Danno da perdita della chance di avere fratelli: è necessario provarlo per essere risarciti

10 Giugno 2025

La Suprema Corte si pronuncia su un caso di malpractice medica scaturita a seguito delle complicanze di un parto che avevano costretto una paziente a subire un'isterectomia totale, con conseguente impossibilità di avere ulteriori figli.

Massima

Il danno da perdita di un'apprezzabile chance di avere fratelli o sorelle è risarcibile, purché vi sia l'allegazione e la prova, anche in via presuntiva, non solo del progetto di famiglia più numerosa, ma anche del connesso tipo di pregiudizio di cui si chiede il ristoro, rispetto allo specifico soggetto familiare che lo domanda. (Nella fattispecie, in una controversia nella quale i genitori avevano domandato il risarcimento dei danni subiti dalla figlia per la perdita della possibilità di avere uno o più fratelli, in conseguenza di un intervento di isterectomia cui si era sottoposta la madre, la S.C. ha confermato la sentenza della corte di appello che aveva rigettato la domanda risarcitoria, in quanto gli attori non avevano allegato un progetto di vita che contemplasse il concepimento di più figli né avevano dimostrato il pregiudizio che la minore avrebbe sofferto per l'assenza del legame con un futuro fratello o sorella).

Il caso

Due coniugi hanno proposto domanda di risarcimento del danno avanzata per sé stessi e per la figlia, conseguente a un'infezione manifestatasi dopo il parto, a seguito della quale la madre aveva dovuto sottoporsi a un successivo intervento di isterectomia che l'aveva resa sterile.

Sia il Tribunale che la Corte d'Appello hanno accolto solo parzialmente la domanda, in quanto non poteva essere riconosciuto, in favore della figlia, il risarcimento del danno per la perdita della possibilità di avere uno o più fratelli e, quindi, di instaurare il relativo vincolo affettivo.

Gli attori hanno proposto ricorso in cassazione, lamentando la violazione degli artt. 2043, 2059, 1226, 2727 c.c. e artt. 2, 3, 29, 30, 31 Cost., in quanto la Corte d'Appello avrebbe errato nel non considerare che la sopravvenuta incapacità di procreare aveva comportato “la perdita del futuro rapporto con un fratello o una sorella, sicuro quanto ineguagliabile sostegno personale”.

I giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso sul rilievo che se è indubbio che la perdita della capacità di procreare del genitore cagiona al figlio del danneggiato principale la lesione dell'interesse, costituzionalmente protetto dall'art. 29 Cost., a stabilire un legame affettivo con uno o più fratelli e, quindi, un danno non patrimoniale risarcibile, tuttavia è necessario che “vi siano elementi, anche presuntivi, sufficienti a far ritenere che tale legame sarebbe stato acquisito e che la sua mancanza abbia determinato un concreto pregiudizio”.

Nel caso di specie, i ricorrenti non hanno effettuato le specifiche allegazioni richieste, che avrebbero potuto implicare “valutazioni fattuali e presuntive, in chiave probabilistica, e che avrebbero dovuto costituire il precisato perimetro della discussione davanti al giudice di appello”.

La questione

La questione in esame è la seguente: il danno da perdita della chance di avere fratelli è risarcibile?

La soluzione giuridica

L'aspetto centrale della pronuncia è costituito, in particolare, dal riconoscimento del diritto a risarcire la figlia neonata per il danno non patrimoniale conseguente alla impossibilità di stabilire un legame affettivo con uno o più futuri fratelli, a causa della sopravvenuta impossibilità di procreare della madre.

La Cassazione torna a pronunciarsi sul diritto del figlio al risarcimento del danno di natura non patrimoniale dovuto alla perdita della futura capacità di procreare della madre (per un recente precedente v. Cass., n. 17554/2020).

Ciò premesso, la Suprema Corte ritiene infondato il motivo di ricorso riguardante il riconoscimento del danno riflesso subito dalla figlia della paziente danneggiata e legato alla impossibilità, per la stessa, di avere in futuro fratelli o sorelle.

In altri termini, viene riconosciuta la sussistenza di un danno connesso alla perdita di capacità di procreare della madre, ritenendo che l'impossibilità di accrescere la propria famiglia con nuovi fratelli o sorelle possa rientrare nelle aspettative di una neonata, tuttavia è necessario – sotto il profilo probatorio – allegare un progetto di vita che contemplasse il concepimento di più figli oltre alla dimostrazione del pregiudizio che la minore avrebbe sofferto per l'assenza del legame con un futuro fratello o sorella.

