Al vaglio della Consulta l'applicabilità retroattiva della disciplina più mite sulla escussione della garanzia provvisoria posta a corredo dell'offerta

28 Aprile 2021

L'escussione della garanzia provvisoria integra una sanzione dall'elevata carica afflittiva sicché si pone in dubbio la legittimità costituzionale delle disposizioni del Codice dei contratti che precludono l'applicabilità della più favorevole disciplina sanzionatoria sopravvenuta (la quale prevede l'escussione della cauzione provvisoria solo a valle dell'aggiudicazione (definitiva) e, dunque, solo nei confronti dell'aggiudicatario) già in vigore al momento dell'adozione, da parte della stazione appaltante, del provvedimento di escussione della garanzia provvisoria.

Il caso. Dopo aver escluso un operatore economico da una gara pubblica bandita nel 2014, la stazione appaltante provvedeva altresì ad escutere la cauzione provvisoria da questi prestata non solo per l'unico lotto nel quale detto operatore economico era risultato primo in graduatoria e quindi aggiudicatario, ma anche -in un secondo momento- per tutti quelli per i quali lo stesso aveva presentato un'offerta nonostante tale operatore economico non fosse risultato in relazione a questi ultimi né aggiudicatario e neanche secondo graduato. Ciò avveniva in applicazione dell'art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006, applicabile ratione temporis alla gara, che non distingue a tal fine tra aggiudicatari e semplici partecipanti alla gara, come invece avviene con il sopravvenuto art. 93, comma 6, del d.lgs. n. 50/2016.

La rimessione alla Corte Costituzionale. Avverso il provvedimento che disponeva l'escussione della cauzione provvisoria per i lotti nei quali non era risultata aggiudicataria, la concorrente proponeva ricorso al TAR e, a seguito del suo rigetto, presentava appello al Consiglio di Stato sollevando altresì questione di legittimità costituzionale dell'art. 93, comma 6, nel disposto combinato con l'art. 216 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, per contrasto con gli artt. 3 e 117 comma primo della Costituzione.

In altre parole, sosteneva la ricorrente, in virtù del principio di retroattività della lex mitior, nel caso di specie avrebbe dovuto trovare applicazione la disposizione più mite ossia l'art. 93, comma 6, del d.lgs. n. 50/2016, in base al quale la stazione appaltante non avrebbe potuto incamerare la cauzione provvisoria versata per i lotti nei quali non era risultata aggiudicataria.

Come rilevato dal Collegio in base al disposto combinato degli artt. 93, comma 6, e 216 del vigente codice appalti di cui al d.lgs. n. 50/2016, la garanzia provvisoria posta dagli operatori economici a corredo dell'offerta può essere escussa dalla stazione appaltante, in caso di mancata sottoscrizione del contratto per fatto riconducibile all'affidatario, solo nei confronti del primo classificato e tale disposizione, a mente della seconda norma richiamata, si può applicare solo alle procedure successive alla data dell'entrata in vigore del medesimo codice degli appalti.

Ai sensi invece del previgente codice dei contratti pubblici, l'art. 48 d.lgs. n. 163 del 2006, che si riferisce all'ipotesi di un controllo a campione che abbia sortito esito negativo circa il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico organizzativa dichiarati dal concorrente all'atto dell'offerta, le stazioni appaltanti procedono all'esclusione del concorrente dalla gara, all'escussione della relativa cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto all'Autorità, a prescindere dalla posizione occupata in graduatoria dal concorrente. Sotto tali aspetti, dunque, l'art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006 sembra prevedere una disciplina più severa rispetto quella contenuta nell'art. 93, comma 6, del d.lgs. n. 50/2016.

Ciò posto, il Consiglio di Stato ritiene di dover confermare la natura anche sanzionatoria dell'istituto dell'escussione della garanzia provvisoria, per come disciplinato dal d.lgs. n. 163 del 2006 e sul punto sono richiamate varie decisioni dei giudici di Palazzo Spada rese in sede di Adunanza plenaria, in particolare la n. 8 del 4 ottobre 2005 la quale ha tra l'altro affermato che “la cauzione provvisoria, oltre ad indennizzare la stazione appaltante dall'eventuale mancata sottoscrizione del contratto da parte dell'aggiudicatario (funzione indennitaria), può svolgere altresì una funzione sanzionatoria verso altri possibili inadempimenti contrattuali dei concorrenti”.

In termini più generali, prosegue la sentenza, è presente un consolidato orientamento del Consiglio di Stato per cui “l'incameramento della cauzione va considerata una misura a carattere latamente sanzionatorio".

Su tali basi, dunque, “non sembra revocabile in dubbio che la misura sanzionatoria amministrativa prevista dall'art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006 abbia natura punitiva e soggiaccia pertanto alle garanzie che la Costituzione ed il diritto internazionale assicurano alla materia, ivi compresa la garanzia della retroattività della lex mitior” garanzia quest'ultima che, come confermato a sua volta dalla Corte costituzionale, trova il suo fondamento all'interno dell'ordinamento nazionale proprio negli articoli 3 e 117, primo comma, della Costituzione.

Concludendo, in ragione dei rilievi che precedono si dovrebbe “concludere per l'illegittimità costituzionale delle disposizioni che precludono l'applicabilità, al caso di specie, della più favorevole disciplina sanzionatoria sopravvenuta -la quale prevede l'escussione della cauzione provvisoria solo a valle dell'aggiudicazione (definitiva) e, dunque, solo nei confronti dell'aggiudicatario di una procedura ad evidenza pubblica- in quanto già in vigore al momento dell'adozione, da parte […] [della stazione appaltante], del provvedimento di escussione della garanzia provvisoria”.

Il giudizio, pertanto, veniva sospeso e la questione di legittimità costituzionale veniva rimessa alla Corte costituzionale.

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