Gli effetti della sanatoria dei crediti di imposta R&S sul contenzioso tributario e sul processo penale

07 Giugno 2022

La possibilità di sanare i crediti di imposta R&S recati da atti di recupero o altri provvedimenti impositivi non ancora definitivi al momento di entrata in vigore della misura agevolativa, senz'altro si riverbera sul potenziale esito dei contenziosi tributari aventi ad oggetto gli atti o provvedimenti sanati. Allo stesso modo, l'introduzione di una specifica causa di non punibilità (art. 5, comma 11, ultimo periodo, del D.L. 146/2021), che si sovrappone a quella già prevista dall'art. 13, comma 1, del D.Lgs. 74/2000, è destinata a segnare le sorti delle pendenze penali scaturite da denunce – ex art. 331 c.p.p., o comunicazioni notizie di reato – ex art. 347 c.p.p., relative all'ipotesi delittuosa prevista e punita dall'art. 10 quater del medesimo Decreto.
Premessa

La possibilità di sanare i crediti di imposta R&S recati da atti di recupero o altri provvedimenti impositivi non ancora definitivi al momento di entrata in vigore della misura agevolativa, senz'altro si riverbera sul potenziale esito dei contenziosi tributari aventi ad oggetto gli atti o provvedimenti sanati. Allo stesso modo, l'introduzione di una specifica causa di non punibilità (art. 5, comma 11, ultimo periodo, del D.L. 146/2021), che si sovrappone a quella già prevista dall'art. 13, comma 1, del D.Lgs. 74/2000, è destinata a segnare le sorti delle pendenze penali scaturite da denunce – ex art. 331 c.p.p., o comunicazioni notizie di reato – ex art. 347 c.p.p., relative all'ipotesi delittuosa prevista e punita dall'art. 10-quater del medesimo Decreto.

La definizione dei crediti di ricerca e sviluppo il cui indebito utilizzo sia stato già constatato o accertato con provvedimenti non definitivi. Gli effetti sul processo tributario e sul procedimento penale

È stato precisato in precedente intervento come l'intervenuta notificazione di un processo verbale di constatazione recante rilievi anche o soltanto in punto di indebito utilizzo di crediti di imposta R&S, non precluda l'accesso alla sanatoria disciplinata dal D.L. 146/2021, fermo restando l'obbligo, in caso di adesione, di procedere al versamento in unica soluzione degli importi indebitamente compensati – comunque senza interessi e sanzioni, così come previsto dall'art. 5, comma 12, secondo periodo, del menzionato D.L.

La scelta legislativa di escludere il trattamento premiale nelle ipotesi di crediti di imposta inesistenti, comporta che l'adesione alla sanatoria è senz'altro possibile quando, in seno all'atto istruttorio, la posta creditoria sia stata contestata come non spettante.

Ciò nondimeno, qualora i crediti siano stati contestati come inesistenti nel p.v.c., stante l'unilateralità della relativa qualificazione e la correlata possibilità di sua futura contestazione giudiziale, si ritiene non necessariamente esclusa la possibilità di aderire alla sanatoria – procedendo all'integrale pagamento degli importi compensati senza interessi e sanzioni, all'esito di una ponderata valutazione rivolta ad individuare la sussistenza di elementi atti a smentire la conclusione di inesistenza raggiunta dall'Amministrazione finanziaria.

In queste ipotesi, è pressoché certo che verrà comunque emesso l'atto di recupero o altro provvedimento impositivo, quantomeno al fine di quantificare sanzioni e interessi correlati ai crediti compensati, da impugnare nei termini di legge (60 giorni dalla notificazione) dinanzi alla competente Commissione Tributaria Provinciale, ivi argomentando in ordine alla non spettanza, piuttosto che all'inesistenza delle poste creditorie contestate e, dunque, concludendo, a fronte dell'intervenuto perfezionamento della sanatoria da documentare in giudizio, per la declaratoria di illegittimità del provvedimento impugnato per violazione dell'art. 5 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146.

