La notifica via PEC al procuratore o alla parte presso il procuratore è idonea a far decorrere il termine breve?
27 Settembre 2021
Massima
“In materia di notificazioni al difensore, a seguito dell'introduzione del "domicilio digitale", corrispondente all'indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell'ordine di appartenenza, la notificazione dell'atto di appello va eseguita all'indirizzo PEC del difensore costituito risultante dal ReGIndE”.
“Ai fini del termine breve di impugnazione, la notifica della sentenza finalizzata alla decorrenza di quest'ultimo, va eseguita o nei confronti del procuratore della parte ovvero della parte presso il suo procuratore, nel domicilio eletto o nella residenza dichiarata, con la conseguenza che la notifica alla parte, senza espressa menzione, nella relata di notificazione, del suo procuratore quale destinatario (anche solo presso il quale quella è eseguita), non è idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione”.
“La sottoscrizione da parte del giudice della sentenza emessa ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c. equivale a sottoscrizione anche del verbale d'udienza, atteso che tale verbale costituisce parte integrante della sentenza stessa, di cui forma un corpo unico, sicché è sufficiente un'unica attestazione di conformità”. Il caso
Nella decisione in esame la Suprema Corte, in sede di impugnazione avverso la sentenza di appello pronunciata dalla Corte d'Appello di Trieste del 04.03.2019, è stata chiamata a valutare l'idoneità della sentenza notificata al difensore a mezzo PEC, e della relativa consegna telematica, a far decorrere il termine breve per l'impugnazione.
La sentenza sottoposta al sindacato del Supremo Collegio, in particolare, dopo aver evidenziato che la sentenza di primo grado era stata notificata al difensore in data 25.10.2017 a mezzo PEC e l'appello era stato proposto con atto di citazione notificato il 05.12.2017, ha ritenuto che la relativa consegna telematica fosse idonea far decorrere il termine breve per l'impugnazione, scaduto nella specie il 24.11.2017, dal momento che la notifica in questione avrebbe senz'altro prodotto il risultato della conoscenza dell'atto e, quindi, il raggiungimento del suo scopo legale, restando, in ogni caso, sanata, ai sensi dell'art. 156, ultimo comma, c.p.c., la sua eventuale nullità a causa della mancata certificazione di conformità, tanto più che la parte appellata non aveva contestato che il contenuto della sentenza notificata corrispondesse a quello originale. Nello specifico, da quanto è possibile comprendere dalla descrizione resa nel provvedimento in commento, il ricorrente ha chiesto per due motivi la cassazione della sentenza impugnata.
Con il primo motivo l'istante si doleva dell'error in procedendo in cui la Corte d'Appello sarebbe incorsa per aver fatto erronea applicazione delle norme di notificazione degli atti processuali, ritenendo che la sentenza del tribunale fosse stata ritualmente notificata al difensore a mezzo PEC, senza considerare però: (2) che la parte non aveva eletto “domicilio telematico” presso il suo difensore.
Con il secondo motivo, invece, veniva contestato l'ulteriore supposto error in procedendo del giudice di merito, censurando in particolare la sentenza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto che la sentenza del tribunale fosse stata correttamente notificata a mezzo di posta elettronica certificata in data 25.10.2017: secondo il ricorrente, così ragionando, la corte non aveva considerato che in caso di sentenza pronunciata ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c. il provvedimento da notificare, ai fini del decorso del termine breve, non era la sentenza depositata in cancelleria, ma il verbale d'udienza del 16.10.2017 ed oltretutto la conformità all'originale era stata attestata solo per la sentenza depositata il 18.10.2018 e non anche per il verbale dell'udienza summenzionato. La questione
Ad avviso della Suprema Corte i motivi presentati dal ricorrente, trattati congiuntamente, sono risultati infondati e il ricorso è stato quindi essere rigettato.
