Il termine breve di impugnazione in caso di difesa della P.A. mediante un proprio funzionario
18 Ottobre 2021
Massima
«Nei giudizi di lavoro, le comunicazioni e le notificazioni alle pubbliche amministrazioni che stanno in giudizio mediante propri dipendenti, aventi per oggetto i provvedimenti finali del giudizio di primo grado e successive alla data di entrata in vigore dell'art. 16, c. 7, del d.l. n. 179 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 221 del 2012 (pur nel testo ora integrato dall'art. 289, c. 1, lett. a) del d.l. n. 76 del 2020, conv., con modif., dalla l. n. 120 del 2020), vanno eseguite esclusivamente per via telematica agli indirizzi di posta elettronica comunicati ai sensi del c. 12 dell'art. 16 citato, senza che, ove effettuate al funzionario delegato con altre modalità, possa operare la sanatoria per raggiungimento dello scopo, in quanto la necessità di interpretare restrittivamente le norme in materia di decadenza dall'impugnazione esclude la possibilità di individuare un momento di decorrenza del termine breve diverso da quello che scaturisce da una comunicazione effettuata nel rispetto delle forme telematiche specificamente individuate dalla legge». (Nella fattispecie, la S.C. ha cassato la sentenza della corte d'appello che, avendo calcolato la decorrenza del termine per l'impugnazione della sentenza di primo grado conclusiva del cd. rito Fornero dalla comunicazione del provvedimento al funzionario incaricato, presso la cancelleria, aveva dichiarato inammissibile perché tardivo il reclamo ex art. 1, c. 58, della l. n. 92 del 2012, proposto dall'Amministrazione soccombente). Il caso
All'esito di una sentenza emessa dal Tribunale, nell'ambito di un giudizio riguardante l'impugnativa di un licenziamento, e con applicazione del rito “Fornero”, l'Amministrazione -in primo grado difesa da un proprio funzionario- impugna la decisione. La Corte d'Appello ritiene però l'inammissibilità del reclamo, per tardività dello stesso. La decorrenza del termine breve per l'impugnazione viene infatti ancorata alla comunicazione della sentenza di primo grado, effettuata in cancelleria al funzionario incaricato della difesa in quella sede. Viene poi esclusa l'applicazione della norma dell'art. 16, c. 6 del d.l. 179/2012, mancando, nel c.d. Reginde, l'indirizzo PEC del medesimo funzionario e risultando errato l'indirizzo PEC di altro funzionario parimenti incaricato della difesa. Peraltro, la Corte d'Appello ritiene anche rilevante la conoscenza derivata alla P.A. dalla successiva e documentata estrazione di copia conforme della sentenza da impugnare, la quale consentiva di far decorrere i termini per l'impugnazione. Segue il ricorso per cassazione da parte della Amministrazione, deciso con la sentenza in commento. La questione
La questione da affrontare riguarda la modalità di notificazione e di comunicazione della decisione di primo grado (nel rito “Fornero”, l'art. 1, c. 58, l. n. 92/2012 prevede che “Contro la sentenza che decide sul ricorso è ammesso reclamo davanti alla corte d'appello. Il reclamo si propone con ricorso da depositare, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla comunicazione, o dalla notificazione se anteriore”), quando la controparte sia rappresentata da una Amministrazione Pubblica, difesa da un proprio funzionario. Il termine breve decorre infatti da uno degli adempimenti indicati, in mancanza dei quali trova applicazione il termine “lungo” di cui all'art. 327, c. 1 c.p.c.