Deve, inoltre, rilevarsi, come la notificazione di un processo verbale di constatazione recante rilievi di indebita compensazione di crediti di imposta, non impedisca, seppur la posta creditoria sia stata contestata come inesistente dall'A.F., l'accesso all'istituto del ravvedimento previsto dall'art. 13, comma 1, lettera b-quater), del D.Lgs. 472/97. Ne consegue, che in mancanza di fondate argomentazioni idonee ad indurre la riqualificazione della posta creditoria da inesistente a non spettante, potrà fondatamente valutarsi, ove non risulti già notificato un atto di recupero o altro provvedimento di imposizione, di ravvedere il contesto, procedendo alla restituzione degli importi compensati senza possibilità di dilazione nonché di avvalersi della compensazione prevista dall'art. 17 del D.Lgs. 241/97, oltre sanzione pari al 20% del totale dovuto e interessi, tuttavia non da calcolarsi nella più esosa misura prevista dall'art. 20 del d.P.R. 602/73, bensì al tasso legale.

La notifica di atti di recupero o altri provvedimenti di imposizione con i quali sia stata accertata l'indebita compensazione di crediti R&S non spettanti, al pari di quella dei pvc recanti medesimo rilievo, non impedisce l'accesso alla sanatoria in esame; questo, però, a condizione che detti provvedimenti, al momento di entrata in vigore della misura premiale, non siano ancora divenuti definitivi. Per maggiore chiarezza di esposizione, si reputa opportuno trattare separatamente le due distinte ipotesi di atto o provvedimento sanabile, in quanto non ancora definitivo al momento di entrata in vigore della sanatoria.

Atti o provvedimenti impugnabili al momento di entrata in vigore del D.L. 146/2021

L'art. 5 del D.L. 146/2021 non contempla, nelle more dell'adesione alla misura premiale, alcuna sospensione del termine di legge (60 giorni) per impugnare atti di recupero o provvedimenti impositivi aventi ad oggetto poste creditorie sanabili. Di conseguenza, il contribuente che ritenga corretto il recupero del credito ritenuto non spettante dall'A.F., al fine di evitare l'esclusione dalla sanatoria per sopravvenuta definitività del provvedimento di imposizione, dovrà comunque impugnarlo giudizialmente, ivi deducendo la riconducibilità della fattispecie tra quelle sanabili e per l'effetto chiedendo, previa documentale dimostrazione del perfezionamento della misura premiale nei modi di legge, l'estinzione del giudizio per intervenuta definizione della pendenza tributaria con compensazione delle spese di lite, ai sensi dell'art. 46, commi 1 e 3 , del D.Lgs. 546/92.

L'impugnativa giudiziale di un atto di recupero o di altro provvedimento impositivo con cui sia stato accertato l'indebito utilizzo di crediti ritenuti non spettanti, sospende la riscossione limitatamente ai 2/3 della posta creditoria recuperata, nonché all'intero ammontare delle sanzioni irrogate. Ne consegue che nel caso in cui la C.T.P., all'esito della valutazione della richiesta avanzata ai sensi dell'art. 47 del D.Lgs. 546/92, non ritenga di concedere la sospensione dell'atto impugnato, il contribuente, onde evitarne il recupero forzoso, sarà tenuto a versare provvisoriamente il terzo del credito recuperato, oltre correlati interessi.