L'iter logico argomentativo seguito dagli ermellini nella pronuncia in esame, può essere riepilogato nei seguenti punti: 1) in materia di notificazioni al difensore, a seguito dell'introduzione del "domicilio digitale" (ad opera dell'art. 16 sexies, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, conv., con modificazioni, in l. 17 dicembre 2012, n. 221, inserito dall'articolo 52, comma primo, lettera b), d.l. 24 giugno 2014, n 90, conv., con modificazioni, in l. 11 agosto 2014, n. 114), le notificazioni degli atti in materia civile – ivi inclusa, pertanto, la notificazione dell'atto di appello di cui si discute – vanno eseguite all'indirizzo PEC del difensore costituito risultante dal ReGIndE (così come stabilito altresì da Cass., 23 maggio 2019, n. 14140, anche citata in motivazione; ma v. anche Cass., SS.UU., 23 luglio 2018, n. 19526; Cass., 8 giugno 2018, n.14914);
2) altresì, in seguito all'introduzione del “domicilio digitale” di cui supra, la notificazione al difensore eseguita presso l'indirizzo PEC risultante dall'albo professionale di appartenenza, è perfettamente valida, dal momento che l'indirizzo ivi indicato corrisponde a quello inserito nel pubblico elenco di cui all'art. 6 bis, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (c.d. codice dell'amministrazione digitale), posto che il difensore è obbligato a darne comunicazione al proprio ordine di appartenenza e quest'ultimo, a sua volta, è obbligato ad inserirlo sia nell'indice nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti nei registri (c.d. Ini-Pec), sia nel registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia (c.d. ReGindE) (sul punto v. Cass., SS.UU.,28 settembre 2018, n. 23620; Cass., 15 novembre 2019, n. 29749, che rettificava il palese e noto refuso, in un obiter dictum, di Cass., 8 febbraio 2019, n. 3709);
3) inoltre, ai fini del termine breve di impugnazione, la notifica della sentenza finalizzata alla decorrenza di tale termine, deve essere univocamente rivolta a garanzia del diritto di difesa della parte che ne è destinataria, e va eseguita o nei confronti del procuratore della parte ovvero della parte presso il suo procuratore, nel domicilio eletto o nella residenza dichiarata, con la conseguenza che la notifica alla parte, senza espressa menzione, nella relata di notificazione, del suo procuratore quale destinatario non è idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione (principio ribadito altresì dalla pronuncia di Cass., SS.UU.,30 settembre 2020, n. 20866). Ciò anche in ragione della competenza tecnica del destinatario nella valutazione dell'opportunità di adottare le condotte processuali più convenienti, nonché in relazione agli effetti decadenziali derivanti dalla sua inosservanza;
4) infine, il termine breve di impugnazione decorre dalla notificazione della pronuncia anche in caso di sentenze emesse ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c., le quali oltretutto non costituiscono atto distinto dal verbale d'udienza che le contiene ed in cui il giudice inserisce il dispositivo ed i motivi della decisione, tant'è che la sottoscrizione da parte del giudice della sentenza emessa ex art. 281- sexies c.p.c. equivale alla sottoscrizione anche del verbale d'udienza, dal momento che tale verbale costituisce parte integrante della sentenza, con cui forma un corpo unico, come si ricava, in particolare, dall'art. 35 disp. att. c.p.c.; tali conclusioni – in un uno con il riferimento alla sanatoria ex art. 156, ultimo comma, c.p.c. – costituiscono implicitamente rigetto della censura sollevata dal ricorrente in relazione alla presunta mancata attestazione di conformità del verbale d'udienza.
Questo, in estrema sintesi, è l'iter logico argomentativo seguito dalla Suprema Corte, che con la pronuncia in esame ha quindi confermato la decisione della Corte d'Appello, là dove ha ritenuto che la notifica della sentenza di primo grado fosse idonea a far decorrere il termine breve per la sua impugnazione, che pertanto è inutilmente spirato. Osservazioni
La decisione in commento riprende alcuni aspetti del tema, già oggetto di ampio dibattito giurisprudenziale negli ultimi anni, relativo alla notifica degli atti processuali tramite posta elettronica certificata. Va premesso, con l'occasione, che tale facoltà di notificazione è attribuita ai difensori dall'art. 3 bis, l. 21 gennaio 1994, n. 53 (disposizione inserita dall'articolo 16quater, comma primo, lettera d), d.l. 18 ottobre 2012, n.179, conv. con modificazioni in l. 17 dicembre 2012, n. 221, a sua volta introdotto dall'art. 1, comma diciannovesimo, punto 2), l. 24 dicembre 2012, n. 228), secondo cui – tra l'altro – “La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi”. Al riguardo l'art. 16-ter, comma 1 d.l. 18 ottobre 2012, n.179, conv. con modificazioni in l. 17 dicembre 2012, n. 221, sancisce che “A decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 6-bis, 6-quater e 62 d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, dall'articolo 16, comma 12, del presente decreto, dall'articolo 16, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia”.