Più nello specifico, e come chiarito nella ordinanza interlocutoria (Cass. civ. sez. VI-Lavoro, 5 giugno 2020, n. 10752), le questioni di rilievo sono le seguenti: 1) se, a norma del D.L. n. 179 del 2012, art. 16, commi 6, 7 e 12, conv. in L. n. 221 del 2012, nei ricorsi di cui è parte una pubblica amministrazione difesa da propri funzionari, nel caso in cui l'indirizzo PEC comunicato nel ricorso non corrisponda ad alcuno dei difensori, la notificazione effettuata direttamente dalla Cancelleria presso i propri uffici sia legittima, ovvero la stessa debba essere effettuata all'indirizzo PEC indicato dal Ministero e presente in REGINDE; 2) se dal rilascio della copia conforme della sentenza in Cancelleria a un qual si voglia dipendente dell'amministrazione possa farsi derivare una conoscenza legale dell'atto tale da far ritenere la decorrenza del dies a quo del termine d'impugnazione di trenta giorni di cui alla L. n. 92 del 2012, art. 1, c. 58, in capo al reclamante, ovvero debba farsi valere la decorrenza del termine semestrale d'impugnazione di cui all'art. 327 c.p.c., richiamato dalla L. n. 92 del 2012 cit., art. 1, c. 61, per il caso di assenza di una valida comunicazione o notificazione dell'atto al procuratore costituito. Le soluzioni giuridiche
Posto che nei giudizi di primo grado, le Amministrazioni Pubbliche possono stare in giudizio a mezzo di propri dipendenti (art. 417-bis, c. 1 c.p.c.), la giurisprudenza di legittimità aveva ritenuto (Cass. sez. lav., 22 febbraio 2008, n. 4690) che “Allorché l'amministrazione statale sia costituita in giudizio avvalendosi di un proprio dipendente, secondo la previsione di cui all'art. 417-bis c.p.c., la notifica della sentenza di primo grado ai fini del decorso del termine di impugnazione va effettuata allo stesso dipendente; la citata norma, infatti, va interpretata nel senso che essa attribuisce al dipendente di cui l'amministrazione si sia avvalsa tutte le capacità connesse alla qualità di difensore in tale giudizio, ivi compresa quella di ricevere la notificazione della sentenza, ancorché tale atto si collochi necessariamente in un momento successivo alla conclusione del giudizio stesso”.
In tema di notificazione della decisione, in vista della decorrenza del termine breve di impugnazione, e più di recente, Sez. L, Sentenza n. 12345 del 10 maggio 2021 ha affermato che “In tema di impugnazioni, nell'ipotesi di difesa diretta della P.A. ex art. 417-bis c.p.c., qualora il funzionario costituito abbia omesso di eleggere domicilio ai sensi dell'art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, devono ritenersi valide le notifiche effettuate presso la cancelleria del giudice adito, anche ai fini della decorrenza del termine breve ex art. 326 c.p.c., né rileva che il funzionario medesimo abbia effettuato l'indicazione del proprio indirizzo di posta elettronica certificata al momento della costituzione in giudizio, non trovando applicazione ai funzionari la disciplina normativa che ha introdotto l'obbligo di tale indicazione per i difensori. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto inammissibile, per tardività, un appello depositato oltre il termine breve computato dalla notifica della sentenza in cancelleria)”. Osservazioni
Il tema della decorrenza del termine breve di impugnazione investe profili di estremo rilievo, tra i quali assume una importanza determinante la necessità di garantire le esigenze di certezza dei rapporti giuridici (nella decisione resa dalle Sezioni Unite, con la sentenza n. 12898 del 13 giugno 2011, sono richiamate le “finalità acceleratorie insite nella norma di cui all'art. 326 c.p.c.”, ed è altresì richiamato “il principio di durata ragionevole del processo, di cui all'art. 111, c. 2, Cost.”, in relazione alla circostanza per la quale l'impugnabilità della sentenza nel termine massimo ritarda la formazione del giudicato). Non a caso, il sistema delle impugnazioni, come pure affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. un., 17 dicembre 2018, n. 32622), è suscettibile di essere regolamentato mediante la previsione di limitazioni. E tanto perché “la previsione di un limite al sistema di impugnazioni è funzionale al principio di certezza del diritto (Cass. civ., sez. un., 27 dicembre 2017, n. 30994; Cass. civ., sez. un., ord., 11 aprile 2018, n. 8984), cardine dell'ordinamento giuridico anche eurounitario, siccome teso a garantire sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, sia una buona amministrazione della giustizia (Corte Giustizia, 03 settembre 2009, in causa C-2/08, Olimpiclub; Corte Giustizia, 30 settembre 2003, in causa C-224/01, Kobler; Corte Giustizia 16 marzo 2006, in causa C-234/04, Kapferer)”.