L'art. 5 del D.L. 146/2021 nulla dice con precipuo riferimento alla determinazione del residuo importo dovuto per il perfezionamento della definizione, nell'ipotesi in cui, antecedentemente ad esso, sia stata versata una parte del credito sanabile, in uno con i relativi interessi. Considerata la necessità di evitare il doppio, e per questo indebito, pagamento di un medesimo importo, si ritiene debba ritenersi senz'altro consentito lo scomputo, dal totale dovuto, di quanto già versato a titolo di “sorte capitale”; la stessa conclusione non si reputa, invece, estensibile de plano ai correlati interessi, stante la mancanza di una specifica previsione di legge, analoga a quella recata dall'art. 6, comma 9, primo periodo, del D.L. 119/2018, ove, con riferimento all'ammontare dovuto per la definizione agevolata delle controversie tributarie, si legge: “Dagli importi dovuti ai sensi del presente articolo si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio”. Tuttavia, sempre attingendo dal menzionato D.L. 119/2018, non può mancare di notarsi come l'art. 3, comma 1, quantificando le somme dovute per la definizione agevolata dei carichi affidati all'agente della riscossione, in esse includa espressamente quelle “… affidate all'agente della riscossione a titolo di capitale e interessi; …”.

Di contro, l'art. 5, comma 7, del D.L.146/2021, consente la sanatoria dei crediti R&S, con il riversamento del solo ammontare già utilizzato in compensazione al momento di entrata in vigore della previsione di legge, senza applicazione di sanzioni e interessi; il che potrebbe fondatamente aprire la strada per procedere al calcolo del costo della definizione, defalcando da esso anche quanto già eventualmente corrisposto a titolo di interessi relativi al credito restituito. Una diversa opzione ermeneutica rischierebbe, peraltro, di dare vita, a fronte dell'intervenuto perfezionamento della definizione tramite il pagamento del residuo calcolato al netto degli interessi corrisposti in pendenza di giudizio, ad assai probabili richieste restitutorie – da avanzarsi, ex art. 21, comma 2, ultimo periodo, del D.Lgs. 546/92, entro due anni da detto perfezionamento, che qualora espressamente o tacitamente denegate dalle competenti Agenzie fiscali, andrebbero ad ulteriormente incrementare il contenzioso tributario.

Definizione dei carichi affidati all'agente della riscossione

A differenza da quanto disposto dal solito

D.L. 119/2018

con riferimento tanto alla definizione dei carichi

affidati all'agente della riscossione
(

art. 3, comma 6

), quanto a quella delle controversie tributarie (

art. 6, comma 10

), l'art.

5 del D.L. 146/2021

, non prevede, nel caso di presentazione della richiesta di cui al comma 9, la sospensione dei processi relativi agli atti impositivi aventi ad oggetto crediti R&S suscettibili di sanatoria. Né la fattispecie rientra nell'ipotesi di sospensione di cui all'

art. 39, comma 1-bis, del D.Lgs. 546/92

.

Potrebbe, semmai, ricondursi a quella prevista dall'

art. 296 c.p.c.

, applicabile al processo tributario in forza del disposto di cui all'

art. 1, comma 2, del D. Lgs. 546/92

; quanto precede, tenendo, però, presente che tale tipologia di sospensione, c.d.“facoltativa”, non può, comunque, protrarsi per più di tre mesi.

Di conseguenza, ove l'udienza di trattazione sia stata già fissata in data anteriore alla scadenza del termine per il pagamento degli importi dovuti, da effettuarsi in unica soluzione ai sensi dell'

art. 5, comma 12, secondo periodo, del D.L. 146/2021

, il contribuente, previa produzione in giudizio, nei modi e nei terminidi legge, di copia della richiesta di sanatoria, potrà formulare motivata istanza di differimento della causa ad una data successiva al 16 dicembre 2022.

Qualora la data di trattazione venga invece, fissata successivamente al 16 dicembre 2022, il contribuente, sempre nel rispetto dei modi e dei termini di cui al combinato disposto degli

art. 24

e

32 del D.Lgs. 546/92

, dovrà produrre in giudizio la domanda di adesione alla sanatoria, unitamente alla documentazione attestante l'integrale riversamento degli importi indebitamente compensati.

Tutto quanto precede, onde consentire al Giudice di valutare l'intervenuto perfezionamento della misura premiale e gli effetti che esso sortisce sull'esito del giudizio, aparere di chi scrive da dichiararsi estinto per intervenuta definizione della pendenza tributaria, ai sensi dell'

art. 46 del D.Lgs. 546/92

.

