Decreto del Presidente della Repubblica - 22/09/1988 - n. 448 art. 4 - Informativa al procuratore della Repubblica per i minorenni.Informativa al procuratore della Repubblica per i minorenni.
1. Al fine dell'eventuale esercizio del potere di iniziativa per i provvedimenti civili di competenza del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, l'autorità giudiziaria informa il procuratore della Repubblica presso il tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie nella cui circoscrizione il minorenne abitualmente dimora dell'inizio e dell'esito del procedimento penale promosso in altra circoscrizione territoriale1. [1] Comma sostituito dall'articolo 33, comma 1, lettera c) del Dlgs 10 ottobre 2022, n.149, per l’applicazione vedi l’articolo 49, comma 1 del D.Lgs. n. 149/2022, come modificato dall'articolo 12, comma 1, del D.L. 4 luglio 2024, n. 92, convertito con modificazioni dalla Legge 8 agosto 2024, n. 112. InquadramentoL'art. 4 d.P.R. n. 448/1988 sancisce l'obbligo per l'Autorità Giudiziaria penale – intesa sia come pubblico ministero sia come Giudice – di informare il Pubblico Ministero minorile, avente giurisdizione sul luogo in cui si trova la residenza abituale del minore, dell'inizio e dell'esito del procedimento penale promosso in luogo diverso, al fine di consentire l'eventuale esercizio del potere di iniziativa per l'assunzione di provvedimenti civili da parte del Giudice minorile in sede non penale. Pertanto, la norma invita la magistratura penale minorile – la cui competenza è individuata, territorialmente, secondo le norme generali fissate dal c.p.p. e, dunque, a prescindere dal luogo in cui il minore ha fissato la propria residenza abituale – ad informare il Pubblico Ministero del luogo di residenza abituale del minore in modo che il Giudice minorile civile – competente in base al criterio della residenza abituale – possa eventualmente adottare i provvedimenti civili necessari a tutelare e proteggere il minore. Da ciò deriva che se il locus commissi delicti ed il luogo di residenza abituale appartengono alla medesima circoscrizione territoriale, non troverà applicazione l'art. 4 d.P.R. n. 448/1988. La ratio della norma deve essere individuata nella necessità di garantire il tempestivo intervento dell'Autorità Giudiziaria civile a tutela del minore. L'opportunità di coordinamento tra le diverse autorità giudiziarie che si interfacciano con il minore – di cui è espressione anche l'art. 40, comma 2, d.P.R. n. 448/1988 ed il più recente art. 7 d.l. n. 123/2023 – scaturisce dall'idea che il coinvolgimento del minore in una condotta penalmente rilevante si collochi in un contesto di disagio di più ampio respiro e che renda necessaria la presa in carico complessiva del minore che, dunque, non potrà essere limitata esclusivamente all'intervento penale. Risulta necessario coordinare l'art. 4 d.P.R. n. 448/1988 con la possibilità riconosciuta al giudice dell'udienza preliminare (art. 32, comma 4, d.P.R. n. 448/1988) e del dibattimento (art. 33, comma 4, d.P.R. n. 448/1988) di adottare provvedimenti civili temporanei. In particolare, il provvedimento provvisorio emesso dal giudice penale – che perde efficacia trenta giorni dopo la sua emissione – cesserebbe produrre effetti anche prima dei trenta giorni nel caso in cui il Giudice civile intervenga in un momento antecedente (Spangher, 58). Inoltre, parte della dottrina ritiene che il giudice penale, successivamente all'inizio del procedimento civile, non potrà più adottare i provvedimenti civili di cui agli artt. 32, comma 4 e 33, comma 4, d.P.R. n. 448/1988 (Pazè, 52). Da ciò si potrebbe desumere l'esistenza di un «dovere inverso» in capo al Giudice minorile che, aperto il procedimento civile e adottati i provvedimenti del caso, dovrebbe darne comunicazione all'Autorità Giudiziaria penale segnalante. I soggetti tenuti all'informativaL'art. 4 d.P.R. n. 448/1988 nell'individuare i soggetti che sono tenuti ad informare il Pubblico Ministero dell'inizio e dell'esito del procedimento