Va da sé che proprio gli effetti derivanti dal mancato rispetto dei termini per la proposizione, con il passaggio in giudicato della decisione, impone di valutare adeguatamente il rispetto delle forme (e si consideri che secondo la giurisprudenza -Cass. sez. lav., 27 settembre 2000, n. 12794 “L'inammissibilità dell'appello proposto tardivamente può essere eccepita per la prima volta in sede di legittimità dalla parte interessata, ed è comunque rilevabile d'ufficio dalla Corte di cassazione quando la relativa questione non sia stata dibattuta davanti al giudice di II grado e non abbia formato oggetto di una sua pronuncia, dato che l'indagine sulla tempestività del gravame si risolve nell'accertamento di un presupposto processuale per la proseguibilità del giudizio, determinando la sua tardiva proposizione il passaggio in giudicato della sentenza di I grado”).
Nel caso esaminato, la particolarità risiede nel fatto che la Amministrazione è stata difesa in primo grado da un proprio funzionario. Vi è poi una seconda particolarità, connessa al rito, in virtù della quale la decorrenza del termine breve è ancorata non solo alla notificazione della sentenza, ma anche alla sua comunicazione da parte della Cancelleria. Secondo l'orientamento tradizionale, vale a dire secondo le regole antecedenti rispetto alla normativa dettata per il processo telematico, la notifica al funzionario sarebbe stata valida in vista della decorrenza del termine breve per l'impugnazione. Quanto alla comunicazione, va ricordata la distinzione, sul piano formale, tra i concetti di comunicazione e di notificazione, disciplinati nel codice di rito rispettivamente dagli artt. 136 (“Il cancelliere, con biglietto di cancelleria fa le comunicazioni che sono prescritte dalla legge o dal giudice al pubblico ministero, alle parti, al consulente, agli altri ausiliari del giudice e ai testimoni, e dà notizia di quei provvedimenti per i quali è disposta dalla legge tale forma abbreviata di comunicazione”) e 137 (“Le notificazioni, quando non è disposto altrimenti sono eseguite dall'ufficiale giudiziario, su istanza di parte o su richiesta del pubblico ministero o del cancelliere. L'ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna al destinatario di copia conforme all'originale dell'atto da notificarsi”).
E tuttavia, se sul piano formale la differenza tra le due procedure appare netta, essa è stata sul piano sostanziale notevolmente ridimensionata, ove si consideri che ai sensi dell'art. 16, c. 4, d.l. n. 179/2012, “Nei procedimenti civili e in quelli davanti al Consiglio nazionale forense in sede giurisdizionale, le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici”, e ancora che “La relazione di notificazione è redatta in forma automatica dai sistemi informatici in dotazione alla cancelleria”. Ma soprattutto, la distinzione è stata messa in crisi per effetto delle modifiche intervenute sull'art. 45 disp. att. c.p.c., il quale ora prevede che il biglietto debba contenere l'indicazione dell'ufficio giudiziario, della sezione alla quale la causa è assegnata, dell'istruttore se è nominato, del numero del ruolo generale sotto il quale l'affare è iscritto e del ruolo dell'istruttore, il nome delle parti e, ancor più rilevante, il testo integrale del provvedimento comunicato.
Ciò non toglie che la comunicazione non abbia sempre e comunque l'effetto di far decorrere il termine breve per l'impugnazione, poiché a tale scopo rimane ferma la distinzione tra gli istituti della comunicazione e della notificazione, dovendosi continuare a tener conto in modo particolare delle previsioni positive inerenti a ciascuna singola fattispecie (ad esempio, proprio in materia di rito “Fornero”, Sez. L, Sentenza n. 25136 del 24 ottobre 2017, ha stabilito che «In tema di ricorso per cassazione avverso la sentenza che definisce il procedimento di reclamo ex art. 1, c. 62, della l. n. 92 del 2012, la comunicazione via PEC a cura della cancelleria fa decorrere il termine breve di sessanta giorni per l'impugnazione ove risulti allegato il testo integrale della sentenza, senza che sia sufficiente il mero avviso del deposito, atteso che la parte deve essere posta in grado di conoscere le ragioni sulle quali la pronuncia è fondata e di valutarne la correttezza onde predisporne l'eventuale impugnazione»). In altre parole, e pur alla luce delle riforme richiamate, l'invio dell'atto integrale ad iniziativa della Cancelleria sarà sufficiente a radicare il dies a quo del termine breve per l'impugnazione, allorquando la singola fattispecie disponga tale effetto.
