La banca può agire in ripetizione dell'indebito pagato dopo il fallimento del debitore?
14 Gennaio 2022
Il decisum in rassegna pone al centro dell'attenzione il tema della ripetizione dell'indebito. In particolare, si tratta di risolvere la problematica relativa all'individuazione del dies a quo della prescrizione, che viene a formarsi su un versamento - solutorio di un debito del fallito ed effettuato da un debitor debitoris di questi -, posto in essere dopo la dichiarazione di fallimento: e perciò inefficace ai sensi dell'art. 44, comma 1, l. fall.
Sul punto, i Giudici della Prima sezione civile di Piazza Cavour, con l'odierna sentenza n. 621/2022, hanno chiarito che ai fini dell'individuazione della data di decorrenza del termine di prescrizione dell'azione di ripetizione, nel caso di pagamento effettuato in favore di un terzo successivamente alla dichiarazione di fallimento del creditore, non si può non tener conto della natura relativa dell'inefficacia prevista dall'art. 44 l. fall., la quale, pur comportando la nullità degli atti compiuti dal fallito, non opera erga omnes, ma può essere fatta valere soltanto dal curatore, in quanto volta a preservare l'integrità dell'attivo, a salvaguardia della par condicio creditorum. In assenza dell'iniziativa del curatore, nessun altro soggetto è legittimato a proporre la relativa azione, neppure colui che ha effettuato il pagamento, sicché lo stesso è destinato a rimanere fermo tra le parti, e non può quindi dar luogo all'esercizio dell'azione di ripetizione da parte del solvens: quest'ultimo, infatti, pur rimanendo esposto al rischio di dover adempiere nuovamente in favore del fallimento, non può chiedere la restituzione del pagamento già eseguito in favore del creditore, trovando lo stesso giustificazione in una causa solvendi ancora operante tra le parti. Soltanto nel momento in cui il curatore faccia valere l'inefficacia di tale pagamento, sollecitando un nuovo adempimento, il pagamento eseguito in favore del fallimento legittima il terzo debitore ad agire per la ripetizione di quello precedentemente effettuato in favore del creditore, da considerarsi ormai privo di causa giustificatrice, per effetto dell'iniziativa assunta dal curatore: ciò comporta, in ossequio al noto principio actio nondum nata non praescribitur, che il termine di prescrizione dell'azione di ripetizione non può essere fatto decorrere da una data anteriore a quella in cui, a seguito della rinnovazione dell'adempimento in favore del fallimento, il solvens acquista il diritto di agire nei confronti dell'accipiens per la restituzione dell'importo allo stesso corrisposto.
Il fatto. La Banca Omega s.p.a. convenne in giudizio la Beta s.r.l. per sentirla condannare alla restituzione di una somma di denaro indebitamente corrisposta il 10 dicembre 2002 da una terza debitrice, dante causa di Omega, a seguito di un procedimento di espropriazione forzata promosso dalla Beta medesima, in qualità di creditrice della Alfa s.a.s. In particolare, il Tribunale di Napoli, con sentenza del 20 novembre 2002, aveva dichiarato il fallimento della debitrice Alfa s.a.s. Pertanto, Omega aggiunse che il curatore del fallimento aveva convenuto in giudizio la Beta s.r.l. per sentir dichiarare l'inefficacia del pagamento, in quanto eseguito successivamente alla dichiarazione di fallimento. Si costituì la convenuta ed eccepì la prescrizione del credito. Il Giudice di prime cure accoglieva la domanda attorea, e, parimenti, la Corte distrettuale, che, dichiarando inammissibile l'impugnazione proposta dalla Beta s.r.l., ha ribadito che il diritto alla ripetizione delle somme indebitamente pagate in esecuzione di un provvedimento giudiziale successivamente revocato sorge con il passaggio in giudicato della sentenza che ha accertato che tale importo non era dovuto. Avverso quest'ultima decisione la Beta s.r.l. propone ricorso in Cassazione censurando la decisione impugnata per aver ancorato la decorrenza del termine di prescrizione alla sentenza con cui era stata dichiarata l'inefficacia del pagamento, senza tener conto della natura meramente dichiarativa della stessa e della sua inopponibilità alla ricorrente medesima rimasta estranea al relativo giudizio. I Giudici accolgono il ricorso, cassano la sentenza e decidendo nel merito rigettano la domanda. In particolare, i giudici di legittimità precisano che deve escludersi che qualora, come nella specie, il pagamento dovuto al creditore sia stato effettuato, in data successiva alla dichiarazione del fallimento di quest'ultimo, in favore di un soggetto diverso dal curatore, a sua volta creditore del fallito, il diritto alla ripetizione del solvens nei confronti dell'accipiens sorga soltanto per effetto della relativa pronuncia giudiziale.
La ripetizione dell'indebito: la relativa azione presuppone l'inesistenza dell'obbligazione adempiuta. Essa deriva dall'assenza originaria di un titolo che la giustifichi o dal successivo venir meno dello stesso per annullamento, rescissione o inefficacia connessa all'avveramento di una condizione risolutiva. Le due fattispecie devono essere tenute distinte ai fini della decorrenza del termine di prescrizione, che va ancorata nel primo caso alla data di effettuazione del pagamento, e nel secondo alla data in cui, per effetto del venir meno del titolo, sorge e diviene azionabile il diritto alla restituzione.
Nel caso de quo la somma della quale è stata chiesta la restituzione è stata corrisposta in esecuzione di un'ordinanza emessa, ex art. 533, c.p.c., in un procedimento di espropriazione presso terzi promosso da un creditore verso un debitore poi dichiarato fallito, e conclusosi anteriormente alla dichiarazione di fallimento con l'assegnazione del credito pignorato, cui ha fatto seguito, in data successiva all'apertura della procedura concorsuale, il pagamento da parte del debitor debitoris in favore del creditore assegnatario. L'inefficacia di tali pagamenti, in caso, appunto, di fallimento del debitore già assoggettato ad espropriazione presso terzi, preclude al creditore procedente la facoltà di pretendere dal debitor debitoris l'esecuzione dell'ordinanza di assegnazione emessa, ex art. 533, c.p.c., in data anteriore a quella della dichiarazione di fallimento e non ancora eseguita a quest'ultima data, senza che assuma alcun rilievo, a tal fine, la circostanza che alla data dell'assegnazione il creditore conoscesse o meno lo stato d'insolvenza del debitore, dal momento che, a partire dalla data del fallimento, il pagamento può essere validamente effettuato solo in favore del curatore.
In definitiva, l'assegnazione del credito pignorato non determina l'immediata estinzione del debito dell'insolvente, sicché l'effetto satisfattivo per il creditore procedente si verifica soltanto a seguito della riscossione del credito, la quale, ove abbia luogo in data successiva a quella della dichiarazione di fallimento, sconta inevitabilmente la sanzione dell'inefficacia, ai sensi dell'art. 44, l. fall.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it
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