penale utilizza la locuzione «Autorità Giudiziaria» e, pertanto, i soggetti gravati dell'onere di cui all'art. 4 d.P.R. n. 448/1988 risultano essere il Pubblico Ministero minorile – tanto che l'informativa riguarda anche l'inizio del procedimento penale – ed il Giudice minorile – ovvero il giudice per le indagini preliminari, il giudice dell'udienza preliminare, il Tribunale per i Minorenni ed anche la sezione specializzata dalla Corte d'Appello ed anche la Suprema Corte di Cassazione –. I soggetti destinatari dell'informativaL'informativa viene indirizzata al Pubblico Ministero presso il Tribunale per i Minorenni avente giurisdizione sul luogo in cui si trova la residenza abituale del minore. La residenza abituale del minore deve essere intesa come il luogo in cui quest'ultimo vive la propria quotidianità, esprime la propria personalità ed intrattiene le proprie relazioni personali. Utilizzare una siffatta definizione di residenza abituale per determinare la competenza territoriale dell'Autorità Giudiziaria significa preservare il radicamento del minore nel suo ambiente di vita e il suo corretto sviluppo psico-fisico perseguendo, pertanto, il superiore interesse di quest'ultimo. La residenza abituale non coincide con una nozione formale – e, dunque, non vi è coincidenza né con il domicilio (artt. 43 e 45 c.c.) né con la residenza scelta dai coniugi (art. 144 c.c.) – ma deve essere considerata dall'angolazione prospettica del minore: solo ponendo al centro il minore è possibile perseguire il suo migliore interesse, facendo in modo che la residenza abituale venga a coincidere con il luogo in cui il bambino vive la propria quotidianità e svolge, in maniera concreta e continuativa, la sua vita personale. Dunque, occorre intendere la residenza abituale come il baricentro della vita del minore che dovrà essere valutato, non attraverso un calcolo puramente aritmetico del vissuto, ma a partire dal punto di vista del minore stesso. La nozione di residenza abituale deve essere intesa in senso funzionale e deve essere interpretata alla luce del superiore interesse del minore e del criterio di prossimità. Pertanto, il minore ha la sua residenza abituale nel luogo che, ad esito di un'attenta attività istruttoria, risulta essere la località che denota una certa integrazione del minore in un ambiente familiare e sociale. Perciò, l'attenzione dell'interprete deve essere focalizzata sul bambino, sulle sue esigenze e sulla necessità di garantire il suo corretto sviluppo psico-fisico. La Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha evidenziato che la nozione di «residenza abituale deve essere interpretata nel senso che tale residenza corrisponde al luogo che denota una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare: a tal fine, si deve in particolare tenere conto della durata, della regolarità, delle condizioni e delle ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco della famiglia in tale Stato, della cittadinanza del minore, del luogo e delle condizioni della frequenza scolastica, delle conoscenze linguistiche nonché delle relazioni familiari e sociali del minore nel detto Stato. Spetta al giudice nazionale stabilire la residenza abituale del minore, considerando le peculiari circostanze di fatto che caratterizzano ogni fattispecie concreta» (CGUE 2 aprile 2009, n. 523). Il contenuto dell'informativaL'informativa deve riguardare l'inizio e l'esito del procedimento penale celebrato a carico di un minorenne. In realtà, la formulazione letterale della norma potrebbe indurre anche a ritenere che l'informativa possa riguardare anche la persona offesa minorenne – ovviamente sempre nell'ambito di un processo penale in cui il presunto autore del reato sia un minore –. L'utilizzo del termine «inizio» del procedimento suggerisce la necessità di predisporre l'informativa ex art. 4 d.P.R. n. 448/1988 sin dal momento dell'iscrizione della notitia criminis nel registro di cui all'art. 335 c.p.p. (Vigoni, 1964 e Spangher, 58). Tuttavia, occorre