Legittimo impedimento comunicato via PEC: al difensore richiedente spetta un duplice onere di verifica

Roberta Giorsino
13 Ottobre 2021

Non essendo prevista una modalità specifica di trasmissione delle istanze di rinvio deve ritenersi applicabile l'art. 121 c.p.p., a mente del quale si considera mezzo “tipico” il deposito in Cancelleria. Conseguentemente l'invio a mezzo PEC si inserisce nei mezzi “atipici” di trasmissione e, come tale, non esonera il difensore dal verificare che l'istanza giunga a conoscenza del giudice.
Massima

Non essendo prevista una modalità specifica di trasmissione delle istanze di rinvio deve ritenersi applicabile l'art. 121 c.p.p. a mente del quale si considera mezzo cd. “tipico” di trasmissione delle istanze il deposito in Cancelleria. Conseguentemente l'invio a mezzo PEC si inserisce nei mezzi cd. “atipici” di trasmissione e, come tale, non esonera il difensore dal verificare che l'istanza, così trasmessa, giunga a conoscenza del giudice poiché, a differenza della trasmissione con mezzo cd. “tipico”, non lo onera a prendere in considerazione l'istanza,se non quando la stessa sia portata a sua effettiva conoscenza.

Il caso

Il Tribunale di Mantova, con sentenza del 20.10.2017 condannava E.T. alla complessiva pena di 3 anni, 4 mesi di reclusione ed euro 1.000,00 di multa (oltre spese processuali), riconoscendolo colpevole dei reati di resistenza a pubblico ufficiale e ricettazione.

E.T. proponeva ricorso alla Corte d'Appello di Brescia evidenziando che il Giudice di prime cure avrebbe dovuto sospendere il procedimento per assenza dell'imputato, ed eccependo inoltre la nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa poiché l'udienza era stata celebrata (in data 20.10.2017) nonostante l'istanza di rinvio per legittimo impedimento fosse stata trasmessa ante udienza (in data 18.10.2017).

La Corte d'Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, assolvendo l'imputato per il reato di resistenza a pubblico ufficiale ex art. 337 c.p., rideterminava la pena in anni 2 di reclusione ed euro 600 di multa per il delitto di ricettazione.

Il Giudice di secondo grado respingeva la prima censura rilevando che E.T., rimpatriato coattivamente in data 15.09.2017, ben avrebbe potuto ex art. 17 D. Lg.vo 286/1998 chiedere di rientrare temporaneamente in Italia per esercitare il diritto di difesa.

Quanto al secondo motivo di censura, la Corte d'appello disattendeva l'eccezione di nullità della sentenza sulla scorta del fatto che il difensore avrebbe dovuto accertarsi dell'avvenuta ricezione dell'istanza proprio in virtù del mezzo prescelto, ossia la PEC.

Avverso la sentenza proponeva ricorso in Cassazione il difensore di E.T., affidandolo a due motivi di censura; il PG concludeva con requisitoria scritta per l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra Sezione della medesima Corte d'appello di Brescia.

La questione

La questione giuridica sottesa al caso in esame è la seguente: è onere del difensore che chiede un rinvio per legittimo impedimento, trasmettendo l'istanza a mezzo PEC, preoccuparsi unicamente della buona riuscita della ricezione dell'istanza da parte della Cancelleria o ha un ulteriore onere di sollecitazione affinché quest'ultima venga prontamente sottoposta al Giudice designato?

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte, nel caso di specie, prende in esame la tempestività del rinvio per legittimo impedimento trasmesso dal difensore a mezzo PEC.

Preliminarmente la Corte di legittimità ribadisce la legittimità della trasmissione a mezzo PEC, sottolineando però che, non essendo applicabile al caso in esame la normativa in materia emergenziale, l'utilizzo della PEC non può considerarsi un mezzo consentito alle parti private per effettuare notificazioni, comunicazioni ed istanze dirette agli uffici. Di talché tali istanze possono essere liberamente apprezzate dal giudice in quanto “fatti potenzialmente integranti cause che impongono il differimento del processo”, indipendentemente dal motivo in base al quale il giudice ne sia venuto a conoscenza.

Conseguentemente, grava sul difensore proponente il duplice onere di verifica: quello relativo alla buona riuscita di trasmissione e ricezione dell'istanza da parte della Cancelleria e quello circa l'effettiva conoscenza dell'istanza da parte dell'organo giudicante, potendo dolersi dell'omesso esame solo in costanza di tale doppio accertamento.

