Il diritto di impugnazione di una sentenza di condanna penale non può tradursi in un irragionevole aggravio degli oneri dichiarativi a carico del concorrente

Francesco Renda
04 Aprile 2022

Il diritto di impugnazione di un provvedimento sfavorevole (e, più in particolare, di una sentenza di condanna penale), garantito dall'art. 24 Cost., non può tradursi in un irragionevole (oltre che non previsto) aggravio degli oneri dichiarativi a carico del concorrente.

Il caso

ENEA - Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l'Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile indiceva una procedura aperta per l'affidamento del servizio di vigilanza armata e portierato del Centro di Ricerche Casaccia (postazioni ENEA -SOGIN -NUCLECO).

In esito alla conclusione della procedura di gara, il secondo classificato impugnava innanzi al TAR Lazio, Roma, l'aggiudicazione disposta in favore di altro operatore (RTI) nonché gli ulteriori atti di gara nella parte e nella misura in cui non avevano disposto l'esclusione dalla procedura di quest'ultimo.

Con il ricorso proposto, il ricorrente (secondo classificato) denunciava, tra le altre cose, l'omessa dichiarazione in sede di partecipazione (da parte del RTI vincitore) di un precedente penale interessante il socio di maggioranza di una delle società componenti il raggruppamento.

Il precedente – relativo a fatti risalenti all'anno 2013 – era stato adottato nel 2016 ed era stato successivamente oggetto di impugnazione.

L'irrilevanza, ai fini del giudizio di integrità e affidabilità dell'operatore, dei fatti commessi oltre i tre anni antecedenti alla data di indizione della procedura

Nel pronunciarsi sul ricorso proposto dall'operatore, il TAR Lazio, Roma, richiama innanzitutto l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale sono irrilevanti i fatti costitutivi una delle cause di esclusione ex art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. 50/2016 che siano stato commessi dall'operatore oltre tre anni prima dalla data di indizione della gara.

L'estensione di oneri dichiarativi (anche) in relazione a tali fatti contrasterebbe infatti con il principio di proporzionalità, atteso che la “risalenza” nel tempo degli stessi li rende irrilevanti e comunque inidonei a provare la (attuale) affidabilità del concorrente.

Tali considerazioni - prosegue il TAR - risultano coerenti e rispettose anche dell'art. 57, par. 4 e 7 della Direttiva 2014/24/UE, prevedendo anche tale disposizione che, decorsi tre anni dalla loro commissione, i fatti interessanti l'operatore (astrattamente idonei a determinarne l'esclusione per grave illecito professionale) non devono essere considerati (e/o dichiarati), non rappresentando più un effettivo e concreto “indice” su cui misurare la (attuale) affidabilità professionale del concorrente.

L'intervenuta impugnazione di un provvedimento penale risulta irrilevante ai fini dichiarativi

Il TAR Lazio, Roma rileva infine che l'impugnazione di un provvedimento penale (adottato oltre tre anni prima dalla data di avvio della procedura) risulta del tutto irrilevante ai fini dichiarativi e non è, di per sé, idoneo a determinare una “ultrattività” della rilevanza del provvedimento penale (impugnato) ai fini dell'affidabilità del concorrente.

A dire del TAR, infatti, il diritto di impugnazione di un provvedimento sfavorevole, costituzionalmente garantito (dall'art. 24 Cost.), non può tradursi in un irragionevole (oltre che non previsto) aggravio degli oneri dichiarativi a carico del concorrente.

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