Richiesta di riesame depositata telematicamente: l'allegato non necessario e privo di firma digitale non incide sull'ammissibilità dell'impugnazione

Paolo Grillo
02 Maggio 2022

Non costituisce onere del ricorrente la produzione di copia del provvedimento impugnato, sicchè l'eventuale sua allegazione senza sottoscrizione digitale non inficia l'ammmissibilità dell'impugnazione.
Massima

“Non costituisce onere del ricorrente la produzione di copia del provvedimento impugnato, sicchè l'eventuale sua allegazione senza sottoscrizione digitale non inficia l'ammmissibilità dell'impugnazione”.

Il caso

Un avvocato depositava telematicamente una richiesta di riesame avverso un'ordinanza custodiale emessa nei confronti di un proprio assistito. Come previsto dal D.L. 137/2020, egli sottoscriveva digitalmente l'atto di impugnazione e vi allegava – senza sottoscriverla digitalmente – una copia in formato .pdf dell'ordinanza impugnata. Il Tribunale della Libertà di Bologna dichiarava inammissibile l'impugnazione poiché l'allegato non recava, come previsto dal Decreto Ristori, la sottoscrizione digitale.

La questione

La questione affrontata nella sentenza riguarda i riflessi della mancata sottoscrizione degli allegati all'impugnazione sull'ammissibilità di quest'ultima, nello specifico caso in cui il provvedimento allegato non rientri tra quelli il cui onere di deposito ricada sul ricorrente.

Le soluzioni giuridiche

La declaratoria di inammissibilità del Tribunale della Libertà di Bologna riposa su un lettura dell'art. 24, comma 6-sexies, lett. b) che, come vedremo, la Cassazione non ha condiviso affatto.

La normativa che ha sdoganato l'invio telematico delle impugnazioni è stata approntata in fretta e furia sotto l'incalzare della pandemia da Covid-19. Un grande passo in avanti, quindi, rispetto al precedente, monolitico orientamento che vietava il ricorso alle metodologie “canoniche” di deposito degli atti impugnativi (e cioè deposito cartaceo ovvero invio a mezzo posta raccomandata).

La previsione generale della disposizione in esame richiede che l'atto di impugnazione sia munito di sottoscrizione digitale, mentre i suoi eventuali allegati – in copia informatica per immagine – siano sottoscritti digitalmente a parte per suggellarne la conformità all'originale.

La Suprema Corte, investita del ricorso dell'avvocato deluso da quella inaspettata declaratoria di inammissibilità, ne condivideva le doglianze rilevando intanto che la trasmissione del provvedimento impugnato al giudice ad quem non rientra tra le incombenze del ricorrente. Spetta, infatti, all'autorità procedente trasmettere – a mente dell'art. 309, comma 5, c.p.p. - tutti gli atti necessari per il subprocedimento impugnativo. Non costituendo un onere per la difesa, l'eventuale allegazione – per eccesso di zelo o più semplicemente per errore – del provvedimento impugnato costituisce un fatto superfluo e, come tale, insuscettibile di incidere sulla ammissibilità dell'impugnazione stessa.

Osservazioni

Questa decisione è condivisibile sotto tutte le possibili angolature d'osservazione.

Da un lato, infatti, in ossequio al noto principio di conservazione degli atti (e, nel caso di specie, del favor impugnationis), ha perseguito l'intento di mantenere il più possibile avanzata la barriera dell'inammissibilità, limitandone l'azionamento soltanto nei casi di stretta necessità.

Da altro punto di vista, essa costituisce un esempio di interpretazione razionalmente orientata della neonata causa di inammissibilità che – forse un po' troppo a cuor leggero – il legislatore dell'emergenza pandemica ha installato nel tessuto processualpenalistico. L'operatività di quest'ultima sanzione processuale, quindi, è limitata soltanto quando essa riguarda allegati all'atto di impugnazione il cui onere di deposito incombe in effetti sulla difesa.

Una soluzione del genere, fra l'altro, non costituisce nemmeno una novità nel panorama giurisprudenziale italiano, visto che già nel gennaio dello scorso anno (v. Cass., V, 18 gennaio 2021, n. 8931), la Suprema Corte aveva già espresso il principio secondo cui nelle impugnazioni cautelari reali il ricorrente non è tenuto a produrre una copia del provvedimento impugnato. La genericità del principio è tale che esso può pacificamente estendersi al settore delle impugnazioni cautelari personali.

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