Legge - 31/05/1995 - n. 218 art. 30 bis - Contratti di convivenza 1Contratti di convivenza 1
1. Ai contratti di convivenza si applica la legge nazionale comune dei contraenti. Ai contraenti di diversa cittadinanza si applica la legge del luogo in cui la convivenza e' prevalentemente localizzata. 2. Sono fatte salve le norme nazionali, europee ed internazionali che regolano il caso di cittadinanza plurima. [1] Articolo inserito dall'articolo 1, comma 64, della Legge 20 maggio 2016 n. 76. InquadramentoAl fine di disciplinare il conflitto di norme applicabili ad una convivenza tra soggetti aventi nazionalità diversa, la l. n. 76/2016, in particolare il comma 64 dell'art. 1, ha previsto, mediante l'inserimento dell'art. 30-bis nella l. n. 218/1995, che si debba applicare, salve le norme nazionali, europee ed internazionali che regolano il caso di cittadinanza plurima, la legge del luogo in cui la convivenza è prevalentemente localizzata. In via generale, ai contratti di convivenza si applica la legge nazionale comune dei contraenti. La verifica della cittadinanza è condotta alla stregua delle norme nazionali sullo status civitatis. I criteri di collegamento dell'art. 30-bis vanno riferiti al momento della conclusione del contratto, rivelandosi incongruo il disconoscimento degli effetti di una convivenza regolarmente formatasi secondo le leggi da tale norma richiamate, a causa del succesivo mutamento delle condizioni soggettive od oggettive della fattispecie. L'art. 30 bis tace sui requisiti di forma che deve rivestire il contratto di convivenza. Ovviamente il contratto sarà valido ove soddisfi le prescrizioni della lex substantiae; mentre la dottrina discute sul fatto se, in alternativa a tale legge, possa farsi riferimento alla lex loci actus, normalmente considerata per la disciplina di questo aspetto della fattispecie. Come si è detto, la previsione di cui all'art. 30-bis, prima parte, primo periodo, restringe all'esistenza di una sola cittadinanza comune. Se i contraenti hanno una cittadinanza diversa si applica la legge del luogo in cui la convivenza è prevalentemente localizzata. Un indirizzo della dottrina ha ritenuto l'articolo, l'unico dedicato a tale nuovo istituto, sintetico e scarno in quanto «le questioni relative all'esistenza e alla cessazione della convivenza, ai rapporti personali tra conviventi, alle obbligazioni alimentari restano prive di un'autonoma disciplina di conflitto». Il legislatore, per evitare situazioni di conflitto, ha ritenuto comunque fatte salve le norme nazionali, internazionali ed europee che regolano il caso di cittadinanza plurima. Se uno dei conviventi ha due cittadinanze, una delle quali sia comune a quella dell'altro, per l'ordinamento italiano va applicata la regola, introdotta dalla giurisprudenza, secondo la quale prevale la cittadinanza straniera, se comune, anche se la seconda cittadinanza sia quella italiana. La norma completa il quadro di disciplina dedicato ai contratti di convivenza e indica i criteri di conflitto nelle fattispecie con elementi di estraneità, mirando a colmare vuoti che erano stati segnalati dalla dottrina più attenta. La disciplina di cui sopra, per il suo carattere sistematico ed omnicomprensivo, si estende a tutti i contratti di convivenza, purché regolamentati, anche quelli che non entrano nella disciplina del comma 36. Le posizioni astrattamente possibili, sulla base degli orientamenti dottrinali, erano sostanzialmente tre: a) applicare le norme in materia di stato e capacità delle persone; b) richiamare le norme in materia di obbligazioni contrattuali; c) fare riferimento alle norme in materia di rapporti di famiglia. Il richiamo alle norme in materia di obbligazioni contrattuali significava ispirarsi ai criteri di cui al Regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008 (Roma I) che rinvia, in primis, alla legge scelta dalle parti. Il Reg. Roma I però esclude espressamente dal proprio ambito: «le obbligazioni derivanti dai rapporti di famiglia o dai rapporti che secondo la legge applicabile a tali rapporti hanno effetti comparabili... Le obbligazioni derivanti da regimi patrimoniali tra coniugi, da regimi patrimoniali relativi a rapporti che secondo la legge applicabile a questi ultimi hanno effetti comparabili con il matrimonio». La soluzione preferita dal Legislatore, consistente nell'inserire la disciplina internazionalprivatistica dei contratti di convivenza nel Capo IV - Rapporti di famiglia della l. n. 218 del 1995, sembra la più appropriata. La mancata normativa, secondo quanto statuito dall'art. 57 l. n. 218/1995, avrebbe determinato il rinvio alle norme in materia di obbligazioni contrattuali regolate dalla Convenzione di Roma del 19 giugno 1980, resa esecutiva con la L. 18 dicembre 1984, n. 975. L'art. 3 della Convenzione prevede, infatti, che le parti sono libere di scegliere la legge applicabile al loro rapporto. Sullo sfondo si collocano i regolamenti (UE) 2016/1103 e 2016/1104 del Consiglio, entrambi del 24 giugno 2016, dedicati alla competenza, alla legge applicabile, il riconoscimento e l'esecuzioni delle decisioni, degli atti pubblici e delle transazioni giudiziarie in materia di regimi patrimoniali tra coniugi e, rispettivamente, in materia di effetti patrimoniali delle unioni registrate. Detti regolamenti sono obbligatori soltanto per gli Stati membri che hanno partecipato alla procedura di cooperazione rafforzata attraverso la quale sono stati emanati, anche se, in virtù del rispettivo art. 20, le norme sulla legge applicabile da essi previste possono condurre alla designazione della