Rescissione del giudicato: inammissibile il ricorso trasmesso a mezzo posta elettronica certificata
10 Giugno 2021
Il caso. Il giudice di merito dichiarava inammissibile l'istanza volta ad ottenere la rescissione del giudicato di condanna, perché trasmessa a mezzo posta elettronica certificata. Tale modalità è stata ritenuta non consentita per la proposizione di un mezzo di impugnazione straordinaria qual è la rescissione del giudicato.
Giurisprudenza pre-COVID. Prima dell'emergenza sanitaria, la giurisprudenza aveva escluso che fosse consentito alle parti trasmettere gli atti di impugnazione (o le memorie contenenti motivi nuovi) mediante posta elettronica certificata. Tale strumento era consentito solo per le notificazioni e le comunicazioni da effettuarsi a cura della cancelleria e potendo lo stesso operare unicamente in presenza del fascicolo telematico, che non era ancora presente nel processo penale.
Il regime delle impugnazioni penali. Nel sistema delle impugnazioni penali assume un particolare rilievo l'identificazione del soggetto proponente; per questa ragione è formalizzata specificamente la procedura di deposito dell'atto, che è strumentale alla verifica della legittimazione – quale condizione della sua ammissibilità – di colui che propone l'impugnazione. Tale procedura non appare surrogabile con la trasmissione a mezzo fax o PEC, perché si tratta di dispositivi che garantiscono esclusivamente la provenienza del messaggio e la ricezione da parte del destinatario, non la paternità del documento trasmesso. Neppure poteva essere utilizzata la firma digitale fino all'adozione del decreto attuativo.
Il decreto-legge che consente il deposito tramite PEC. Successivamente è entrato in vigore il d.l. n. 137/2020 che ha consentito il deposito con valore legale mediante PEC, presso gli indirizzi di posta elettronica certificata degli uffici giudiziari indicati in apposito provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati (D.G.S.I.A.) e pubblicato sul Portale dei servizi telematici, insieme alle specifiche tecniche relative ai firmati degli atti e le ulteriori modalità di invio.
Nessuna deroga al codice di rito. Tale disciplina consente il deposito di tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati, ma non ha modificato le norme processuali né ha derogato tale regolamentazione; ne consegue che le nuove disposizioni devono essere lette e interpretate nei limiti in cui alle stesse possa darsi applicazione nel rispetto delle clausole generali e dei principi espressi dal codice di procedura penale (principio di tassatività e inderogabilità delle forme per la presentazione delle impugnazioni). Si è già affermato al riguardo che in tema di impiego della PEC nel processo penale, la normativa contenente disposizioni per fronteggiare l'emergenza pandemica, trova applicazione esclusivamente in relazione agli atti di parte per i quali il codice di rito non disponga specifiche forme e modalità di presentazione, attesa la natura non derogatoria delle disposizioni.
Regolate anche le impugnazioni con legge di conversione. Interpretazione questa che ha trovato un chiarimento con la legge di conversione n. 176/2020 che ha precisato che, fermo quanto previsto dagli artt. 518, 582, comma 2 e 583 c.p.p., quando il deposito degli atti ha per oggetto un'impugnazione, l'atto in forma di documento informatico è sottoscritto digitalmente secondo le modalità indicate con il provvedimento del Direttore generale dei servizi informativi e automatizzati. Si consente, inoltre, l'invio a mezzo PEC anche dell'impugnazione, prescrivendo le modalità di trasmissione dall'indirizzo del difensore a quello dell'ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimento impugnato nel rispetto delle specifiche tecniche.
L'istanza di rescissione è inammissibile. Nel caso in esame, l'istanza di rescissione è inammissibile perché proposta, via posta elettronica certificata, prima dell'entrata in vigore della disciplina che consente la presentazione e l'inoltro mediante PEC.
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