Atti o provvedimenti oggetto di giudizio pendente in primo grado, ovvero confermati con sentenza non ancora definitiva

Qualora al momento dell'entrata in vigore della sanatoria risulti pendente in primo grado un giudizio tributario relativo ad atto di recupero o altro provvedimento di imposizione aventi ad oggetto carichi suscettibili di sanatoria, il contribuente potrà non di meno definire la pendenza, procedendo al riversamento del complessivo importo dei crediti contestati come indebitamente compensati, senza interessi e sanzioni. All'uopo, si renderà necessario presentare la domanda di adesione entro il 30 settembre 2022 ed entro il 16 dicembre 2022 effettuare il pagamento in unica soluzione dell'intera sorte capitale, senza la possibilità di avvalersi della compensazione prevista dall'art. 17 del D.Lgs. 241/97.

Per quanto concerne la possibilità di scomputare dal totale dovuto per la definizione quanto eventualmente versato in pendenza in giudizio, la mancanza di un'espressa previsione di legge che ne preveda la sospensione in caso di tempestiva presentazione della domanda di sanatoria, nonché gli effetti dell'intervenuto perfezionamento della misura premiale sull'esito della controversia avente ad oggetto i crediti sanati, ci si riporta alle considerazioni in precedenza svolte con riguardo agli atti o provvedimenti impugnabili al momento di entrata in vigore del D.L. 146/2021.

Con specifico riferimento agli atti o provvedimenti la cui legittimità risulti confermata con sentenza non definitiva, deve, anzitutto, ulteriormente evidenziarsi come l'art. 5 del D.L. 146/2021, anche in questo caso discostandosi dalla previsione di cui all'art. 6, comma 11, del D.L. 119/2018 in materia di definizione delle liti tributarie, non preveda alcuna sospensione dei termini di impugnazione in appello o in Cassazione.

Di conseguenza, il contribuente che intenda avvalersi della sanatoria, al fine di evitare di rimanerne escluso per sopravvenuta inoppugnabilità della decisione a lui sfavorevole, dovrà ricorrerla negli ordinari termini di legge (6 mesi dal deposito – termine lungo, ovvero 60 giorni dalla notificazione della sentenza – termine breve, ma comunque entro sei mesi dal suo deposito), documentando, in sede di gravame, l'intervenuta presentazione della domanda di adesione, nonché, ove già effettuata, la restituzione – in unica soluzione e senza compensazione, dei crediti oggetto di contestazione. Qualora il termine di impugnazione della sentenza dovesse spirare antecedentemente alla scadenza di quello previsto dalla legge per la presentazione della domanda di adesione – 30 settembre 2022 e, a fortiori, di quello previsto per il pagamento dell'unica rata – 16 dicembre 2022, il ricorso in appello o in Cassazione dovrà in ogni caso essere tempestivamente presentato, deducendo che i crediti oggetto dell'atto di recupero o di altro provvedimento impositivo la cui legittimità sia stata confermata ad esito del precedente grado di giudizio, rientrano nel perimetro applicativo della misura premiale disciplinata dall'art. 5 del D.L. 146/2021 e riservando la produzione in giudizio della documentazione prima menzionata (domanda di adesione e attestazione di integrale pagamento).

Tutto questo al fine di consentire al Giudice adito di valutare preventivamente la “sanabilità” del contesto, nonché, in caso di positiva prognosi, di prendere atto del perfezionamento della sanatoria con conseguente declaratoria di estinzione del giudizio per cessata materia del contendere a seguito di definizione della pendenza tributaria; con la doverosa precisazione che detta preventiva e imprescindibile valutazione di “sanabilità” è sempre demandata all'A.G. investita della controversia, quand'anche il giudizio penda ancora in primo grado.

