La qualificazione di un prodotto come “presidio medico chirurgico”

30 Marzo 2021

La qualificazione “presidio medico-chirurgico” corrisponde a quella di “prodotto autorizzato ai sensi del D.P.R. 392 del 1998”, essendo l'una la logica e necessaria implicazione dell'altra e viceversa.

Il caso. La decisione muove dal ricorso presentato da un operatore economico avverso il provvedimento con cui l'amministrazione aveva aggiudicato una fornitura urgente di materiale sanitario ad altro concorrente.

In particolare il ricorrente si doleva del fatto che l'aggiudicataria avesse offerto un prodotto privo dell'autorizzazione come “presidio medico chirurgico” (caratteristica richiesta invece dalla lex specialis), caratteristica non superabile tramite una valutazione di conformità operata dalla stazione appaltante, e soggetto in quanto tale all'i.v.a ordinaria pari al 22% (e non già all'i.v.a. agevolata al 5% propria dei P.M.C.) e non sarebbe stato autorizzato.

L'Amministrazione, costituitasi in giudizio, eccepiva di aver effettuato la valutazione di conformità del prodotto offerto avvalendosi di una struttura tecnica di supporto, che l'idoneità del prodotto era evincibile anche dalla lettura della scheda tecnica e, infine, l'irrilevanza del regime i.v.a.

La soluzione giuridica. Il Collegio, nel decidere il ricorso, ha anzitutto chiarito che l'indicazione “presidio medico chirurgico” rappresenta un “requisito normativo vincolante” e non una “mera indicazione descrittiva delle caratteristiche richieste”.

Invero i Giudici hanno ricordato che “quella di “presidio medico-chirurgico”[P.M.C.] è una nomenclatura tecnico-normativa che sottende un particolare standard di qualità e può essere adottata da un prodotto solo a seguito dell'intervenuta autorizzazione fornita dal Ministero della Salute, ai sensi del D.P.R. 392 del 1998”, con la conseguenza che “la dicitura “presidio medico-chirurgico” corrisponde a quella di “prodotto autorizzato ai sensi del D.P.R. 392 del 1998”, l'una essendo la logica e necessaria implicazione dell'altra (e viceversa): è presidio medico-chirurgico solo il prodotto che abbia ottenuto l'autorizzazione ministeriale prevista dalla menzionata normativa”.

Circa l'assenza, nella lex specialis, di riferimenti normativi, il TAR ha chiarito che “Al concetto non si associa, in ogni caso, un significato “comune”, che possa renderlo di valenza genericamente descrittiva e rappresentativa di determinate qualità o caratteristiche, comunemente associate ad esso. Il termine P.M.C. ha un contenuto squisitamente tecnico-normativo, il che rendeva del tutto superflua l'indicazione nella lex specialis delle disposizioni di riferimento, che potevano essere facilmente rinvenute e sono senz'altro note agli operatori del settore”.

Il Collegio ha inoltre evidenziato che la qualificazione di P.M.C. dei prodotti offerti fosse desumibile anche dalle funzionalità richieste dalla legge di gara (in specie la disinfezione della cute), giacché “L'azione disinfettante, corrispondente ad un'efficacia di eliminazione quasi integrale dei microorganismi patogeni, può essere infatti associata (ai sensi dell'art. 1 del D.P.R. 392 del 1998) solo a prodotti autorizzati come P.M.C., dovendosi altrimenti parlare di mero igienizzante”.

Il Collegio ha quindi ritenuto che la natura di P.M.C. dei prodotti offerti costituisse una caratteristica essenziale richiesta dalla lex specialis.

Il TAR ha inoltre escluso la possibilità per la stazione appaltante di effettuare una valutazione di congruità del prodotto in quanto “la natura di P.M.C. non consegue ... al mero riscontro di caratteristiche oggettive e predeterminate, ma sottende l'esito positivo di procedimenti autorizzatori complessi e pluristrutturati, che condizionano la stessa fabbricabilità e commerciabilità dei beni, oltre a determinare l'applicazione di un particolare regime di vigilanza e controllo [...] Il relativo potere, attribuito alla competenza centralizzata del Ministero, non può essere ovviamente esercitato, sia pure in via incidentale, dall'Azienda sanitaria”.

Altrimenti argomentando verrebbe infatti leso il principio concorrenziale giacché “Un prodotto che non sia stato autorizzato ai sensi del D.P.R. 392 del 1998 presenta normalmente, a prescindere dalla sua specifica composizione, costi di produzione più ridotti. Per esso non devono, infatti, essere soddisfatti (e mantenuti nel tempo) gli elevati standard richiesti dal Ministero della Salute per produrre e commercializzare i P.M.C., che attengono altresì alle caratteristiche degli impianti di fabbricazione, all'idoneità tecnica del personale ivi impiegato e financo al regime contrattuale adottato (cfr. art. 5). Gli stessi provvedimenti disciplinati dal D.P.R. 392 del 1998 sono, inoltre, soggetti al pagamento di una tariffa di non trascurabile entità (€ 1.520,40 per l'autorizzazione alla commercializzazione, € 3.683,10 per l'autorizzazione alla produzione)”.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.