I limiti della verifica di anomalia per l’affidamento delle concessioni di servizi

30 Marzo 2021

I parametri per la verifica delle offerte anormalmente basse posti dall'art. 97, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 50 del 2016 non sono compatibili con l'affidamento delle concessioni di servizi, rispetto a cui la stessa verifica deve essere effettuata secondo un criterio di ragionevolezza.

Il caso. All'esito di una procedura per l'affidamento diretto della concessione del servizio di somministrazione di bevande ed alimenti confezionati tramite distributori automatici presso delle strutture sanitarie il ricorrente censurava, sotto plurimi profili, la valutazione di anomalia del piano economico finanziario prodotto dall'aggiudicataria su richiesta della stazione appaltante, contestandone l'insostenibilità. In particolare, la Stazione appaltante, in base al conto economico analitico e alle informazioni fornite dall'aggiudicataria su sua richiesta, aveva espresso una valutazione positiva sulla sostenibilità dell'offerta.

La soluzione giuridica. Il Collegio ha anzitutto ricordato che il casus belli ineriva un contratto di concessione di servizi, in quanto tale caratterizzato dall'assunzione da parte dell'operatore economico del rischio c.d. operativo (cfr. art. 165, comma 1, d.lgs. n. 50/2016).

Richiamato il disposto del secondo comma dell'art. 164 del Codice, il TAR ha quindi ricordato che “quanto previsto per le offerte anormalmente basse dall'art. 97, in particolare commi 2 e 3, del d.lgs. n. 50 del 2016 non è compatibile con il contratto di concessione di servizi, per il quale l'obbligo di svolgere la verifica sull'anomalia dell'offerta anormalmente alta può essere predicato solo in base ai principi generali dell'azione amministrativa e, in particolare, a quello di ragionevolezza” precisando che “il concedente non è esentato dal dovere di svolgere la verifica di (per così dire) anomalia sulle offerte in gara laddove un criterio di ragionevolezza evidenzi l'inaffidabilità dell'offerta proposta (cfr. T.A.R. Toscana, n. 816/2017)”.

La sentenza precisa che nel caso di specie “non si rinviene alcuna manifesta irragionevolezza nella valutazione di sostenibilità dell'offerta” dell'aggiudicataria, e che “né rispetto a tale valutazione emergono ictu oculi profili di arbitrarietà o evidenti errori di fatto o travisamenti. E ciò proprio tenuto conto del rischio - da cui qualsivoglia apprezzamento sotto il profilo della ragionevolezza non può prescindere - nella gestione economica del servizio di cui il concessionario è portatore e da cui a fortiori discende la possibilità di scelte imprenditoriali capaci di conseguire in prospettiva maggiori vendite e profitti”.

Posto pertanto che “è [...] sotto un profilo di ragionevolezza che possono trovare verifica le previsioni contenute nel PEF e tale profilo non può prescindere dalla specifica natura del contratto di concessione, al quale è connaturato un margine di rischio, (cfr. T.A.R. Piemonte, sent. n. 73/2021)” e richiamati i principi generali elaborati dalla giurisprudenza rispetto al sub-procedimento di verifica dell'anomalia delle offerte (la natura globale e sintetica del giudizio, l'ampia discrezionalità riconosciuta all'amministrazione, l'insostituibilità del giudizio effettuato con una valutazione giudiziale, ecc...). il Collegio ha quindi dichiarato l'inammissibilità del gravame reputando non irragionevole la valutazione svolta nel caso concreto dalla stazione appaltante.

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