legge di uno Stato membro non vincolato dai regolamenti stessi o di quella di uno Stato terzo. Ai sensi dell'art. 69, par. 3, di entrambi gli strumenti, le norme di conflitto da essi previste si applicano ai matrimoni contratti e alle unioni registrate dopo il 29 gennaio 2019. In definitiva, l'art. 30 bis si presenta scarno poiché ‘le questioni relative all'esistenza e alla cessazione della convivenza, ai rapporti personali tra conviventi, alle obbligazioni alimentari restano prive di un'autonoma disciplina di conflitto. Questi aspetti sono disciplinati solo dai regolamenti dell'Unione Europea (BIAGIONI, Unioni same sex e diritto internazionale privato: il nuovo quadro normativo dopo il d.lgs. n. 7/2017, in Rivista di Diritto Internazionale, Fasc. 2/2017, p.501). Il criterio più convincente per la scelta della legge da applicare ai contraenti di diversa cittadinanza consiste in una valutazione di fatto e comparativa nel senso che bisogna tener conto di elementi concreti come la residenza anagrafica, il luogo di riferimento per l'assistenza medica, per la frequentazione delle scuole, l'indirizzo dato per ricevere la corrispondenza e così via (Mecenate, Successioni, forma e pubblicità, diritto internazionale privato, in La nuova regolamentazione delle unioni civili e delle convivenze, Torino, 2016). Nell'ipotesi in cui il contratto sia stato stipulato all'estero e successivamente se ne chiede l'iscrizione nell'Anagrafe, la legge stabilisce un controllo preventivo. Secondo la previsione del comma 2 dell'art. 30-bis, che fa salve le norme nazionali, internazionali ed europee che regolano il caso di cittadinanza plurima, trova applicazione anche il Regolamento (UE) 2016/1104 del Consiglio, del 24 giugno 2016, che attua la cooperazione rafforzata nel settore della competenza, della legge applicabile, del riconoscimento e dell'esecuzione delle decisioni in materia di effetti patrimoniali delle unioni registrate. Il regolamento qualifica quali effetti patrimoniali di un'unione registrata: l'insieme delle norme che regolano i rapporti patrimoniali dei partner tra loro e verso terzi, in conseguenza del rapporto giuridico creato dalla registrazione dell'unione o del suo scioglimento (art. 3, par. 1, lett. b). Pertanto, un indirizzo della dottrina si è posto l'interrogativo se, per quel che riguarda i rapporti personali e patrimoniali dei conviventi di fatto di cui alla l. n. 76/2016, non si imponga una diversa ricostruzione, che tenga conto solo dei rapporti con i terzi. L'indirizzo prevalente ritiene che sia consentita l'applicazione del Regolamento in generale alle convivenze disciplinate dalla l. n. 76/2016. L'art. 22 (Scelta della legge applicabile), di tale Regolamento dispone che le parti possono, di comune accordo, designare o modificare la legge applicabile agli effetti patrimoniali della loro unione registrata, a condizione che tale legge attribuisca effetti patrimoniali all'istituto dell'unione registrata. Inoltre, è richiesto che la legge applicabile sia: a) o la legge dello Stato della residenza abituale dei partners, o di uno di essi, al momento della conclusione della convenzione; b) oppure la legge di uno Stato di cui uno dei partner o futuri partner ha la cittadinanza al momento della conclusione della convenzione; c) o ancora la legge dello Stato ai sensi della cui legge l'unione registrata è stata costituita. Salvo diverso accordo delle parti, il cambiamento della legge applicabile agli effetti patrimoniali della loro unione registrata deciso nel corso dell'unione ha effetti solo per il futuro. E qualunque cambiamento retroattivo della legge applicabile, non pregiudica i diritti dei terzi derivanti da tale legge. La legge applicabile agli effetti patrimoniali delle unioni registrate, ai sensi dell'art. 27 del presente regolamento, determina tra l'altro: 1) la classificazione dei beni di uno o entrambi i partener in varie categorie durante e dopo l'unione registrata; 2) il passaggio dei beni da una categoria all'altra; 3) la responsabilità di un partner per le passività e i debiti dell'altro partner; 4) i poteri, i diritti e gli obblighi di uno dei partner o di entrambi i partner con riguardo ai beni; 5) la divisione, distribuzione o liquidazione dei beni all'atto dello scioglimento dell'unione registrata; 6) le conseguenze degli effetti patrimoniali delle unioni registrate sui rapporti giuridici tra un coniuge e i terzi; 7) la validità formale della convenzione tra i partners. L'applicazione di una disposizione della legge di uno Stato specificata dal presente regolamento, pertanto, può essere esclusa solo qualora tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con l'ordine pubblico del foro (art. 31 Regolamento n. 2016/1104). Stipulato il contratto di convivenza tra persone di nazionalità diversa con l'applicazione di una determinata legge in base al criterio della prevalente localizzazione, il successivo spostamento della residenza sarà ininfluente. Possiamo concludere che nella misura in cui si prevede un atto formale per la costituzione del rapporto di convivenza, si potrebbe ritenere compatibile con il Regolamento una sua applicazione estensiva alla convivenza come disciplinata dalla legge Cirinnà. La disciplina del nuovo art. 30-bis è rivolta solo ai contratti di convivenza, quindi la disposizione non è suscettibile di interpretazione estensiva, con la conseguenza che non è applicabile al complesso dei rapporti personali e patrimoniali della convivenza di fatto, non oggetto di accordi specifici tra i partners. 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