Ad avviso della Corte di cassazione è quindi necessario accertare in fatto che i genitori dell'attrice avevano il comune progetto di vita di creare una famiglia più numerosa e che la realizzazione di tale progetto di vita fosse stato impedito dalla condotta illecita del personale sanitario, perché possa necessariamente conseguire, sul piano logico, che anche la figlia minore abbia perduto la possibilità di avere uno o più fratelli, e, pertanto, di godere del legame affettivo con gli stessi.

Il predetto legame affettivo – spiega la Corte - costituisce certamente un valore tutelato dall'ordinamento ai sensi dell'art. 29 Cost.: e, così come non si dubita che vada riconosciuto il risarcimento del danno provocato dalla sua perdita in caso di morte di un fratello già nato, dovrà altrettanto essere riconosciuto anche nel caso in cui si tratti di un legame, nella sostanza, meramente “potenziale” (come nel caso in cui la vittima o il superstite fossero in età neonatale), purché sia adempiuto il relativo onere probatorio.

Osservazioni

L'art. 29 della Costituzione riconosce come valore fondante della società meritevole di tutela il c.d. “legame affettivo”, sussumendolo a valore costituzionalmente riconosciuto. Ebbene, la Suprema Corte, proprio in considerazione della rilevanza dei legami affettivi che caratterizzano l'ambito familiare, parla di “danno riflesso” per indicare quei pregiudizi occorsi ad un soggetto diverso (c.d. vittima secondaria) dalla persona che concretamente ha subito le conseguenze dannose della condotta illecita altrui (c.d. vittima primaria); con ciò, riconoscendo il diritto al risarcimento – oltre che alla vittima della malpractice - ad altri membri della famiglia, come risvolto indiretto ed eventuale della vicenda.

La c.d. vittima secondaria, o di rimbalzo, deve tuttavia trovarsi in un particolare rapporto con la vittima dell'illecito (familiare, convivente) tale da subirne le conseguenze in termini di compromissione dei propri diritti, sostanziandosi in un peggioramento della qualità della vita, in una sofferenza morale o in un vulnus all'integrità psico-fisica.

In tal caso, le vittime secondarie acquisiscono il diritto al risarcimento del relativo pregiudizio iure proprio.

Da tale premessa, consegue il riconoscimento di un diritto risarcitorio c.d. riflesso nei confronti della bambina, nel caso in cui sia del tutto preclusa – a causa dell'errore medico di cui sia stata vittima la madre - la possibilità di formare una famiglia più numerosa.

Tuttavia, si tratta sempre "un danno-conseguenza", sicché esso non coincide con la lesione dell'interesse (non è in re ipsa) e come tale deve essere allegato e provato da chi chiede il relativo risarcimento (Cass., n. 12124/2003).

Un pregiudizio non patrimoniale risarcibile, oltre ai casi di danno derivante da reato, è ravvisabile ogni qual volta il fatto illecito abbia leso in modo grave diritti inviolabili della persona non aventi natura economica, costituenti oggetto di tutela costituzionale.

Come noto, il danno non patrimoniale che deriva dalla lesione di diritti inviolabili della persona può essere risarcito soltanto se ricorrono i seguenti presupposti:

a) se l'interesse che è stato leso abbia una rilevanza costituzionale;

b) se la lesione sia grave, in quanto la stessa supera quella soglia minima di tollerabilità che il soggetto deve sopportare in ragione dei doveri di solidarietà che sono imposti a tutti consociati;

c) il danno non deve essere futile, e, quindi, non si sostanzi semplicemente in un disagio;

d) e vi sia una specifica allegazione sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio, non potendo mai ritenersi il danno in re ipsa (Cass., SS.UU., n. 26972/2008Cass., n. 11754/2018Cass., n. 29206/2019).

In conclusione, in caso di risarcimento del danno da perdita della chance di avere fratelli, deve essere la parte interessata a fornire la prova di tale danno con ricorso alla prova presuntiva, e in riferimento a quanto ragionevolmente riferibile alla realtà dei rapporti di convivenza e alla gravità delle ricadute della condotta, sicché spetterà al giudice il compito di procedere alla verifica, sulla base delle evidenze probatorie complessivamente acquisite, dell'eventuale sussistenza del danno descritto.

In tale quadro emergerà, con intuitiva evidenza, il significato e il valore dimostrativo dei meccanismi presuntivi, al fine di apprezzare la gravità o l'entità effettiva del danno, che si qualificheranno (ove rigorosamente dimostrati) per la loro consistente e apprezzabile dimensione affettiva e/o esistenziale.

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