Il rimborso spese al dipendente in “smart working” possono non essere tassate in capo allo stesso soggetto
03 Dicembre 2021
Smart working e tassazione del costo della connessione internet con dispositivo mobile
Con risposta ad interpello del 24 maggio 2021, n. 371, l'Agenzia delle Entrate si è espressa in merito alla tassazione del costo della connessione internet con dispositivo mobile (c.d. "chiavetta internet") e dell'abbonamento al servizio dati domestico rimborsato dal datore di lavoro al proprio dipendente nell'ambito di un programma sperimentale di lavoro agile (smart working) di cui alla legge n. 81/2017. In particolare, è stato chiesto se il rimborso da parte del datore di lavoro al singolo lavoratore delle spese da quest'ultimo sostenute per l'attivazione e per i canoni di abbonamento al servizio di connessione dati internet, attraverso un device mobile oppure un impianto fisso domiciliare, in quanto strumentale allo svolgimento dell'attività lavorativa, costituisca o meno retribuzione imponibile in capo al lavoratore dipendente ai sensi dell'articolo 51 del TUIR.
Prima di procedere, però, si ritiene opportuno riassumere brevemente la relativa normativa. Reddito di lavoro dipendente
Ai sensi dell'art. 51 del TUIR, costituiscono reddito di lavoro dipendente “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”. Quindi, sia gli emolumenti in denaro, sia i valori corrispondenti ai beni, ai servizi e alle opere percepiti dal dipendente in relazione al rapporto di lavoro costituiscono, in linea generale, redditi imponibili e concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente. Lo stesso art. 51 individua delle specifiche deroghe al principio della totale tassabilità del reddito di lavoro dipendente, elencando le componenti reddituali che non concorrono a formare la base imponibile.
Per i fini che qui interessano, in generale, anche le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore a titolo di rimborso spese costituiscono, per quest'ultimo, reddito di lavoro dipendente, salvo quanto previsto, per le trasferte e i trasferimenti, dai commi 5 e seguenti del medesimo articolo 51.
In tale comma vengono disciplinate in modo distinto le spese di trasferta effettuate all'interno del territorio comunale rispetto a quelle relative a spostamenti fuori dallo stesso territorio.
In particolare, le indennità e i rimborsi di spese percepiti per le trasferte nell'ambito del territorio comunale in cui si trova la sede di lavoro concorrono integralmente a formare il reddito, ad esclusione dei rimborsi di spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore.
Al contrario, in caso di trasferte fuori del territorio comunale dove si trova la sede di lavoro, è possibile distinguere tre sistemi, l'uno alternativo all'altro:
Relativamente ai lavoratori distaccati all'estero che sono stati costretti a lavorare in smart working in Italia a causa dell'emergenza COVID-19, l'Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello del 17 maggio 2021, n. 345, ha precisato che non sono applicabili le retribuzioni convenzionali ex art. 51 comma 8-bis del TUIR, trovando invece applicazione la normale modalità di determinazione del reddito di lavoro dipendente di cui ai commi da 1 a 8 della medesima disposizione.
La problematica
Con l'art. 51 del TUIR, viene sancito il c.d. principio di onnicomprensività del concetto di reddito di lavoro dipendente fiscalmente rilevante, in base al quale sia gli emolumenti in denaro sia i valori corrispondenti ai beni, ai servizi ed alle opere offerti dal datore di lavoro ai propri dipendenti costituiscono redditi imponibili e, in quanto tali, concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente. Ne discende, in linea generale, che tutte le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore, anche a titolo di rimborso spese, costituiscono per quest'ultimo reddito di lavoro dipendente.
Con la risposta ad interpello dell'11 maggio 2021, n. 328, l'Agenzia delle Entrate ricorda che, con la circolare 23 dicembre 1997, n. 326 è stato affermato, in generale, che possono essere esclusi da imposizione quei rimborsi che riguardano spese, diverse da quelle sostenute per produrre il reddito, di competenza del datore di lavoro, anticipate dal dipendente, quali ad esempio, quelle relative all'acquisto di beni strumentali di piccolo valore, quali la carta della fotocopia o della stampante, le pile della calcolatrice, etc.. Il concetto della onnicomprensività di reddito di lavoro dipendente, è stato ulteriormente approfondito nella risoluzione 9 settembre 2003, n. 178/E nella quale è stato chiarito che non concorrono alla formazione della base imponibile le somme che non costituiscono un arricchimento per il lavoratore (è il caso, ad esempio, degli indennizzi ricevuti a mero titolo di reintegrazione patrimoniale) e che non sono fiscalmente rilevanti, in capo al dipendente, le erogazioni effettuate per un esclusivo interesse del datore di lavoro. Il principio di mera reintegrazione patrimoniale del dipendente in caso di rimborso di spese sostenute nell'esclusivo interesse del datore di lavoro è stato ribadito nella risoluzione 7 dicembre 2007, n. 357/E nell'affrontare una specifica questione in merito ai costi dei collegamenti telefonici. Nel citato documento di prassi è stato precisato che le somme erogate per rimborsare i costi dei collegamenti telefonici non siano da assoggettare a tassazione essendo sostenute dal telelavoratore per raggiungere le risorse informatiche dell'azienda messe a disposizione dal datore di lavoro e quindi poter espletare l'attività lavorativa. Nel medesimo documento di prassi, si è ritenuto opportuno, altresì, chiarire che il rimborso dei costi relativi ai collegamenti telefonici configurava un'ipotesi considerata dalla citata circolare n. 326 del 1997 di rimborso di spese di interesse esclusivo del datore di lavoro anticipate dal dipendente.
