Nessun ulteriore dubbio interpretativo sul regime transitorio scaturente dall’abrogazione del “mini-rito”

24 Aprile 2021

La III sezione del Consiglio di Stato, confutando espressamente un proprio precedente ha confermato l'orientamento giurisprudenziale maggioritario in base al quale per i processi iniziati dopo il 18 giugno 2019 le censure relative alla fase di ammissione della gara devono, pena la carenza di interesse a ricorrere, essere proposte al momento dell'impugnazione dell'aggiudicazione e ha conseguentemente escluso di dover sottoporre il contrasto interpretativo all'Adunanza Plenaria.

La III sezione del Consiglio di Stato, confutando espressamente un proprio precedente (Cons. St., Sez. III, 29 luglio 2020, n. 4824, seguito da un'unica pronuncia della Sez. VI, 13 ottobre 2020, n. 6165) ha confermato l'orientamento giurisprudenziale maggioritario in base al quale per i processi iniziati dopo il 18 giugno 2019 le censure relative alla fase di ammissione della gara devono essere proposte al momento dell'impugnazione dell'aggiudicazione, pena la carenza di interesse a ricorrere.

Il Collegio ha in particolare evidenziato che è d'altronde la stessa Terza sezione ad aver contribuito alla formazione del suddetto orientamento (a partire dalla sentenza Cons. Stato, III, 5 giugno 2020, n. 3585) poi confermato dalla sentenza della V sezione 5 agosto 2020, n. 4927, che ha in particolare messo in risalto la portata sostanziale dell'abrogazione.

La pronuncia evidenzia che per il tramite dell'abrogazione della disciplina processuale “super-speciale” (artt. 120 commi 2-bis 6-bis c.p.a.) il legislatore ha rimosso “la qualificazione di atto immediatamente lesivo a quelli adottati dall'amministrazione nella fase di ammissione degli operatori economici alla gara, con conseguente ripristino per le procedure di gara concluse dopo l'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 32 del 2019 (ma per la verità sin da quest'ultimo) della regola generale secondo cui l'interesse ad ottenere un appalto pubblico all'esito della relativa procedura di gara è leso solo con l'altrui aggiudicazione, quale atto conclusivo dell'unitario procedimento amministrativo contraddistinto da atti nel loro complessi preordinati al risultato finale di selezionare il contraente privato della pubblica amministrazione”. Eliminato dunque l'onere anticipato di impugnazione “ha ripreso vigore la regola generale - su cui si fonda l'intero sistema di giustizia amministrativa quale giurisdizione di diritto soggettivo (…) per cui è con la definitiva manifestazione di volontà dell'amministrazione nelle forme tipiche degli atti autoritativi previsti dalla legge che è data, in concreto, azione in giudizio a tutela degli interessi legittimi e dei diritti soggettivi dell'interessato e in vista di un risultato utile correlato ad un bene della vita”.

Il Collegio precisa che attraverso il riferimento operato dall'art. 1, comma 23, della l. n. 55 del 2019 «ai processi» iniziati dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione - e non già agli «atti delle procedure di affidamento», secondo quanto invece previsto dalle regole generali contenute nell'art. 120 c.p.a. (comma 1), e dallo stesso comma 2-bis abrogato («provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni…») - si è invece resa immediatamente operante l'abrogazione «anche per le procedure di gara già avviate ed ancora in corso», ed escludere che per queste ultime potessero produrre effetti sostanziali gli atti interni alla procedura di gara (così la citata sentenza di questa Sezione del 5 agosto 2020, n. 4927).

Tali rilievi, evidenzia la sezione, “consentono di superare le diverse considerazioni di cui a Cons Stato, sez. III, 29 luglio 2020, n. 4824, (…), secondo cui si dovrebbe allora ipotizzare una rimessione in termini rispetto a provvedimenti di ammissione alla gara già consolidatisi nel vigore del regime previgente al decreto-legge n. 32 del 2019, mentre un simile effetto retroattivo non potrebbe estendersi a situazioni e rapporti giuridici ormai chiusi, come sono quelli relativi alla fase di ammissione per i quali il termine per impugnare è orami scaduto”, in quanto tale orientamento non considera “la portata dell'effetto abrogativo del rito sulle ammissioni, che era correlato non all'atto dell'amministrazione impugnato ma a quello dell'interessato di esercizio del diritto di azione in giudizio, cui va riferito il momento in cui vanno valutati i presupposti sostanziali di ammissibilità dell'impugnazione”.

In considerazione della circostanza che “ad opinare in questo senso la portata della disciplina abrogativa dell'art. 120, comma 2-bis, c.p.a. contenuta nel d.l. n. 32 del 2019 sarebbe vanificata” la sentenza esclude di dover rimettere all'AdunanzaPlenaria la relativa questione interpretativa “tenuto conto che l'esegesi giurisprudenziale, alla luce dei precedenti richiamati, si è consolidata nel senso auspicato dalla parte appellante”.

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