In caso contrario l'invio, pur dell'atto integrale, non potrebbe avere un tale effetto acceleratorio (cfr. Sez. 1, Ordinanza, 22 marzo 2018, n. 7154, secondo cui «In assenza di normativa speciale circa la decorrenza del termine breve per proporre ricorso per cassazione avverso l'ordinanza resa ex art. 702-quater c.p.c., non rileva che la comunicazione dell'ordinanza sia avvenuta in forma integrale a mezzo PEC, dovendo trovare applicazione la disposizione generale di cui all'art. 133, c. 2, c.p.c. (come modificato con l'art. 45, c. 1 lett. b), del d.l. n. 90 del 2014, conv. con modif. dalla l. n. 114/2014) secondo il quale la comunicazione da parte della cancelleria del testo integrale della sentenza non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'art. 325 c.p.c.». Sennonché, e quanto alla individuazione del destinatario della notificazione o della comunicazione, se prima delle previsioni recate dal d.l. n. 179/2012, potevano avere rilievo le regole generali, con la legittimità della notifica al funzionario costituito in giudizio ai sensi dell'art. 417-bis c.p.c. (Cass., 4690/2008, cit.), proprio il d.l. n. 179 ha recato delle rilevanti innovazioni.
L'art. 16, c. 4 ha, infatti, previsto che “le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi”; il c. 6 ha previsto che “Le notificazioni e comunicazioni ai soggetti per i quali la legge prevede l'obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, che non hanno provveduto ad istituire o comunicare il predetto indirizzo, sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria”; soprattutto il c. 7 ha previsto che “Tutte le comunicazioni e le notificazioni alle pubbliche amministrazioni che stanno in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti sono effettuate esclusivamente agli indirizzi di posta elettronica comunicati a norma del c. 12” (e per quanto di rilievo, il c. 13, nella previsione attuale, ha disposto che “In caso di mancata comunicazione ai sensi del c. 12, le comunicazioni e notificazioni a cura della cancelleria si effettuano ai sensi dei commi 6 e 8 e le notificazioni ad istanza di parte si effettuano ai sensi dell'articolo 16-ter, c. 1-ter”).
Il dato normativo va in effetti inteso come suscettibile di superare l'orientamento precedente, in relazione alla individuazione del funzionario quale destinatario della notificazione o della comunicazione. E tanto perché vi è ora una espressa previsione per la quale in tali casi gli adempimenti richiamati devono essere eseguiti presso gli indirizzi di posta elettronica certificata, comunicati dalle Pubbliche Amministrazioni (e la mancata comunicazione rende applicabili le forme di adempimento di cui ai commi 6 e 8 (“mediante deposito in cancelleria oppure nelle forme ordinarie, a seconda che la mancanza dell'indirizzo elettronico sia dovuta o meno a causa non imputabile al destinatario”).
Inoltre, se nell'ambito del primo grado potrebbe ritenersi utilmente valutabile il raggiungimento dello scopo, di una comunicazione comunque eseguita e conosciuta, sia pure in forme diverse da quelle previste, altrettanto non potrebbe dirsi rispetto alla individuazione del termine breve di decorrenza ai fini dell'impugnazione. E tanto, come in maniera condivisibile affermato dalla decisione in commento, perché i funzionari possono svolgere la difesa in primo grado, ma non nei gradi successivi.
Appare del tutto condivisibile la soluzione raggiunta dalla decisione in commento. La tutela delle posizioni sostanziali delle parti processuali impone di procedere con rigore nella interpretazione delle norme, suscettibili di provocare decadenze o preclusioni. E il rispetto delle regole formali di notificazioni e comunicazioni rappresenta uno strumento utile in vista delle determinazioni processuali rimesse alle parti. Riferimenti
|