Il giudice del lavoro non può meccanicamente applicare la regola dell'onere della prova senza motivare circa le ragioni del mancato esercizio dei poteri istruttori al medesimo riconosciuti.

L’INPS non soggiace al termine biennale di decadenza per agire nei confronti del committente-coobbligato in solido con l’appaltatore per il pagamento dei contributi previdenziali dovuti con riferimento ai lavoratori impiegati nell’appalto.

Non è sufficiente escludere una fattispecie di mobbing per ritenere il datore non responsabile per i danni sofferti dal dipendente.

Nel pubblico impiego contrattualizzato il datore non può riconoscere un trattamento economico in violazione della disciplina contenuta nel contratto collettivo e deve ripetere le somme corrisposte al lavoratore.

Il lavoratore può domandare, con conseguente annesso onere probatorio, il danno alla professionalità conseguente al licenziamento illegittimo anche per il periodo che precede la sentenza che ha condannato il datore alla reintegra. 

L'ente previdenziale è legittimato ad agire per far valere la sussistenza di un rapporto di lavoro tra committente e lavoratore in caso di appalto irregolare e, conseguentemente, le correlate pretese contributive.

Non basta la verificazione dell’infortunio/malattia professionale per ritenere provata l’inadeguatezza delle misure cautelari adottate dal datore.

Il termine prescrizione del diritto al risarcimento del danno ex art. 2116 c.c. decorre al perfezionarsi dell'età pensionabile.

Il danno da mancata assunzione, per un errore nella valutazione dei titoli, non può essere pari ai compensi non percepiti.

Qualora il datore intenda ridurre l'orario di lavoro ai sensi dell'art. 8 d.l. n. 138/2011, l'accordo con la collettività dei lavoratori interessati non può ritenersi sufficiente.