Opportuno aggiungere cha ad esito della sentenza di primo grado che abbia confermato la legittimità dell'atto o provvedimento, l'A.F., seppur la decisione non sia ancora divenuta definitiva, ai sensi dell'art. 68 del D.Lgs. 546/92, può provvisoriamente riscuotere i 2/3 della pretesa, nonché i 2/3 della sanzione irrogata, ex art. 19 del D.Lgs. 472/97. A mente delle diposizioni prima richiamate, i residui importi dovuti a titolo di imposte (credito indebitamente compensato) e sanzioni, possono, invece, essere riscossi a seguito di sentenza d'appello, seppur non definitiva, che, confermando o riformando la decisione di primo grado, abbia reputato legittimo l'atto o il provvedimento impugnato dal contribuente. Con riferimento agli importi provvisoriamente versati in pendenza di giudizio a titolo di sanzioni, stante il silenzio sul punto dell'art. 5 del D.L. 146/2021, si pone lo stesso problema già affrontato in relazione agli interessi, ovvero quello della possibilità di scomputarli dal totale dovuto per il perfezionamento della definizione. Quand'anche si reputasse di poter dare risposta positiva al quesito, ove l'ammontare pagato in pendenza di giudizio dovesse superare quello dovuto ai sensi dell'art. 5 del D.L. 146/2021, ferma la possibilità di definire a zero, è, tuttavia, da escludersi, in mancanza di specifica disposizione di legge, la possibilità di ottenere la restituzione dell'eccedenza. Nello stesso senso depone la previsione contenuta nell'art. 6, comma 9, del D.L. 119/2018 con riguardo alla definizione delle liti tributarie, ovvero all'istituto deflattivo normativamente più prossimo, in relazione al quale il Legislatore, pur prevedendo lo scomputo dagli importi dovuti di quanto a qualsiasi titolo versato in pendenza di giudizio, ha, però, espressamente escluso la restituzione “… delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione.”.

La causa di non punibilità prevista dall'art. 5, comma 11, del D.L. 146/2021

L'art. 10 quater del D.Lgs. 74/2000 punisce con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque utilizzi in compensazione, ai sensi dell'art. 17 del D.Lgs. 241/97, crediti non spettanti per un importo annuo superiore a € 50.000,00 (1° comma); la pena detentiva è elevata sia nel minimo – un anno e sei mesi, sia nel massimo sei anni, qualora il credito utilizzato in compensazione per importo annuo superiore a € 50.000,00 sia inesistente (2° comma).

L'art. 13, comma 1, del D.Lgs. 74/2000 prevede, in relazione, tra gli altri, al reato di cui all'art. 10 quater, comma 1, dello stesso decreto, una causa di non punibilità che ricorre se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all'accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso.

In relazione al reato di cui all'art. 10 quater del D.Lgs. 74/2000, l'art. 5, comma 11, del D.L. 146/2021 ha introdotto una specifica causa di non punibilità, ancorata al perfezionamento della procedura di riversamento spontaneo dei crediti indebitamente compensati: “In esito al corretto perfezionamento della procedura di riversamento è esclusa la punibilità per il delitto di cui all'art. 10-quater del decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74.”.

I tratti distintivi di tale specifica causa di non punibilità, rispetto a quella disciplinata dall'art. 13, comma 1, del D.Lgs. 74/2000, paiono evidenti già sulla base del solo raffronto del tenore letterale delle due disposizioni.

In primo luogo, è venuto meno lo sbarramento della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, quale limite temporale inderogabile per effettuare il pagamento degli importi dovuti, salva la breve proroga semestrale di cui al 3° comma dell'art. 13 del D.Lgs. 74/2000 in caso di pagamento rateale, peraltro obbligatoria solo per i primi tre mesi. Ne discende che la corresponsione degli importi dovuti, necessaria per perfezionare la procedura e, quindi, integrare la causa di non punibilità, può intervenire anche successivamente.