Del tutto peculiari rispetto al caso in esame sono le ulteriori considerazioni che la Suprema Corte enuncia riguardo alla istanza di rinvio per legittimo impedimento, ricordando che la trasmissione a mezzo PEC, non collocandosi nel novero dei mezzi cd. tipici previsti dall'art. 121 c.p.p. (operante in via residuale, a fronte dell'assenza di un articolo riguardante la trasmissione delle istanze di rinvio), non può che qualificarsi come mezzo atipico. Di conseguenza, richiede un quid pluris rispetto al mezzo tipico del deposito in cancelleria, consistente nell'ulteriore onere di verifica che tale istanza sia portata a conoscenza del giudice, diversamente non tenuto a vagliarla.

Sul punto il Collegio dà atto di un contrapposto orientamento giurisprudenziale (Cass. pen., 18 marzo 2021, n. 15868) che privilegia, ai fini della conoscenza (rectius conoscibilità) del giudice, il momento dell'arrivo della PEC all'indirizzo istituzionale della Cancelleria, ritenendo non rilevante l'intempestivo inserimento dell'istanza nel fascicolo processuale e la sua sottoposizione al giudice.

La Suprema Corte, infine, sottolinea come, ai fini della decisione circa il caso di specie, debbano essere oggetto di indagine anche le ragioni della richiesta del rinvio – impedimento del difensore per concomitante impegno professionale- e la tempestività della richiesta stessa. Tutti elementi che, congiuntamente, concorrono a formare il convincimento del giudice in ordine all'accoglimento o meno dell'istanza di differimento.

Quanto alle ragioni sottese all'istanza di rinvio per legittimo impedimento, il Giudice di legittimità, ricordando che le stesse devono essere vagliate dal giudice al fine di vanificare ogni intento dilatorio, e, prendendo le mosse dalle SS.UU. Fogliani (Cass. SS.UU. n. 4708 del 27 marzo 1992), evidenzia che, poiché l'impegno professionale in altro procedimento possa assurgere a legittimo impedimento, è necessario che il difensore istante giustifichi adeguatamente la necessità del differimento d'udienza, evidenziando le motivazioni che gli impediscono di avvalersi di un sostituto ex art. 102 c.p.p., l'assenza di un codifensore che possa sostituirlo e, soprattutto, le ragioni che rendono necessaria la sua presenza in altro procedimento, senza limitarsi alla mera comunicazione e documentazione di altro impegno professionale.

In ordine all'ulteriore requisito di ammissibilità, la Corte di Cassazione sottolineando che proprio l'art. 420-quater del c.p.p., al comma 5, sancisce l'essenzialità della comunicazione tempestiva del legittimo impedimento, evidenzia come nel caso in esame l'istanza (presentata il 18/10/2017) dovesse dirsi certamente intempestiva rispetto alla conoscenza del concomitante impegno (acquisita il 24/07/2017), nonché inconsistente quanto alle ragioni a sostegno dell'istanza stessa, poiché era stato nominato un sostituto ex art. 102 c.p.p. proprio nell'altro “concomitante impegno professionale” per partecipare al quale era stato richiesto un differimento d'udienza.

Osservazione

Con questa pronuncia il Giudice di legittimità, ritornando su un tema dibattuto, ossia l'istanza di differimento d'udienza per legittimo impedimento, cristallizza un importante principio di diritto, superando i precedenti e contrari orientamenti giurisprudenziali: “ai fini del perfezionamento dell'istanza con cui il difensore evidenzia un legittimo impedimento – nel caso di specie per altro impegno professionale – è onere del difensore richiedente non solo la corretta e tempestiva trasmissione dell'istanza alla Cancelleria del giudice competente, ma altresì la verifica della sua puntuale sottoposizione al giudice”.

In assenza di ulteriori e specifiche indicazioni fornite dalla Suprema Corte, e volendo analizzare la vicenda attraverso l'occhio dell'operatore del diritto, c'è da chiedersi in quale modo sia possibile esperire questa probatio diabolica se non con un successivo - rispetto all'invio tramite PEC- accesso fisico ai locali della Cancelleria, con buona pace delle ragioni di celerità e snellezza che stanno alla base delle innovative procedure telematiche.

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