segnalare che una diversa ipotesi interpretativa sostiene – in maniera meno convincente – che l'informativa sia dovuta solo a seguito dell'esercizio dell'azione penale (Pazè, 52). Il riferimento all'esito del procedimento deve essere inteso in senso ampio. Pertanto, l'informativa di cui all'art. 4 d.P.R. n. 448/1988 dovrà avere come oggetto sia il provvedimento conclusivo del procedimento sia il provvedimento che conclude ogni fase ed ogni grado del giudizio. Si evidenzia come la ratio dell'informativa dovrebbe indurre a comunicare anche ogni ulteriore elemento del processo penale che possa essere utile ai fini delle eventuali iniziative del Pubblico Ministero ai fini dell'adozione dei provvedimenti civili. Pertanto, oggetto dell'informativa dovranno essere anche gli accertamenti relativi alla personalità del minore, ogni provvedimento urgente adottato e le notizie acquisite relative al minore ed alla sua condizione sociale, ambientale e familiare (Spangher, 58, Pazè, 52, Cutrona, 60 e Vigoni, 1964). «Così procedendo, oltre a sottrare il minore dallo stress di doppie indagini – specialmente quelle di carattere sociologico sulle condizioni di vita personale, familiare, ambientale, sociale, che potrebbero essere svolte da servizi diversi [...] –, si eviterebbe, altresì, il pericolo di sovrapposizioni fra provvedimenti civili «inconciliabili» a protezione del minore». Si pensi all'ipotesi in cui «in sede penale si rendesse necessaria la sospensione del processo per messa alla prova oppure l'adozione di una misura cautelare, mentre nel procedimento civile il giudice della dimora abituale del minore ritenesse necessaria una misura di protezione contrastante con il provvedimento adottato in sede penale» (Turco, 64-65). I provvedimenti amministrativiL'art. 4 d.P.R. n. 448/1988 chiarisce che l'informativa è dovuta al fine di consentire al Pubblico Ministero minorile ricevente di valutare l'esercizio dei poteri di iniziativa per i provvedimenti civili. La littera legis esclude il riferimento ai provvedimenti amministrativi(artt. 25 ss. r.d.l. n. 1404/1934). Tuttavia, non risulta giustificato dedurre da tale esclusione l'implicita abrogazione degli artt. artt. 25 ss. r.d.l. n. 1404/1934. Infatti, i procedimenti amministrativi mantengono la loro funzione ed operatività, a prescindere dal richiamo operato dall'art. 4 d.P.R. n. 448/1988, in quanto conservano una loro autonomia – sia sostanziale sia processuale –: nulla impedisce che il Pubblico Ministero azioni un procedimento exartt. 25 ss. r.d.l. n. 1404/1934 dopo aver ricevuto l'informativa di cui all'art. 4 d.P.R. n. 448/1988 che, pur essendo finalizzata letteralmente all'adozione di un provvedimento civile, non vincola in alcun modo il potere di iniziativa del Pubblico Ministero minorile. Le misure amministrative possono essere definite come i «provvedimenti preventivi [applicabili] non appena si manifestino comportamenti anomali, prodromici o sintomatici di una possibile evoluzione del soggetto verso schemi di vita delinquenziali» (La Greca, 762) e capaci «di sottrarre alla sanzione penale minori già autori di reati, assoggettandoli a misure meno «stigmatizzanti» e comunque dirette, invece che a punire, a completare o a correggere processi educativi carenti o negativamente orientati» (La Greca, 762). Da siffatta definizione emerge una considerazione dell'art. 25 r.d.l. n. 1404/1934 come istituto servente al diritto processuale penale, essendo le misure amministrative dirette ad eliminare, attraverso una combinazione tra rieducazione e prescrizione, le forme di antisocialità che non si sono ancora evolute nella commissione di un reato. Pertanto, la più attenta dottrina interpreta – ed applica – le misure amministrative in chiave preventiva, considerandole delle misure di prevenzione applicabili ai minorenni, esclusi dall'ambito soggettivo di applicazione del sistema preventivo delineato dal sistema processuale ordinario. Le misure amministrative tra abrogazione implicita e perdurante vigenza