Come precisato dalla risposta ad interpello del 30 aprile 2021, n. 314, affinchè le somme rimborsate non siano imponibile, è necessario che venga adottato un criterio per determinare la quota dei costi da rimborsare ai dipendenti in smart working, basato su parametri diretti ad individuare i costi risparmiati dalla Società che, invece, sono stati sostenuti dal dipendente.
Ai dipendenti in smart working, non si dovranno operare le ritenute a titolo di acconto Irpef, prevista dall'articolo 23 del d.P.R. n. 600/1973, sul valore dei buoni pasto fino a euro 4, se cartacei, ovvero euro 8, se elettronici, come sottolineato dalla risposta ad interpello del 22 febbraio 2021, n. 123 In conclusione
In generale, quindi, anche le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore a titolo di rimborso spese costituiscono, per quest'ultimo, reddito di lavoro dipendente, salvo quanto previsto, per le trasferte e i trasferimenti, dai commi 5 eseguenti del medesimo articolo 51. Al contrario, non emerge un compenso avente natura retributiva nel caso in cui l'utilizzazione di un servizio sia richiesto ed offerto nell'interesse proprio del datore di lavoro, non tanto per consentire, strumentalmente, al lavoratore l'adempimento della prestazione, quanto, piuttosto, per realizzare gli obiettivi aziendali, dove la concreta attuazione della prestazione, per la sua efficienza, necessita della convergente disponibilità di uno specifico fattore di produzione.
Come sostenuto dall'Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello del 20 giugno 2017, n. 74, un rimborso forfettario del 50 per cento dei costi sostenuti dai propri dipendenti per l'utilizzo del telefono cellulare, rilevino fiscalmente nei confronti di questi ultimi ai sensi dell'art. 51, comma 1 del TUIR.
Al contrario, invece, quando i rimborsi spese sono analitici e vengono sostenuti nell'interesse dell'azienda per cui si lavora, l'imponibilità è esclusa. Pertanto, come sottolineato nella risposta ad interpello del 28 settembre 2016, n. 83, i rimborsi delle spese in favore dei dipendenti, sostenute per il servizio di car sharing utilizzato per una trasferta nel territorio comunale, documentate analiticamente, possano essere ricondotti nella previsione esentativa di cui al comma 5 del medesimo art. 51.
Di conseguenza, ai fini della non imponibilità IRPEF del rimborso spese sarebbe necessario adottare un criterio analitico che permetta di determinare per ciascuna tipologia di spesa (ad esempio, l'energia elettrica) la quota di costi risparmiati dalla società ma sostenuti dal dipendente, così da poter considerare la stessa quota (in valore assoluto) di costi rimborsati a tutti i dipendenti riferibile a consumi sostenuti nell'interesse esclusivo del datore di lavoro
Invece, le somme rimborsate ai dipendenti che svolgono la loro attività lavorativa in modalità agile sulla base di un criterio forfetario, non supportate da elementi e parametri oggettivi, non possono essere escluse, in assenza di una precisa disposizione di legge al riguardo, dalla determinazione del reddito di lavoro dipendente.
In conclusione, come precisato dalla risposta 371/2021 il rimborso spese, per non essere tassato in capo al dipendente, deve risultare sostenuto per soddisfare un'esigenza dello stesso, legata alle modalità di prestazione dell'attività in lavoro agile, che concorre ad assicurare la rispondenza della retribuzione alle esigenze del lavoratore.
Nella misura in cui l'attivazione della connessione dati internet rappresenta un obbligo implicito della prestazione pattuita, si ritiene in linea generale che i predetti rimborsi siano deducibili, ai sensi dell'articolo 95, comma 1, del TUIR in quanto assimilabili alle “Spese per prestazioni di lavoro”. |