Vendita di un bene personale del coniuge e azione revocatoria fallimentare
22 Gennaio 2021
In caso di vendita di un bene del coniuge in regime di comunione legale e successivo acquisto di altro bene con i proventi della stessa vendita nei due anni precedenti la dichiarazione di fallimento, il curatore fallimentare può agire in revocatoria nei confronti della parte dell'atto che ha fatto cadere il bene in regime di comunione legale?
Caso pratico - Il coniuge P.R., in regime di comunione legale, vende un proprio bene personale non compreso nella comunione quattro mesi prima della dichiarazione del proprio fallimento. Con il ricavato della vendita acquista un altro bene senza però dichiarare che l'acquisto è stato fatto con i proventi della vendita di un proprio bene personale non rientrante nella comunione. In conseguenza di tale omissione il bene acquistato entra a far parte della comunione legale tra i coniugi. Si pone il problema di stabilire se, ed entro quali limiti, il curatore fallimentare possa agire in revocatoria.
Spiegazioni e conclusioni - La vendita di un proprio bene personale ed il successivo acquisto, con i proventi di quella stessa vendita, di un altro bene da parte del coniuge P.R. poi dichiarato fallito comporta certamente un danno per i creditori. Questi, infatti, avevano un intero bene sul quale soddisfare i propri crediti mentre adesso ne hanno a disposizione solo la metà visto che il nuovo bene è caduto nella comunione legale dei beni con l'altro coniuge. Essendo inoltre tali compravendite effettuate nel cosiddetto periodo “sospetto” - cioè nel periodo di tempo precedente la data della sentenza dichiarativa di fallimento in cui la legge “sospetta” che il debitore abbia agito a causa o in previsione del suo stato di insolvenza e quindi con la consapevolezza di danneggiare i creditori - non vi è dubbio che il curatore fallimentare possa agire in revocatoria. La legge fallimentare considera “sospetto” il periodo di tempo di due anni, di un anno o di sei mesi a seconda che gli atti compiuti dal debitore poi fallito siano atti a titolo gratuito o pagamenti anticipati, atti anormali ed atti normali (nel dettaglio si vedano gli artt. 64, 65, 67 L.F.). Norme specifiche sono previste per gli atti tra i coniugi e per gli atti compiuti dal successore del fallito. Il caso che ci occupa riguarda un atto a titolo gratuito che diminuisce il patrimonio del debitore (metà del bene va all'altro coniuge), senza che questi abbia in cambio alcun corrispettivo. Tale atto è rappresentato dall'omessa dichiarazione, da parte del debitore, che l'acquisto è stato fatto con i proventi della vendita di un bene personale e quindi dalla rinuncia a far valere la proprietà piena del nuovo bene. L'atto a titolo gratuito sospetto è dunque la rinuncia del coniuge poi fallito a far valere la piena proprietà del bene acquistato e pertanto l'azione revocatoria del curatore può avere ad oggetto solo tale atto. La Corte di Cassazione ha precisato che se il coniuge acquista un immobile o un mobile registrato, oltre all'omessa dichiarazione di acquistare con il prezzo del trasferimento di beni personali, è necessario che l'altro coniuge non partecipi all'atto di acquisto, a meno che sia obiettivamente certo che il bene che il coniuge poi fallito acquista abbia carattere personale. In questo caso è sufficiente l'omissione (Cass., 18 agosto 1994, n. 7437, Cass. 8 febbraio 1993, n. 1556, Memento pratico, Crisi d'impresa e fallimento, Giuffrè Francis Lefebvre).
Normativa e giurisprudenza
Per approfondire Paolo Bosticco, Azione revocatoria fallimentare, ilfallimentarista.it, 21 maggio 2020 |