità delle concessioni stesse e di apertura del mercato alla concorrenza. Le proroghe dettano infatti vincoli all'entrata e incidono sullo svolgersi della concorrenza nel settore del trasporto pubblico locale, determinando una potenziale disparità di trattamento tra operatori economici. Se disposte dal legislatore regionale, esse invadono perciò la competenza esclusiva del legislatore statale (sentenze n. 2 del 2014, n. 123 del 2011 e n. 80 del 2006).

Ciò posto, la Corte ribadisce come le discipline regionali che prevedono meccanismi di proroga o rinnovo automatico delle concessioni sono da ritenersi invasive della competenza esclusiva statale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che “rappresenta sotto questo profilo un limite insuperabile alle pur concorrenti competenze regionali” (in senso conf. si v. C. cost. n. 10 del 2021).

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