Occorre dare conto dell'esistenza di un dibattito relativo alla vigenza degli artt. 25 ss. r.d.l. n. 1404/1934 Una parte della dottrina ritiene che l'art. 25 r.d.l. n. 1404/1934 debba essere considerato implicitamente abrogato posto che le situazioni di disagio di cui si occupano le misure amministrative possono essere trattate più efficacemente attraverso i provvedimenti civili (Palomba, 21, Vercellone, 59 e Vacccaro, 81). Tale linea interpretativa si fonda, non solo sulla scarsa applicazione di tali istituti, ma anche sull'art. 4 d.P.R. n. 448/1988. Infatti, tale norma – imponendo all'Autorità Giudiziaria penale di informare il Giudice minorile dell'esistenza e dell'esito del procedimento penale al fine di eventuali iniziative utili per l'adozione di provvedimenti civili – porrebbe in luce la possibilità di affrontare il disagio minorile solo attraverso il procedimento penale ed i provvedimenti civili, escludendo dalle alternative praticabili le misure amministrative. Invece, secondo un differente – e preferibile – orientamento esegetico le misure amministrative – pur bisognose di una riforma della disciplina – devono considerarsi pienamente vigenti nella misura in cui la tesi dell'abrogazione presunta o per desuetudine dell'art. 25 r.d.l. n. 1404/1934 non appare fondata a fronte dell'analisi del dato normativo. Inoltre, si deve evidenziare che il Legislatore ha dato dimostrazione della vitalità dell'istituto in esame, in primo luogo, attraverso l'introduzione – ad opera della l. n. 269/1998 – dell'art. 25-bisr.d.l. n. 1404/1934 (Turri, 148-149, Moro, 452 ss., Palermo Fabris, 42 ss., Cutrona, 63-64, Molinari-Papadia, 30, Ricciotti, 161 ss., Buccoliero, 313 ss.). In secondo luogo, si devono considerare le modifiche operate dal d.lgs. n. 149/2022 (c.d. Riforma Cartabia): l'art. 3, comma 33 – che, introducendo l'art. 473-ter c.p.c. ha previsto che il procedimento exartt. 25 ss. r.d.l. n. 1404/1934 viene pronunciato all'esito di un procedimento in camera di consiglio ed il decreto applicativo della misura amministrativa è immediatamente esecutivo – e l'art. 31, comma 1, lett. f) – che ha provveduto a modificare l'art. 25 n. r.d.l. n. 1404/1934 sostituendo al termine Tribunale per i Minorenni la locuzione Tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie –. A sostegno di tale tesi interpretativa si evidenza anche che l'art. 4 d.P.R. n. 448/1988 richiamerebbe i provvedimenti di natura non penali finalizzati alla tutela, protezione e sostegno al minore, consentendo di ricomprendere anche le misure amministrative tra gli strumenti a disposizione dell'Autorità Giudiziaria minorile. Da ultimo si noti che solamente proclamando la perdurante vigenza delle misure amministrative è possibile evitare la creazione di un vuoto normativo di tutela in cui rientrerebbero sia i minorenni che non risultano penalmente perseguibili o socialmente pericolosi sia gli infradiciottenni che abbiano manifestano «irregolarità comportamentale [...] che non abbia un percettibile e diretto riscontro nella condotta dei genitori e l'età sia tale da richiedere, per converso, un intervento responsabilizzante direttamente nei suoi confronti» (Palermo Fabbris, 41) e, quindi soggetti nei cui confronti risulta preclusa l'adozione di un provvedimento di natura civilistica. 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Commento al D.P.R. 448/1988, a cura di Giostra, Milano, 2021, 61 ss.; Turri, Il processo penale per i minorenni tra assistenza e sanzione, in Min. giust., 2001, ff. 3-4, 144 ss.; Vaccaro, Il civile rafforzato, in Min. giust, 2008, f. 1, 81 ss.; Vercellone, Interventi giuridici per l'adolescenza, in Aa.Vv., Adolescenza a rischio, Milano, 1986, 59 ss.; Vigoni, Sub art. 4 d.P.R. 448/1988, in Aa.Vv., Codice di procedura penale commentato, a cura di Giarda e Spangher, tomo IV, Milano, 2023, 1962 ss.; Virgilio, Condizioni e presupposti della ‘irregolarità della condotta e del carattere', in Aa.Vv., Le misure di prevenzione. Atti del Convegno, Milano, 1975, 399 ss. |