I pubblici elenchi indicati dalla norma possono quindi essere sintetizzati come segue: I. l'indice nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti (c.d. Ini-Pec); II. pubblico elenco dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato non tenuti all'iscrizione nell'indice Ini-Pec; III. l'elenco formato dal Ministero della giustizia degli indirizzi p.e.c. comunicati dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma secondo, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (c.d. registro PP.AA.); IV. l'elenco tenuto dal registro delle imprese degli indirizzi p.e.c. comunicati dalle imprese costituite in forma societaria (la cui mancata comunicazione importa “l'irrogazione della sanzione prevista dall'art. 2630 c.c.”, come previsto dal comma sesto bis aggiunto – ad opera dell'art. 37, comma 1, d.l. 9 febbraio 2012, n. 5, conv. con modificazioni in l. 4 aprile 2012, n. 35 – nell'art. 16, d.l. 29 novembre 2008, n. 185, conv. in l. 28 gennaio 2009, n. 2, e successivamente modificato dall'art. 37, comma 1, lett. b), d.l. 16 luglio 2020, n. 76, conv. con modificazioni in l. 11 settembre 2020, n. 120); V. il registro generale degli indirizzi elettronici gestito dal ministero della giustizia (c.d. ReGindE).
Ciò premesso in termini generali sulle notificazioni a mezzo PEC, occorre poi preliminarmente ricordare brevemente la disciplina di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c. relativa ai c.d. “termini brevi” di impugnazione, che stabilisce in trenta giorni il termine per l'appello a partire dalla notificazione di sentenza; trattasi naturalmente di termine perentorio che, se non rispettato, comporta la decadenza dalla facoltà di impugnare il provvedimento, che passa così in giudicato. La regola vale anche in caso di sentenze emesse ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c., disciplinante le decisioni emesse a seguito di discussione orale, non potendosi considerare equipollente alla notificazione la lettura del dispositivo e della motivazione in udienza (così già Cass., 19 settembre 2014, n. 19743). Richiamati e condivisi questi presupposti, la Suprema Corte nel caso in commento si è soffermata in particolare sul contenuto della relazione di notifica e su aspetti prettamente formali, assurgenti però a requisito di validità della notificazione della sentenza ai fini del decorso del termine breve d'appello. Volendo riassumere le ipotesi contemplate dalla decisione, di distingue tra: a) notifica “eseguita o nei confronti del procuratore della parte”, che è valida; b) notifica eseguita nei confronti “della parte presso il suo procuratore, nel domicilio eletto o nella residenza dichiarata”, che è anch'essa valida; c) notifica eseguita “alla parte, senza espressa menzione, nella relata di notificazione, del suo procuratore quale destinatario (anche solo presso il quale quella è eseguita)”, che invece “non è idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione”. L'assunto si colloca nel solco di un precedente orientamento – in realtà avente ad oggetto l'ipotesi di notificazione alle pubbliche amministrazioni – secondo cui l'inidoneità della notifica finalizzata alla decorrenza del termine breve per l'impugnazione non è superata dal fatto che essa sia “eseguita in luogo che sia al contempo sede di una pubblica amministrazione, sede della sua avvocatura interna e domicilio eletto per il giudizio, non potendo surrogarsi l'omessa indicazione della direzione della notifica al difensore con la circostanza che il suo nominativo risulti dall'epigrafe della sentenza notificata, per il carattere neutro o non significativo di tale sola circostanza” (così Cass., SS. UU., 30 settembre 2020, n. 20866; nello stesso senso cfr. anche Cass., 8 luglio 2016, n. 14054; contra, invece,Cass., 12 settembre 2011, n. 18640, secondo cui invece “la notifica della sentenza effettuata alla parte, nel domicilio eletto presso il difensore, equivale a quella compiuta, ai sensi degli art. 170 e 285 c.p.c., al procuratore costituito”).
Infine, va evidenziato che la sentenza non si sofferma espressamente sulla contestazione del ricorrente secondo cui la conformità all'originale era stata attestata soltanto per la sentenza ex art. 281-sexies c.p.c. e non anche per il verbale dell'udienza in cui la decisione era stata pronunciata, ma il tema sembra sostanzialmente assorbito, da una parte, dalla considerazione che la supposta irregolarità non ha comunque inficiato lo scopo, operando pertanto in tal caso la sanatoria di cui all'art. 156, ultimo comma, c.p.c., e, dall'altra, dalla corretta affermazione secondo cui “tale verbale costituisce parte integrante della sentenza stessa, di cui forma un corpo unico”. Da ciò si può desumere che l'unica attestazione di conformità apposta sul documento sia idonea a certificare la conformità all'originale sia del verbale d'udienza sia del provvedimento assunto dal giudice, sebbene dalla motivazione non si abbia modo di ricavare il tenore letterale dell'attestazione di conformità presente sull'esemplare notificato.
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