Tuttavia, in mancanza di un'espressa previsione di legge che consenta al Giudice penale di rinviare la causa in attesa del pagamento – contestualmente disponendo la sospensione dei termini di prescrizione, ove ricorrano i presupposti per la dilazione prevista dall'art. 5, comma 10, del D.L. 146/2021 (versamento in tre rate annuali di pari importo, di cui la prima scadente il 16 dicembre 2022 e l'ultima il 16 dicembre 2024), può risultare assai problematico conciliarne i tempi con quelli di chiusura dell'istruttoria dibattimentale; il che potrebbe imporre di anticiparne le scadenze, addirittura procedendo al pagamento in unica soluzione.

Inoltre, l'art. 5, comma 11, del D.L. 146/2021, ha aggiunto, a quelli già previsti dall'art. 13 del D.Lgs. 74/2000 (conciliazione giudiziale, accertamento con adesione e ravvedimento operoso), un ulteriore istituto definitorio, ovvero la sanatoria dei crediti di imposta R&S, aderendo alla quale è possibile escludere la punibilità per il reato di cui all'art. 10 quater.

Ma il quid nova di maggiore interesse, si reputa risiedere nel fatto che, a differenza di quanto previsto dall'art. 13, comma 1, del D.Lgs. 74/2000, in seno al quale la causa di non punibilità è specificamente riferita al reato di cui all'art. 10 quater, comma 1, nell'art. 5, comma 11, del D.L. 146/2021, l'esclusione della punibilità è declinata in relazione al delitto di indebita compensazione tuot court, ovvero senza limitazione alcuna. Dal che potrebbe fondatamente inferirsi che il Legislatore abbia inteso prevederla anche con riferimento all'ipotesi delittuosa di cui all'art. 10 quater, comma 2, del D.Lgs. 74/2000, ovvero a quella di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per un importo annuo superiore a € 50.000,00=. Ciò che determina un palese corto circuito all'interno di una disposizione di legge per certi versi incompleta e per altri addirittura contraddittoria, senz'altro destinata a diventare oggetto di accesi confronti ermeneutici.

In conclusione

La scelta legislativa di non disciplinare, neppure approfittando della conversione in restyling del D.L. 146/2021 ad opera della Legge 17.12.2021, n. 215, gli effetti dell'adesione alla sanatoria sul contenzioso tributario, svilisce senz'altro l'appeal della misura premiale, rilevandosi, in primo luogo, che il contribuente intenzionato ad accedervi, onde evitare di rimanerne escluso per sopravvenuta definitività del contesto, dovrà comunque impugnare l'atto di recupero o altro provvedimento recante l'accertamento di crediti non spettanti indebitamente compensati – siccome la sentenza di primo o di secondo grado a lui sfavorevole, sia pur al solo fine di addurre in giudizio la sussistenza dei presupposti di legge per la definizione ed ivi documentarne l'intervenuto perfezionamento.

Dovrà, dunque, necessariamente sostenere spese e onorari di lite, che a seguito della declaratoria di estinzione del giudizio per cessata materia del contendere, rimarranno a suo carico ai sensi dell'art. 46, comma 3, del D.Lgs. 546/92.

Sotto l'aspetto sostanziale, il silenzio del Legislatore in ordine alla possibilità di scomputare dagli importi dovuti per la definizione, quelli a qualunque titolo già versati in pendenza di giudizio, non consente di escludere che la giurisprudenza, pronunciandosi sul punto, pervenga ad una soluzione negativa; ciò che rende concreto il rischio di particolare onerosità della definizione, quando ancor più si consideri che il relativo costo, nella fattispecie in esame, deve essere corrisposto in unica soluzione. Sarà, invece, assai interessante conoscere la posizione che i Giudici penali assumeranno in ordine alla paventata possibilità di applicare la causa di non punibilità prevista dall'art. 5, comma 11, del D.L. 146/2021 anche all'ipotesi di reato p.p. dall'art. 10-quater, comma 2, del D.Lgs. 74/2000, ovvero quella di indebita compensazione di crediti inesistenti per importi annui superiori ad € 50.000,00.

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